Affido e strategie gay, qualche chiarimento
L'on. Roccella reagisce: chi vuole certe leggi lo dica chiaramente e venga in Parlamento. La nostra risposta: le leggi ci sono già.
- Perché ho fiducia nelle "colombe", di Francesco Agnoli
In merito all'editoriale pubblicato ieri a firma di Giovanna Arcuri, "Affido a coppie gay, la miopia dei cattolici", riceviamo e pubblichiamo una lettera dell'on. Eugenia Roccella, che nell'articolo veniva criticata per aver invitato i sostenitori di matrimoni e adozioni gay a discuterne in Parlamento.
Cari amici de La Nuova Bussola Quotidiana,
vi sbagliate: non è affatto vero che chi vuole i matrimoni gay, con corredo di affidi e adozioni, e soprattutto di accesso alle pratiche di fecondazione eterologa e utero in affitto voglia passare dal Parlamento. Non è attraverso il dibattito parlamentare che si vuole arrivare alla rivoluzione antropologica, anzi: Senato e Camera in Italia restano un luogo complicato, difficile da praticare, perché prevedono il confronto pubblico delle diverse posizioni e il coinvolgimento dell’opinione pubblica.
Il percorso è un altro: linee guida, provvedimenti amministrativi, pronunciamenti di tribunali italiani ed europei, convenzioni internazionali da recepire, casi umani, campagne di stampa, creazione di luoghi comuni del politicamente corretto, regolamenti e programmi ministeriali, direttive europee, norme regionali, e così via. Tutte iniziative che raramente emergono sulla stampa, e di cui pochi hanno conoscenza (per esempio, della battaglia sull’omofobia si è saputo proprio perché si è svolta in Parlamento, mentre da mesi una bambina era stata affidata a una coppia omosessuale da servizi sociali comunali, e nessuno ne aveva saputo niente).
Il Parlamento è l’ultima spiaggia, un luogo da evitare il più possibile, o dove si approda solo quando la situazione di fatto ha scavalcato già le leggi esistenti, e la politica può solo prenderne atto. E’ per questo che il dibattito sulla legge contro l’omofobia si è svolto di notte, sia in Aula che in commissione, è per questo che l’imperativo era fare in fretta, molto in fretta, perché il paese non se ne accorgesse, perché non si aprisse una discussione pubblica. Le iniziative rischiose passano dove c’è minore vigilanza, dove è essenziale creare un precedente che apra un varco, ma senza trovare chi possa mettersi di traverso. Come lottare contro una sentenza, o una decisione del tribunale dei minori? Si può solo commentare, ma impedirla è impossibile.
In Parlamento, nonostante ormai, almeno alla Camera, i sostenitori del disastro antropologico siano in schiacciante maggioranza, si può votare contro, obiettare, far valere le proprie ragioni, provare con l’ostruzionismo, coinvolgere il paese. A volte si vince, a volte si perde. Ma spesso persino qualche sconfitta si tramuta in una mezza vittoria, come è accaduto con la morte della povera Eluana Englaro: una morte che non siamo riusciti a impedire, ma che ha fermato una campagna che sembrava vincente a favore del testamento biologico e dell’eutanasia.
Non è quindi una svista, né una ingenuità la mia. Non saremo mai noi a presentare leggi per chiedere di riconoscere le cosiddette “nuove famiglie”, ma è bene che si possa combattere la buona battaglia apertamente, ed è bene che chi vuole queste cose lo faccia di fronte al paese, e non alle sue spalle, mettendo davanti al fatto compiuto. Chi vuole le adozioni per le coppie gay, quindi, lo dica esplicitamente, e presenti una legge in Parlamento. E’ bene che ognuno si schieri e ci metta la faccia, invece di ricorrere a metodi che aggirano i divieti di legge creando situazioni di fatto, contro cui si può solo elevare qualche protesta.
On. Eugenia Roccella
Deputato Nuovo Centrodestra
Gentile on. Roccella,
nel ringraziarla per aver voluto chiarire il suo pensiero, mi permetta anzitutto di fare una doverosa premessa: nell’articolo contestato il riferimento alla sua posizione riguardo al dibattito in Parlamento era un’appendice a una critica dura che si rivolgeva invece a quanti nel mondo cattolico “insospettabile” avevano espresso un giudizio possibilista se non positivo alla decisione di un giudice bolognese che aveva dato in affido una bimba di 3 anni a una coppia di omosessuali: il vicario generale dell’arcidiocesi di Bologna, monsignor Giovanni Silvagni; il presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani Francesco D’Agostino; la psicologa Lisa Trasforini. Purtroppo, nel frattempo il partito cattolico dell’affido ai gay si è ingrossato con un altro nome eccellente, il senatore Roberto Formigoni, ma su questo torneremo più avanti.
Iniziamo però dalla questione che la riguarda: personalmente concordo con buona parte di quanto lei afferma. In particolare noi stessi abbiamo più volte denunciato la strategia che punta a mettere il Parlamento davanti al fatto compiuto, soprattutto attraverso la rete delle amministrazioni locali (clicca qui) e attraverso i tribunali (clicca qui). Non è dunque giusto, come dice lei, invitare direttamente queste lobby, che trovano grande appoggio soprattutto nei partiti di sinistra, a non fare i furbi e presentarsi in Parlamento? Il punto è che in Parlamento ci vogliono venire, ma al momento opportuno, quando la situazione nel Paese reale è “così cambiata da non poterne non tenere conto”.
Inoltre, nel comune sentire spesso si associa la necessità di intervento in Parlamento al vuoto normativo. Ovvero, si dice: il paese è cambiato, ci sono realtà ormai molto diffuse che la legge non contempla, quindi è ora di porre rimedio a questa mancanza. E’ il caso delle cosiddette “nuove famiglie”: convivenze, unioni tra persone dello stesso sesso, nuclei monoparentali e chissà cos’altro. L’intervento di comuni, associazioni professionali, tribunali viene giustificato proprio con questa presunta mancanza, il vuoto normativo appunto.
La realtà è che però non c’è alcun vuoto normativo, la legge c’è ed è molto chiara. La famiglia è una sola, quella naturale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. E non perché sessanta anni fa le convivenze non c’erano e i gay non avevano alcuna intenzione di sposarsi. Il problema dunque non è tanto quello di andare in Parlamento a discutere come riempire il vuoto, ma è quello di chiedere il rispetto e l’applicazione della legge, i cui contenuti restano perfettamente validi. E questo giudizio deve essere chiaro, senza ambiguità. Tutto qui.
Il problema davvero grave è però quello messo in evidenza dalla vicenda della bambina data in affido dal giudice minorile a una coppia di omosessuali: ovvero il clamoroso cedimento di benintenzionati ecclesiastici, intellettuali e politici cattolici alla cultura dominante. Nell’editoriale di ieri ci siamo soffermati già su queste incomprensibili posizioni, oggi dobbiamo registrare l’assurda dichiarazione del suo collega del Nuovo Centrodestra senatore Formigoni (clicca qui per il video), che ripresenta i due principali errori di fondo che vengono ripetuti a ogni piè sospinto. Dichiarazione ancora più sconcertante se si pensa quanto egli si sia adoperato come governatore della Lombardia a favore di vita, famiglia e libertà di educazione. Dice dunque Formigoni: «L’adozione è una cosa stabile e quindi ogni bambino ha bisogno di un papà e di una mamma. Se non ha quelli naturali perché li ha persi, ci sono delle norme per cui può essere dato in adozione. Affidato a una coppia gay… affidato a due persone. Se queste due persone lo curano, se ne fanno carico, non si spacciano per il papà 1 e il papà 2 - perché questo sarebbe gravissimo sennò confondono le idee al bambino -, se se ne occupano in maniera stabile e permanente non avrei dubbi».
Insomma Formigoni dimostra di non conoscere la legge e probabilmente di non essere stato in Italia negli ultimi anni. Egli infatti sembra sostenere che mentre per le adozioni ci sono norme che danno indicazioni stringenti, per l’affido in fondo c’è ampia discrezionalità. Come invece abbiamo già scritto, le norme sono precise anche per l’affido e non si dice da nessuna parte che un bambino possa essere affidato a due persone che non sono famiglia. Ecco invece cosa si trova nella legge 149 del 2001, che modifica la legge 184 del 1983:
«Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo (…) è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato…».
Una famiglia con figli, una persona singola, una comunità familiare o un istituto di assistenza (comunità e istituto sono definiti per legge): come si vede non c’è nessun riferimento a due persone che oltretutto dovrebbero far finta di non essere omosessuali, e al senatore Formigoni non mancheranno certo i mezzi per farsi spiegare perché il legislatore abbia previsto questa graduatoria.
In secondo luogo, a Formigoni così come ai vari ecclesiastici, giuristi e psicologi che lo hanno preceduto non potrà essere sfuggito – a meno di una loro lunga assenza dal paese - che da qualche anno c’è in azione una forte lobby gay che coglie qualsiasi pretesto per imporre l’ideologia di genere in Italia – così come nel resto del mondo - e farla diventare legge.
Questo dell’affido, se dovesse essere confermato, sarebbe un passo avanti decisivo per il riconoscimento della coppia omosessuale come “normale”, equiparabile alla famiglia naturale anche nei suoi compiti educativi. Tanto più che la notizia è stata data proprio con questo intento: “Bambina affidata a coppia gay”. E invece di scandalizzarsi perché si usano i bambini per promuovere campagne ideologiche, questi intellettuali e politici cercano tutti i modi per rendere accettabile una ignobile strumentalizzazione.
Vede, cara onorevole Roccella, queste uscite infelici suggeriscono che prima di ingaggiare un braccio di ferro con gli avversari in Parlamento, forse sarebbe meglio provare a istruire alcuni colleghi che militano nel suo campo per evitare di ritrovarseli sul fronte sbagliato durante la battaglia.
Cordialmente
Riccardo Cascioli