Albini, i veri rifugiati di cui nessuno vuol parlare
Ong specializzate assicurano le cure necessarie agli albini, che in Africa vengono sottoposti ad una caccia feroce frutto delle superstizioni dei guaritori. Vengono mutilati per farne con gli organi dei talismani. Dopo le cure in Occidente dovranno tornare in Africa. Ma con un carico di sofferenze e di rischi elevatissimo. Nel loro caso bisogna ammettere che vivrebbero meglio lontani dal loro Paese.
Con gli organi degli albini in Africa si fabbricano talismani molto potenti, acquistati a caro prezzo. Per un corpo intero gli stregoni sono disposti a pagare fino a 70.000 euro e per un singolo organo, ad esempio un braccio, circa 2.000. Per procurarseli i trafficanti dissotterrano i cadaveri appena sepolti. Ma non si limitano a questo. Spesso rapiscono gli albini o li comprano da parenti allettati dal buon profitto. Poi li uccidono, ne vendono il corpo intero oppure asportano gli organi che servono, già commissionati da qualche stregone, e gettano via i resti mutilati.
Per qualche motivo l’albinismo è piuttosto diffuso in Africa orientale, soprattutto in Tanzania dove una persona su 1.400 ne è affetta rispetto a una media mondiale di uno su 20.000. Tra il 2000 e il 2015 nel solo Tanzania sono stati uccisi a scopo rituale, per usarne gli organi, 75 albini. Ma secondo le Nazioni Unite il numero delle vittime è ben più elevato: molti omicidi infatti non vengono neanche denunciati.
Vengono rapiti e uccisi albini di tutte le età e di entrambi i sessi: nel 2016 ad esempio, in Malawi, è stata uccisa una donna di 30 anni, le sono stati asportati gli occhi e i seni; e un ragazzo il cui corpo è poi stato rinvenuto in Mozambico è stato ucciso per amputargli gambe e braccia. Tuttavia le vittime sono quasi sempre dei bambini. Pendo Emmanuelle Nundi, ad esempio, aveva solo quattro anni quando è scomparsa in Tanzania, rapita probabilmente con la complicità del padre e di due zii.
La polizia aveva offerto una grossa ricompensa per chi avesse aiutato a ritrovarla, “viva o morta”, ma nessuno si è mai fatto avanti. Di Yohana Bahati invece sono stati rinvenuti i resti mutilati. Era stato rapito in casa da alcuni uomini tre giorni prima, a febbraio del 2015, strappato alla madre aggredita e ferita gravemente nel tentativo di difenderlo. Gli hanno amputato gambe e braccia e prelevato alcuni organi interni. Bahati aveva sono un anno.
Non si può immaginare niente di più feroce e crudele che uccidere un neonato, un bimbo inerme. Ma non c’è limite all’orrore. Sabato 25 marzo sono arrivati negli Stati Uniti quattro albini provenienti dal Tanzania, sopravvissuti perchè sono stati mutilati vivi, poi abbandonati e per fortuna soccorsi in tempo. La più piccola è una bambina di sette anni, la più grande una ragazzina di 17 anni. Il maschio più grande ne ha 15. Si chiama Emmanuel Rutema. I trafficanti gli hanno amputato un braccio e le dita dell’altra mano. Inoltre lo hanno ferito gravemente alla bocca nel tentativo di tagliargli la lingua e di estrargli i denti. Per questo parla con difficoltà.
È la seconda volta che i quattro ragazzini si recano negli Usa per ricevere cure mediche, ospiti del Global Medical Relief Fund, GMRF, un’organizzazione non governativa che da 20 anni accoglie e assiste bambini e ragazzi da tutto il mondo, feriti nel corso di conflitti e catastrofi naturali. Durante il primo soggiorno sono state applicate a tutti e quattro delle protesi e adesso è necessario sostituirle.
La GMRF nel corso degli anni si è presa cura di oltre 200 bambini feriti e mutilati: “Ma questi sono diversi da tutti gli altri – spiega Elissa Montanti, la fondatrice dell’ong – abbiamo aiutato dei bambini che erano saltati in aria sulle mine anti-uomo, bambini che avevano dato un calcio a quella che credevano fosse una lattina e invece era una bomba che era esplosa, bambini vittime di tsunami e uragani, ma a questi il male è stato fatto intenzionalmente, deliberatamente”. Conquistarne la fiducia non è facile, dopo le esperienze che hanno vissuto: “la prima volta che sono arrivati qui – dice Elissa Montanti – erano timidissimi, non ci guardavano mai negli occhi. Poi poco per volta si sono rassicurati”.
I quattro ragazzini resteranno negli Usa per due mesi per ricevere le cure necessarie, poi torneranno a casa con le loro protesi nuove. Li attende una vita tutt’altro che facile. Vanno a scuola, ma vivono in case ben sorvegliate, perchè non corrano più pericoli. Escono di rado, e non solo perchè temono i raggi del sole. Non vogliono farsi vedere in giro: “Sono traumatizzati – dicono gli assistenti sociali dell’ong Under the sun (Sotto il sole) che si prendono cura di loro – hanno sempre paura, non si fidano di nessuno”.
Forse vivrebbero meglio lontano dall’Africa, rifugiati in un paese più sicuro. Adesso sono protetti, ma prima o poi dovranno cavarsela da soli, Under the sun non potrà assisterli per sempre e, oltre al rischio di essere di nuovo rapiti, su di loro grava uno stigma sociale implacabile: emerginati e discriminati per il loro aspetto, difficilmente potranno condurre una vita normale, lavorare, sposarsi.
Da anni in Tanzania il governo prova ad aiutarli. Nel 2008 il presidente della repubblica ne aveva nominato uno parlamentare e nel 2010 per la prima volta un albino si è candidato al parlamento e ha vinto. Sembravano conquiste importanti. Ma nel 2015, diversi mesi prima che si svolgessero le elezioni politiche, il governo ha dovuto ordinare ai guaritori tradizionali, gli stregoni, di sospendere le attività. Se no, come al solito, dei candidati sarebbero ricorsi alla stregoneria per assicurarsi la vittoria, la richiesta di talismani fatti con organi di albini sarebbe aumentata, i prezzi sarebbero andati alle stelle.