Al-Azhar, richieste irragionevoli al Papa
Il 7 giugno Al Azhar ha chiesto a Francesco di dichiarare pubblicamente il proprio rispetto per Maometto. Il Papa già in diverse occasioni ha sottolineato l'importanza del dialogo tra le diverse religioni.
“I problemi che abbiamo avuto non erano con il Vaticano, ma con il precedente Papa. Ora le porte di al-Azhar sono aperte. Francesco è un nuovo Papa. Ora attendiamo da lui un passo in avanti. Se in uno dei suoi discorsi dichiarasse che l’islam è una religione di pace, che i musulmani non cercano violenza né guerra, sarebbe un progresso”, queste le parole pronunciate lo scorso 7 giugno da Mahmoud Abdel Gawad, inviato diplomatico dell’università islamica di Al-Azhar presso la Santa Sede. Nella stessa occasione Gawad ha escluso un eventuale incontro tra le tre religioni monoteistiche perché al-Azhar “non parteciperà a nessun incontro con gli israeliani”.
Quindi Al-Azhar, che ribadiamo è una delle massime istituzioni del mondo islamico, ma non è certo il Vaticano dell’islam poiché l’islam non ha un’autorità per definizione, chiede a Papa Francesco di tendere una mano, di dichiarare pubblicamente il proprio rispetto per la religione di Maometto. Ebbene, il 22 marzo scorso in occasione dell’incontro con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede ha dichiarato che “è importante intensificare il dialogo tra le varie religioni” e ha precisato: “penso innanzitutto a quello con l’islam e ho molto apprezzato la presenza, durante la Messa d’inizio del mio ministero, di tante Autorità civili e religiose del mondo islamico”. Non solo, ma il 28 dello stesso mese le agenzie di stampa di tutto il mondo hanno riportato della lavanda dei piedi da parte del Santo Padre dei giovani detenuti di Casal del Marmo, tra cui una detenuta musulmana. D’altronde anche la scelta del nome Francesco, in ricordo di San Francesco d’Assisi, dovrebbe indicare una scelta di direzione. Nel XIII secolo Francesco d’Assisi incontrò il sultano al-Kamil nei pressi di Damietta in Egitto. Da quell’incontro e dal dialogo tra i due personaggi nacque, all’epoca della quinta crociata, un’amicizia basata sul mutuo rispetto e sulla conoscenza reciproca.
Ma tutto questo pare non bastare ancora. Eppure il dialogo è una conversazione a due che prevede uno scambio di idee, non una imposizione. Forse il problema non risiede in Papa Francesco, ma nella paura di dovere riconoscere dei dati di fatto. Lo scorso 10 maggio il Pontefice ha incontrato il Papa copto Tawadros II in uno storico incontro che “rafforza i legami di amicizia e di fratellanza che già uniscono la Sede di Pietro e la Sede di Marco, erede di un inestimabile lascito di martiri, teologi, santi monaci e fedeli discepoli di Cristo, che per generazioni e generazioni hanno reso testimonianza al Vangelo, spesso in situazioni di grande difficoltà”. Ricordiamo ancora una volta che i rapporti con il Vaticano si erano interrotti a seguito dell’Angelus, nel gennaio 2011, in cui Papa Benedetto XVI aveva mostrato preoccupazione per la condizione dei copti in Egitto, a seguito di un ennesimo attentato. Ora sembra che al-Azhar metta le mani avanti. Ieri l’associazione The Voice of the Copts ha emesso un comunicato, a firma del suo presidente Ashraf Ramelah, in cui si legge: “Il Grande Imam di al-Azhar dovrebbe invece emettere un comunicato formale e pubblico rivolto ai propri seguaci, in arabo, in cui afferma in modo inequivocabile che i musulmani che attaccano i cristiani in Egitto non obbediscono a un precetto dell’islam e non saranno più tollerati. Una denuncia chiara della violenza settaria contro i cristiani in Egitto da parte dei leader religiosi sunniti sarebbe vista di buon grado, considerato che al-Azhar chiede che il Papa affermi la non violenza dell’islam”.
Si tratta di una richiesta lecita e ben precisa, ma viste le reazioni in passato a ogni intromissione su questioni interne sia da parte di al-Azhar sia da parte del governo egiziano potrebbe non essere vista di buon grado. Perché allora non lavorare a una dichiarazione congiunta che condanni ogni genere di violenza in nome della religione? Solo ieri è giunta la notizia della macabra uccisione di Muhammad Kattaa, ragazzo siriano di quindici anni, da parte di estremisti islamici che lo hanno accusato di blasfemia. Da qualche giorno circola sul web, in modo particolare su Facebook, la condanna a morte dello scrittore egiziano Hamed Abd al-Samad perché avrebbe insultato Maometto. E’ altresì nota la posizione di Al-Azhar nei confronti del terrorismo: si tratta di una condanna a meno che non si tratti di resistenza, come nel caso di civili israeliani. E’ di qualche giorno fa l’ennesima morte a seguito della mutilazione genitale di una undicenne egiziana e tutti sanno che alcuni docenti di al-Azhar definiscono questa pratica come islamica.
Sarebbe straordinario, non solo per il mondo cristiano, ma anche per la maggior parte dei musulmani, che Papa Francesco e al-Azhar si facessero promotori della sacralità della vita senza se e senza ma, della vita di tutti senza esclusione alcuna. Una dichiarazione in cui libertà di religione e di espressione rappresentino la base sui costruire un futuro di rispetto e verità. Lo straordinario Papa Francesco di dichiarazioni in questo senso ne ha fatte molte, ora tocca ad al-Azhar.