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CONTRO MARTIN 10MILA FIRME

Anche l'ambiguo Wuerl lascia, Dublino è una farsa

Anche il cardinale arcivescovo di Washington, Donald Wuerl, non parteciperà all’Incontro Mondiale delle Famiglie a Dublino. La rinuncia è legata alla tempesta che si sta scatenando sul porporato dopo la pubblicazione del Rapporto del Grand Jury della Pennsylvania. Maradiaga, Farrel e l'omoeretico Martin invece sono ancora in cartellone per un Meeting che a questo punto non ha più senso di essere fatto. 

Ecclesia 19_08_2018
Il cardinal Wuerl

Anche il cardinale arcivescovo di Washington, Donald Wuerl, non parteciperà all’Incontro Mondiale delle Famiglie a Dublino. Wuerl avrebbe dovuto tenere una conferenza di grande rilievo: “Il benessere della famiglia è decisivo per il futuro del mondo” mercoledì prossimo. Non è stata fornita nessuna spiegazione per questa decisione così drammatica e improvvisa. Ma la rinuncia è legata alla tempesta che si sta scatenando sul porporato dopo la pubblicazione del Rapporto del Grand Jury della Pennsylvania. Wuerl è stato per molti anni arcivescovo di Pittsburgh e ha gestito in maniera molto carente, per dir poco, alcuni casi di preti accusati di abusi sessuali. La Bussola se ne è occupata pochi giorni fa, e Wuerl è stato indicato come uno degli ospiti (e protagonisti) problematici dell’evento, insieme al card. Kevin Farrell e al card. Oscar Maradiaga. Oltre che al gesuita pro-LGBT James Martin, sul quale pesa anche una petizione.

Una petizione che ha superato le diecimila firme in Irlanda chiede infatti che il gesuita americano James Martin venga invitato a non partecipare in qualità di speaker al Meeting delle Famiglie che si svolgerà nella prossima settimana a Dublino. Martin terrà una conferenza su questo tema: “Showing welcome and respect in our Parishes for ‘LGBT’ People and their Families”; (Mostrare accoglienza e rispetto nelle nostre parrocchie per il popolo ‘LGBT’ e le loro famiglie”. E già sicuramente ci sarebbe da discutere sul titolo della conferenza: perché qualificare le persone in base alla loro esperienza o orientamento sessuale è qualche cosa che la Chiesa non ha fatto, e non vuole fare.

La petizione è partita prima dello tsunami che ha travolto McCarrick, e che ha lambito i suoi pupilli e protetti negli USA: il card. Kevin Farrell, soprattutto, prefetto della Congregazione per Laici, Famiglia e Vita. E prima del secondo tsunami, quello del rapporto del Grand Jury di Pennsylvania, che ha travolto un altro cardinale dell’area “liberal”, Donald Wuerl.

I motivi di lagnanza verso Martin erano indicati così: “Appoggia il transgenderismo per i bambini”; “è a favore dello scambio di baci fra omosessuali durante la messa”; ha detto di recente che “i cattolici LGBT portano doni unici alla Chiesa; sia come individui che come comunità. Questi doni costruiscono la Chiesa in modi speciali, come San Paolo scrisse quando ha paragaonato il Popolo di Dio a un corpo umano”. En passant diciamo che citare San Paolo, con quello che scrisse sui comportamenti omosessuali, appare se non altro azzardato…

E ancora: “Padre Martin appoggia New Ways Ministry, un’organizzazione religiosa pro omosessuali e lesbiche che è stata dichiarata gravemente inaccettabile dalla Conferenza Episcopale USA”. Padre Martin ha accettato un premio da questa organizzazione per un suo libro. Inoltre “Padre Martin non accetta la definizione del Catechismo della Chiesa cattolica delle inclinazioni omosessuali come ‘gravemente disordinate’. In questo modo impedisce a quelli che hanno inclinazioni omosessuali a giungere a una vera comprensione della loro condizione alla luce dell’insegnamento della Chiesa e della misericordia di Dio. Questo è rendere un grande  disservizio a coloro che si propone di aiutare”.

La petizione si conclude: “Crediamo che seminare errore e confusione non dovrebbe trovare posto all’Incontro Mondiale delle Famiglie. Per questa ragione chiediamo con forza che sia revocato l’invito a padre James Martin a parlare in un evento così importante”.

Questo, come dicevamo, prima degli tsunami a cui abbiamo accennato. Il portavoce del Meeting in una conferenza stampa ha detto che il cartellone degli speakers non cambierà. Ma da allora il gesuita americano, di cui peraltro la Nuova Bussola Quotidiana si è già occupata, ha reso la sua posizione ancora più discutibile. 

Facciamo qualche esempio. Intervistato dalla televisione PBS in merito allo scandalo McCarrick ha dichiarato: “Credo che il caso del card. McCarrick sia realmente straordinario. L’idea di avere una casa a Jersey Shore e...portare gente là. Credo che sia inusuale. Credo che il suo caso sia un’anomalia”. Il che non è; e Martin non può non saperlo, essendo Direttore editoriale di “America”, la rivista dei gesuiti USA. Fra l’altro lo studioso polacco, professore universitario e prete Dariusz Oko, autore nel 2013 di uno studio “Con il papa contro l’omoeresia nella Chiesa” ha denunciato l’esistenza di una rete di preti e vescovi omosessuali che hanno abusato seminaristi e adolescenti. In una dichiarazione recente Oko ha detto che “in base a fonti attendibili, si può dire che dal 30 al 40 per cento dei preti e il 50 per cento dei vescovi in USA abbia inclinazioni omosessuali”. “Il caso McCarrick è la punta di un iceberg”.

E i casi recenti – Honduras, Cile, Pennsylvania, e adesso Boston – smentiscono il gesuita. Sfortunato: perché proprio mentre rilasciava quelle dichiarazioni avventate il cardinal O’Malley rinunciava al viaggio a Dublino per occuparsi degli abusi sui seminaristi nel seminario di Boston…E dopo il caso McCarrick e il rapporto del Grand Jury di Pennsylvania si sta scatenando una sorta di “metoo” ecclesiastico, con denunce quasi quotidiane.

Martin ha un obiettivo: sdoganare l’omosessualità nella Chiesa, e contribuire a modificare l’insegnamento della Chiesa in materia. Con i migliori motivi del mondo, magari. Ma quanto ai mezzi ci sono obiezioni da fare. Un esempio. Daniel Mattson, un omosessuale americano, ha scritto per “First Things” un articolo che consigliamo assolutamente di leggere, intitolato “Perché gli uomini come me non dovrebbero essere preti”. Spiega che le pulsioni a fare sesso, anche con sconosciuti, sono molto più forti nei maschi omosessuali che in altri, e spiega anche che il fenomeno degli abusi, negli Stati Uniti, è largamente un problema omosessuale. Si sapeva: ma era politically correct non dirlo, e infatti per anni si è preferito parlare di pedofilia. Lo stesso Martin, in un lungo articolo su “America” anni fa, parlando degli abusi ha usato una sola volta la parola “omosessualità”, per dire che ai vescovi non piaceva parlare di questo o di altre cose legate al sesso. In un tweet in risposta a Mattson Martin ora cita la frase di una ricercatrice del John Jay College, per dire che gli abusatori possono essere omosessuali o etero. Ma non cita le cifre del rapporto: da cui si evince – e questo già diversi anni fa – che l’80 per cento dei preti condannati per abusi negli USA erano omosessuali. Il che, è quello che sta emergendo dagli scandali recenti. E che è vero per la Chiesa in generale. Il prof. sacerdote Davide Cito, della Santa Croce, mi diceva che il 90 per cento dei casi che giungono a Roma riguardano maschi adolescenti.

Non è un caso che la Chiesa, in maniera continua e senza esitazioni, fino a giungere a papa Francesco, abbia detto, decretato e disposto che gli omosessuali è meglio non divengano preti. Ma Martin adesso parla di “una caccia alle streghe” nei confronti dei preti omosessuali, e di commenti “male informati e omofobici sui sacerdoti gay”; e sostiene che “ci sono molti sani preti gay celibi”. Il che è vero, certamente; così come specialmente di questi tempi appare chiaro che ci sono molti sacerdoti, vescovi e cardinali con tendenze omosessuali. L’impressione è che padre James Martin abbia l’obiettivo di modificare la situazione. Anche se nel web semplici cattolici si chiedono: “Come può James Martin data la natura del peccato, ‘avere il permesso’ da superiori e vescovi di parlare di preti ‘gay’ sapendo che il concetto stesso è illecito. Tutto il suo ministero è basato su punti oscuri morali e intellettuali. Su un tessuto di menzogne”.

Forse è un giudizio troppo severo. Ma certamente padre Martin non sembra la persona adatta a parlare all’incontro Mondiale delle Famiglie. Non se la Chiesa vuole essere credibile nell’affrontare la crisi che la sta attanagliando a livello mondiale. Un passo indietro sarebbe necessario e opportuno.