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IL DIETROFRONT

Anche Bersani voleva "privatizzare" l'acqua

Il leader del Pd si era già detto favorevole e difatti nella rossa Emilia-Romagna vige il suo diktat. Ma oggi a sinistra prevale la demagogia.

Attualità 10_06_2011
Bersani
E' la solita sindrome: un po’ di lotta e un po’ di governo, a seconda di come gira il vento. Questa vigilia pre referendaria ci sta riconsegnando la solita italica, sinistra e morettiana distinzione: mi si nota di più se sono coerente o se cambio casacca?

Prendiamo i due quesiti referendari, quello sulle liberalizzazioni, e quello sull’acqua. Il Pd, come tutta la Sinistra è ostinatamente per il Sì, salvo qualche rara eccezione. Però non spiega perché appena nell’autunno 2010, ha presentato un disegno di legge, con primi firmatari Pierluigi Bersani e Dario Franceschini, in cui si prevedeva la gestione non solo pubblica dell’acqua, tramite gare. Praticamente ciò che sostiene il decreto Ronchi su cui adesso si è chiamati a votare e sul quale si sono accese le solite tifoserie italiche.

Significativo era stato anche l’intervento di Bersani nella rossa Carpi. Nel 2008 venne indetto un referendum contro la privatizzazione dell’Aimag, la municipalizzata che gestisce acqua, gas e rifiuti, voluta invece dal Pd, forza di governo. Bersani, da paladino del liberismo qual è, sostenne a spada tratta la necessità della privatizzazione a favore degli utenti, del mercato, dell’efficienza e del calo delle tariffe. Proprio quello che dice il Decreto Ronchi. Oggi Bersani è quel signore che invita a votare contro tutto questo perché spera reconditamente che serva per dare l’ultima spallata a Berlusconi. Della serie: va bene amministrare, ma vuoi mettere la lotta...? Il fatto è che la sindrome, sottolineata dall’ex ministro prodiano Linda Lanzillotta, sostenitrice dei comitati del No, sembra essere contagiosa.

Ora, si è capito già a sufficienza che ad essere privatizzata non sarà l’acqua, ma la sua gestione. E’ un po’ come per l’esistenza delle bonifiche: qualcuno si scandalizza se i contadini devono pagare dei privati per potere usare i canali di irrigazione? No. E le spiagge? Sono dello Stato eppure paghiamo profumatamente sdraio e ombrelloni. Di privati. E nessuno si straccia le vesti. Però in questo caso, la lotta è la lotta. E tra le altre cose mette certi amministratori nell’imbarazzante condizione di trovarsi con due casacche, buone per tutte le occasioni.

Prendiamo la rossa Emilia Romagna, dove i sindaci che siedono, con loro rappresentanti, nei Cda delle aziende municipalizzate, devono davvero in questi casi arrovellarsi: che fare? E qui che si respira più dolorosamente il dramma della sinistra di oggi: un colpo al cerchio, il bene comune e un altro, la botte, al consenso. A Reggio, Parma e Piacenza c’è Iren, che assieme a Genova e Torino forma il secondo colosso di settore, dietro A2A di Milano, dove ora siede Pisapia. A Bologna, Modena, Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena, Ferrara e Imola c’è Hera. Tutte aziende dove la componente pubblica è determinante. Gli amministratori di sinistra devono portare l’acqua al mulino della battaglia politica. Pertanto tutti, a parte Chiamparino che ha annunciato che voterà no, sono per il Sì all’abrogazione della concessione dei bandi ai privati e contro la quota del 7% di ritorno per gli investitori privati nel settore dell’acqua.

Peccato, perché a sua volta la Federutility, la federazione che raggruppa il 98% delle ex municipalizzate, cioè loro stessi, abbia detto che la vittoria del sì sarebbe una catastrofe. Ci sono da rimodernare tutte le reti. Federutility dice che con le attuali gestioni il 37% dell’acqua viene dispersa e stima che nei prossimi 30 anni per ammodernare il servizio servano investimenti per 64 miliardi di euro. Un’enormità di cui lo Stato non dispone, a meno di non istituire nuove tasse o di aumentare il debito pubblico. Dunque che si fa coi sindaci che fanno campagna elettorale contro i loro stessi interessi? Semplice: si gioca a nascondino. Intanto si getta via l’acqua sporca (una vera riforma del sistema) e il bambino (il Cavaliere). Al resto ci penseremo. L’importante è la lotta.