Ambiente, famiglia, scuola, digitale: questo governo è pericoloso
Solidarietà nazionale e retorica delle competenze mascherano una visione ideologica non diversa dal governo precedente, ma addirittura più determinata. Alla conferma di ministri - Speranza, Lamorgese, Bonetti - che già hanno fatto male con Conte in settori chiave, si somma l'ingresso di tecnici che promettono un'agenda ben lontana dalle nostre istanze: scuola, famiglia e le transizioni digitale ed ecologica, sono le materie più preoccupanti.
Il governo Draghi non promette niente di buono. Anzi, con la scusa della solidarietà nazionale (attuata tuttavia e come sempre con il manuale Cencelli) e con la retorica dei competenti, rischia di fare ancor più danni dei precedenti. Naturalmente, tutto dipende da cosa uno vuole da un governo in generale e da questo governo in particolare.
Ma per chiarirci le idee basta che ci poniamo alcune semplici domande: sarà ancora possibile criticare l’Unione europea, l’euro e la moneta a debito? Rivendicare un briciolo di sovranità nazionale e di identità? Chiedere il controllo delle migrazioni e lo sbarramento dei porti? Aprire alla scuola non statale? Promuovere la famiglia naturale? Chiedere politiche ambientali libere dall’ideologia ambientalista? Pensare ad una digitalizzazione senza controllo centralistico? Diminuire drasticamente le tasse e difendere la proprietà privata? Pensare ad una lotta al Covid non soggiogata alla ideologia vaccinista?
Chiunque si faccia queste domande e cerchi una risposta scorrendo i nomi che compongono il nuovo governo deve concludere con un no: su questi temi fondamentali non ci si può attendere nulla da questo governo, anzi ci si deve attendere il contrario di quanto sarebbe giusto e bello fare.
Il presidente Draghi ha distribuito le poltrone “politiche” secondo il bilancino del peso dei partiti e, tirando di qua e mollando di là, ha voluto accontentarli tutti. Peccato che la cosa pesi non solo sul metodo poco innovativo e inadeguato alla grandezza messianica del personaggio, ma anche sui contenuti. Il bilancino di Draghi ha lasciato al loro posto la Lamorgese agli Interni, Speranza alla Sanità e la Bonetti alla Famiglia. La politica dei porti attuata dalla prima non ha soddisfatto per niente. Durante la pandemia ne sono entrati tanti e poi tanti.
Nemmeno la politica anti-pandemica di Speranza può essere considerata soddisfacente: improvvisazioni terapeutiche, lentezze sulle cure domiciliari e sulle protezioni, esclusione inspiegabile di terapie, uso strumentale della scienza: c’è chi propone la sua denuncia alla Corte internazionale di giustizia. Senza contare poi della liberalizzazione voluta da Speranza della pillola abortiva. Del resto un esponente della sinistra comunista al ministero della sanità in questi tempi nevralgici per le tante questioni etiche in ballo non può che produrre disastri per motivi ideologici.
La politica della famiglia della Bonetti non si è nemmeno vista, le sue convinzioni personali in proposito lasciano molto a desiderare e, per di più, il suo ministero si chiama “per le Pari opportunità e la Famiglia”, ossia la famiglia è collocata dentro le pari opportunità che tutti sappiamo essere oggi non solo quelle tra maschio e femmina ma anche quelle relative ad altri generi.
Il quadro ideologico di fondo di questo governo è uguale al precedente: un socialismo illuminato, uno statalismo individualista, un tecnicismo centralistico, un paternalismo costituzionale, un europeismo ideologico. Gli innesti non lo hanno cambiato, semmai lo hanno rafforzato rendendolo ancora più preoccupante. Il nuovo ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi ha già fatto affermazioni di dedizione, sostegno e rilancio della scuola statale. Niente di male, ma in Italia non c’è - né deve esserci - solo la scuola statale. Per avere il centralismo educativo dello Stato bastava la Azzolina e l’ideologia neo-giacobina 5Stelle-Pd. E siccome Bianchi è più competente della Azzolina forse potrà fare anche di peggio, dal punto di vista di chi crede nella scuola libera delle famiglie.
Poi ci sono le due “transizioni”, quella ecologica e quella digitale. Qui stiamo parlando di ambiti pericolosissimi per il bene dell’uomo. La transizione digitale può trasformarci tutti in ultimi terminali di una rete. Può anche renderci dipendenti da un forte controllo centrale e impedire la nostra libertà, quella di pensiero prima di tutto. Può fornire al potere la possibilità di creare dei database su tutti noi, se già non è avvenuto. Che garanzie offre Colao, il nuovo ministro della transizione digitale, su questo delicatissimo fronte? La competenza tecnica? Non è certo sufficiente perché è proprio la tecnica a dover essere guidata.
La transizione ambientale è ugualmente preoccupante. L’idea era venuta da Grillo - e la fonte non depone a favore dell’idea - e Draghi l’ha subito accolta. Questo ministero – guidato da Roberto Cingolani - sarà il principale tra tutti, non solo perché assorbirà l’ambito dell’energia ma soprattutto perché guiderà un comitato interministeriale essendo la transizione ambientale trasversale a tutti i ministeri e a tutte le politiche governative. Ora, siccome l’ambientalismo è una nuova ideologia e una nuova religione che si fonda su molti dogmi, poco brilla di buon senso ed è funzionale al grande reset mondiale, c’è molto da preoccuparsi.
Se il governo precedente assomigliava a dei concorrenti allo sbaraglio, questo invece ha maggiori pretese che non solo sopravvivere, è più ideologicamente determinato, più autorevole si dice in gergo. e quindi lascerà aperte meno fessure in cui potersi insinuare o forse nessuna fessura. È un governo blindato e funzionale a far transitare il Paese secondo le esigenze dominanti oggi. Che non sono le nostre.