Alla scoperta di Narnia, un mondo che rimanda all’eternità
Nel saggio Alla scoperta di Narnia, Paolo Gulisano conduce il lettore alla riscoperta dei significati allegorici più o meno reconditi della straordinaria saga di letteratura fantastica di C. S. Lewis, in cui si ritrovano temi eterni.

Narnia è «la terra creata bella, piena di cose armoniose e ben fatte: il suo signore, il grande leone Aslan, lotta per mantenerla tale e per vederla fiorire contrastando la malvagia invidia della Strega Bianca che vorrebbe essere la padrona assoluta, che vorrebbe addirittura ergersi a divinità e che sfoga la sua rabbia distruggendo il bello e il buono, e cercando di fare del mondo una terra desolata». Nel suo Alla scoperta di Narnia (Fede & Cultura 2025, pp. 208) Paolo Gulisano conduce il lettore tra le pieghe del mondo fantastico fuoriuscito dalla penna creativa di Clive Staples Lewis.
«Lo stupore è ciò da cui nasce tutta la grande avventura nel mondo di Narnia. La capacità di Lucy di guardare, di tenere gli occhi aperti, di scorgere in un normale armadio un qualcosa di più (una soglia da valicare che può dare accesso a un mondo di meraviglie) è il punto di partenza di tutta la storia», osserva Gulisano. Alla scaturigine dell’ispirazione creativa del professor Lewis ci sono diverse visioni di leoni: «Tutti i miei sette libri su Narnia e i tre di fantascienza sono cominciati vedendo delle scene nella mia testa. In principio non erano un racconto, ma solo dei quadri. Il leone, la strega e l’armadio ebbe inizio con la scena di un fauno che portava un ombrello e dei pacchetti in un bosco candido per la neve. Questa scena era stata nella mia mente da quando avevo circa 16 anni. Poi un giorno, vicino ai quaranta, mi dissi: “Cerchiamo di tirarne fuori un racconto”. All’inizio avevo una pallidissima idea di come sarebbe andata la storia. Poi improvvisamente vi saltò dentro Aslan. Penso di aver sognato in quel periodo una buona quantità di leoni. A prescindere da ciò, non so da dove venne il leone e perché venne. Ma una volta lì, trascinò tutto il racconto, e presto si tirò dietro gli altri sei della serie di racconti di Narnia».
Gli eroi che popolano Narnia sono realistici, non perfetti e con tanti difetti; «sono dei bambini che alludono a come si possa e si debba vivere». Peter incarna lo spirito di avventura, Lucy il senso di stupore e meraviglia, Susan il senso comune e pratico, Edmund la giustizia che si consegue dopo la fragilità e il tradimento. Aslan – parola turca per “leone” – è simbolo del sacrificio per amore che la Strega Bianca non conosce. Egli muore però per una persona, non per tutti, per cui non è direttamente allegoria di Cristo. Caspian, «coraggioso, valente, generoso», ha in sé «gran parte delle caratteristiche del cavaliere chiamato a riportare l’ordine e la giustizia, a combattere per il bene contro il male». Uno scontro che coinvolge anche gli animali. Ve ne sono di buoni, come il topolino Ripicì, e di negativi, come lo scimmione Shift e l’asino Puzzle, simboli rispettivamente dell’idolatria e del caos nemico dell’ordine e della verità.
Ne Le cronache di Narnia si ritrovano i «grandi temi eterni dell’uomo – come il bene, il male, il coraggio, il tradimento, la ricerca, il potere – attraverso un linguaggio simbolico». Sostanzialmente in tale mondo fantastico «la paura è il mezzo con il quale i malvagi cercano di prevalere», il coraggio ne è l’antidoto nella misura in cui «nasce da un cuore che si sente amato».
Di qui «la parola di Aslan, alla fine dei tempi, risuona per richiamare ciascuno alla verità. Narnia, nata dalla parola, si conclude con una parola. Davanti ad Aslan ogni creatura sfila aspettando un giudizio, la salvezza o la condanna. Nell’attesa ognuno comincia a vedere con più chiarezza ogni cosa, attorno a sé e dentro di sé. Lucy se ne stupisce, con il candore che le è caratteristico, e Tumnus, l’amico fauno alla fine ritrovato, le dice: “Ma certo, o dolce figlia di Eva, più entri nel cuore delle cose e più grandi esse diventano. L’interno è sempre più grande dell’esterno”. Prima si vedeva per ombre e immagini, ora si può vedere tutto, e ogni cosa è diventata chiara. Alla fine, anche il destino dei quattro ragazzi diventa trasparente e intellegibile: Aslan spiega loro che non torneranno mai più a Shadowlands, la Terra delle Ombre, come il nostro mondo è chiamato a Narnia. Mai più chiamate, mai più salti nel tempo e nello spazio, perché anche i loro giorni sono finiti. L’ultima battaglia si chiude così, con questa finale rivelazione, con la conclusione di un mondo che abbiamo visto nascere, crescere, difendersi dai pericoli, palpitare di vita e di passioni, e infine morire».
Il bersaglio polemico è, fuor di metafora, la deriva eugenista, il darwinismo, il delirio d’onnipotenza della scienza, espressioni di un male che si radica nella storia come nel cuore dell’uomo. L’antidoto è un cuore vigile e attento ai segni della presenza di Dio, dal momento che «il mondo è affollato di Lui».
Grande esperto di letteratura fantastica, Gulisano ne svela il cuore, allorquando afferma che «Narnia è il luogo della fantasia, dell’incanto, di un sogno che tuttavia non distrae dalla realtà ma la fa amare ancora di più». Non è scrittura “d’evasione”, ma uno strumento potente ed efficace per penetrare e dunque interpretare con maggiore profondità la stessa realtà sociale in cui viviamo.