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LIBERTÀ RELIGIOSA

Angola, si soffre per Cristo

Vecchie pratiche tribali e nuove miserie minacciano ogni giorno
la vita della comunità cristiana
nel cuore del Continente Nero.

Cultura 10_12_2011
Cristiani in Angola
Lo scorso 29 ottobre, papa Benedetto XVI, durante la visita ad limina dei vescovi angolani, ha rivolto un appello a combattere in Angola e nel resto del continente gli “assassinii rituali di bimbi e di anziani” per stregoneria.

“Ricordando che la vita umana è sacra in tutte le sue fasi e situazioni, continuate - ha detto il Papa - ad alzare la voce in favore delle sue vittime”. Benedetto XVI ha poi sollecitato “uno sforzo congiunto delle comunità ecclesiali provate da questa calamità, cercando di determinare il significato profondo di tali pratiche, di identificare i rischi pastorali e sociali da esse veicolati e di giungere a un metodo che conduca al loro definitivo sradicamento, con la collaborazione dei governi e della società civile”. Il Papa ha parlato di "tre scogli dove naufraga la volontà di molti abitanti dell'Angola e di São Tomé che hanno aderito a Cristo". Oltre alla stregoneria, c'è "il cosiddetto 'amigamento' (concubinato), che contraddice il piano di Dio per la procreazione e la famiglia umana". Il Pontefice ha denunciato il "ridotto numero di matrimoni cattolici" nelle regioni africane come "un'ipoteca che grava sulla famiglia, della quale conosciamo il valore insostituibile per la stabilità dell'edificio sociale". L'invito rivolto ai vescovi è di aiutare "le coppie sposate ad acquisire la maturità umana e spirituale necessaria per assumere in modo responsabile la loro missione di coniugi e di genitori cristiani".

Un altro scoglio sta nei "residui del tribalismo etnico percepibili - ha detto Benedetto XVI - negli atteggiamenti di comunità che tendono a chiudersi, non accettando persone originarie di altre parti della nazione. Esprimo il mio apprezzamento per quelli di voi che hanno accettato una missione pastorale fuori dai confini del proprio gruppo regionale e linguistico, e ringrazio i sacerdoti e le persone che vi hanno accolto e aiutato. Nella Chiesa, come nuova famiglia di tutti coloro che credono in Cristo, non c'è posto per nessun tipo di divisione".

In alcune zone dell’Angola, specie nel settentrione - nell’enclave angolana di Cabinda e al confine con il Congo e la Repubblica democratica del Congo - sono ancora vigenti, soprattutto tra la popolazione rurale, pratiche religiose tradizionali, che talvolta contemplano sacrifici rituali, abusi su minori, pratiche “magiche”.

Secondo fonti della Nazioni Unite, nel Paese, come in altre zone dell’Africa occidentale, è ancora diffuso il costume di “considerare” streghe donne anziane e soprattutto bambini, “colpevoli” di essere non conformi agli standard abituali. Chi è accusato di stregoneria viene cacciato da casa e deve allontanarsi dalla zona. L’Unicef denuncia che il fenomeno colpisce ogni anno migliaia di bambini, in Angola e in altri Stati della regione.

In un’intervista resa all’Agenzia Fides lo scorso 18 ottobre, Mons. Antonio Francisco Jaca, vescovo di Caxito, ha detto che “tra le nostre sfide pastorali ci sono le povertà materiali e spirituali della popolazione. Per quanto riguarda la prima, il territorio della diocesi è in gran parte rurale, e la popolazione vive di un’agricoltura di sussistenza. Per quanto riguarda la seconda, la sfida è rappresentata dalla stregoneria e dalla diffusione delle sette. La stregoneria è un fenomeno culturale che riguarda tutto il Paese. Le sette invece si stanno diffondendo rapidamente approfittando della forte mobilità della popolazione angolana, che dalla fine della guerra civile, nel 2002, si sta in buona parte inurbando. Nei nuovi quartieri mancano ancora le parrocchie e le sette si fanno avanti lanciando le loro proposte spirituali. La nostra priorità è dunque quella della formazione dei catechisti, che sono la spina dorsale della nostra pastorale. La formazione dei nuovi sacerdoti è parimenti importante perché abbiamo un buon numero di vocazioni, ma i futuri sacerdoti vanno formati con cura”.

A parere del vescovo di Caxito, in Angola vi sono circa 800 sette, la maggior parte delle quali provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo e il resto dal Brasile. “Assistiamo inoltre – ha affermato il Vescovo - ad una crescita della presenza musulmana nel Paese. La religione islamica non è stata ancora riconosciuta dallo Stato, ma grazie all’aumento degli immigrati provenienti dall’Africa occidentale, il numero di fedeli si è fortemente accresciuto. Accanto a loro ci sono anche immigrati di fede islamica di origine libanese, egiziana e pachistana. Questa è una sfida sul piano pastorale, soprattutto per i casi di matrimoni misti tra musulmani e donne angolane cattoliche”.

La Costituzione dell’Angola prevede la libertà di religione e - secondo il rapporto sulla libertà religiosa dell’Associazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre - lo Stato è in genere tollerante verso tutti i credi religiosi e ne permette la libera professione pubblica. L’art. 8 impegna lo Stato non solamente a consentire la libertà di culto, ma anche a proteggere “le Chiese, i loro luoghi e gli oggetti di culto, procurando che agiscano nel rispetto delle leggi dello Stato”.

La legge esige che ogni gruppo religioso sia registrato e pone come requisiti l’adesione di non meno 100mila membri, residenti in almeno i due terzi delle province: requisiti che impediscono di fatto il riconoscimento a molti piccoli gruppi, come quelli islamici che nel Paese sono una minoranza; oppure le centinaia di piccole Chiese evangeliche, molte delle quali di origine congolese o brasiliana, in gran parte ancora in attesa di riconoscimento. Tra il 2009 e il 2010, il governo ha messo al bando 17 gruppi religiosi nella zona settentrionale di Cabinda. Questi gruppi sono stati formalmente accusati di non avere ottenuto la registrazione formale e di tenere funzioni religiose non autorizzate in abitazioni private.