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IN GUERRA PERENNE

Ancora sul concetto di Patria, che non è qui

Riempii oltre trecento pagine di motivi per cui il mondo intero senza gli italiani sarebbe ancora all’età della pietra e fui preso di mira da molti a cui oggi darei ragione: abbiamo mandato in parlamento una pornostar e siamo governati dal partito di un comico. La vera patria è in Cielo.

Cultura 07_09_2020

Vent’anni esatti fa pubblicai per la Bur un libro, "Doveroso elogio degli Italiani", ampliamento di un precedente uscito per Mondadori. Elencavo tutti i primati italiani, non trascurando quelle piccole cose che fanno la c.d. qualità della vita: la forchetta, l’ombrello, il fazzoletto, gli occhiali ecc.ecc. passando per la radio, lo scooter, l’elicottero ecc.ecc. Contro il vizio dell’autodenigrazione, come recitava il sottotitolo.

Infatti, erano ormai da tempo entrate nel lessico quotidiano espressioni come «è inutile, siamo in Italia» o «all’italiana» per indicare cose mal fatte e abborracciate. Riempii oltre trecento pagine di motivi per cui il mondo intero senza gli italiani sarebbe ancora all’età della pietra. Tutto documentato, tanto da attirare l’attenzione dell’allora mitico Maurizio Costanzo Show, dove fui invitato a presentare il mio libro. Il primo attacco internazionale fu, naturalmente, alla schiena. Sì, un italiano naturalizzato inglese. Bene, non vi sto a tediare con i particolari che costarono all’editore una pesante expertise, una rogna, insomma, che comportò per me lo stigma, con i grossi editori, di porta-guai, dal quale feci molta fatica a uscire.

Dopo vent’anni, tuttavia, devo dire, con l’esperienza esistenziale maturata, che avevo torto io e ragione quelli che scuotevano il capo sulle miserie nazionali. E adesso lo grido sui tetti: è inutile, siamo in Italia. Il «regno di terz’ordine» che Dostojewskij profetizzò quando vide l’impresa dei Savoia, cioè l’allargamento manu militari e trucchi annessi del Piemonte. Ogni nazione, si dice, ha un suo carattere. E qual è il tratto distintivo di quello italiano? Ve lo dico io: la guerra civile. Abbiamo cominciato con Romolo e Remo. Roma, infatti, nasce da un litigio tra fratelli conclusosi con un omicidio. Saltiamo i passaggi storici, perché, come si lagnarono i vari Dante, Petrarca, Machiavelli, è tutto un combattere tra italici in guerre in cui uno dei contendenti, a turno, chiama a soccorso lo straniero.

E il Risorgimento che cosa fu se non italiani contro italiani? Col soccorso francese e inglese. E l’attuale Repubblica non nasce dalla guerra civile? Siamo stati divisi per decenni tra chi guardava all’Urss e chi agli Usa, tra chi approntava Gladio e chi, per interessi partitici (nello stesso partito!), la svelava ai giornali. E adesso, chi ci governa, Roma o Bruxelles? Siamo stati capaci di mandare Cicciolina a Montecitorio e dare le chiavi di casa a un gruppo fondato da un comico. Qual è la nostra Patria, noi che abitiamo qui? La nazione? Le nazioni esistevano fin dal Medioevo, tant’è che ognuna pretendeva, e aveva, una sua quota di cardinali a Roma. A scriverla col maiuscolo furono i giacobini, e convinsero tutta l’Europa, con le cattive, che è meglio farsi governare da un farabutto purché compaesano che da un onesto e capace straniero (come ben sanno ancora oggi gli ex abitanti dell’impero asburgico). La patria, allora, per noi, coincide con la città? Ditelo ai contradaioli di Siena. Il fondato sospetto è che non avesse tutti i torti chi diceva che governare gli italiani più che difficile è inutile.

Non siamo mai stati capaci di sceglierci i capi, anche perché non facciamo altro che mandare a comandare i peggiori tra noi. I quali diventano poi abilissimi a ogni sorta di trucchetto, di sgambetto, di pugnalata alla schiena, di voltagabbanaggine, di scalata e di cordata, tutto tranne che saper amministrare e saper governare. Abbiamo regioni endemicamente depresse, i cui abitanti, però, chissà perché, una volta emigrati si affermano. Avete capito bene: basta solo che cambino Patria e fioriscono. Qualcosa vorrà pur dire. Pensate che cosa sarebbero gli States senza gli italoamericani. Pensate che ce n’erano due anche alla battaglia di Little Big Horn, quella in cui i Sioux massacrarono il Settimo Cavalleria di Custer. E si coprirono di gloria, salvandosi perfino, unici due: il tenente Carlo Di Rudio e il sergente Giovanni Martini. Rassegniamoci, siamo in Italia, il «regno di terz’ordine». La nostra Patria è il Cielo.