Altri miliardi di euro a dittature e governi corrotti
Non tutti i migranti che sbarcano sulle nostre coste sono profughi: ci sono quelli che lasciano i loro Paesi ricorrendo ai trafficanti e pretendono di regolarizzare la loro situazione una volta sbarcati in Italia Per bloccare questo esodo e favorire i reimpatri, l’Europa ha stanziato 62 miliardi di euro per i Paesi africani. Tra questi compaiono dittature tre le più feroci del mondo, come quella dell’Eritrea, e Stati corrotti, come Nigeria e Somalia.
Il 31 maggio Amnesty International Italia ha accusato i Paesi europei di essere cinici e irresponsabili perché i loro piani per far fronte all’emergenza migranti sono tutti volti unicamente a fermare le partenze. «L’Europa della vergogna costruisce muri», si poteva leggere anche sulla pagina Fb di Amnesty, «quante volte dobbiamo chiedere di fermare la strage dei migranti nel Mediterraneo organizzando percorsi legali e sicuri per i richiedenti asilo?”
È da non credere che persino Amnesty International non sappia che per convenzione internazionale un profugo può e deve presentare richiesta di asilo nel primo Paese firmatario della Convenzione di Ginevra in cui mette piede dopo aver lasciato il proprio; dopo di che, vagliata e accolta la richiesta, i percorsi legali e sicuri esistono già.
Poi però, mescolati ai profughi, ci sono gli emigranti irregolari che lasciano i loro Paesi clandestinamente ricorrendo ai trafficanti di uomini e pretendono di regolarizzare la loro situazione una volta sbarcati in Italia presentando richiesta di asilo, pur sapendo di non avere i requisiti per ottenere lo status di rifugiato. Sono tanti, molti di più dei profughi che scappano da guerre e persecuzioni, prova ne sia che l’Italia nel 2014 ha accolto il 10% delle richieste di asilo, nel 2015 il 5% e quest’anno, fino al 20 maggio, il 4%.
Chi ottiene lo status giuridico di rifugiato è perché proviene da Paesi in guerra, come la Siria, o sotto dittatura, come l’Eritrea. Ma a concedere asilo, ad esempio, a un senegalese c’è rischio di un incidente diplomatico perché equivale ad accusare il Senegal di perseguitare i propri cittadini o non di proteggerli da chi li minaccia. Chi si vede respinta la richiesta di asilo, comunque, può fare ricorso e restare in Italia fino alla sentenza definitiva. Inoltre, esistono due istituzioni provvidenziali, create per non rimandare a casa chi non può avere lo status di rifugiato: il permesso di soggiorno per motivi umanitari, che dura da sei mesi a due anni, e il permesso per protezione sussidiaria, che vale cinque anni. Sono stati concessi al 50% dei richiedenti asilo respinti nel 2014, al 37% nel 2015 e al 31% dall’inizio del 2016 al 20 maggio.
Inoltre, forse è nato un terzo tipo di permesso di soggiorno se hanno ragione i mass media secondo i quali un giudice del tribunale di Milano ha da poco accordato a un immigrato irregolare, un ragazzo di 24 anni, un permesso per “protezione umanitaria” con la motivazione che il suo paese, il Gambia, è povero e non offre a chi ci abita il tenore di vita – con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali essenziali – a cui ogni uomo ha diritto secondo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
La notizia di questa sentenza è arrivata insieme a quella di un nuovo piano dell’Unione Europea per ridurre il flusso di emigranti dalla Libia all’Italia, i cui principali paesi di origine sono Nigeria, Gambia, Somalia, Costa d’Avorio, Eritrea, Guinea e Senegal. Il piano prevede l’intensificazione del partenariato con nove Paesi del Medio Oriente e dell’Africa e costerà 62 miliardi di euro in aiuti per creare lavoro e combattere la povertà: miliardi che si aggiungeranno a quelli del Fondo di emergenza per l’Africa creato a novembre dalla Commissione europea con un capitale iniziale di 1,8 miliardi di euro e inoltre ai miliardi forniti ogni anno dai Paesi europei e dall’Unione Europea per finanziare le agenzie dell’Onu, la cooperazione internazionale bilaterale e multilaterale, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, le missioni di peacekeeping dell’Onu e dell’Unione Africana e, non dimentichiamolo, gli “Obiettivi di sviluppo sostenibile”, il nuovo progetto dell’Onu contro la povertà e le ingiustizie planetarie che da solo costa 15 trilioni di dollari all’anno.
In sostanza, è in arrivo un nuovo salasso in favore di governi alcuni dei quali inaffidabili, incapaci e corrotti, e peggio ancora. Uno è il governo della Somalia, formato da capi clan che da 25 anni si fanno mantenere dal resto del mondo e intanto costringono milioni di connazionali a vivere sfollati e profughi. Nel 2012, l’Onu ha ammesso che ogni 10 dollari consegnati al governo somalo dalla comunità internazionale sette non arrivano mai nelle casse dello Stato. In Nigeria, invece, nel 2014 sono spariti oltre 14 miliardi di euro che avrebbero dovuto finire nelle casse dell’Ente petrolifero nazionale e altri 13 miliardi stanziati per combattere il gruppo jihadista Boko Haram. Ma c’è di peggio perché, tra i partner a cui andranno i fondi, ci sono l’Eritrea, una delle peggiori dittature del pianeta insieme alla Corea del Nord, e il Sudan il cui presidente, Omar Hassan al Bashir, è stato accusato di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel 2009 dalla Corte penale internazionale e contro cui è stato spiccato un mandato di cattura internazionale.
Il piano che l’Unione Europea si appresta a varare dovrebbe servire anche ad aumentare il numero dei rimpatri. Attualmente solo il 40% dei richiedenti asilo che non ottengono lo status di rifugiato vengono accolti dai loro Paesi d’origine. Si ipotizza di tagliare gli aiuti ai governi che non collaborano al rimpatrio dei connazionali respinti.