"aCdC", come ti riscrivo la storia delle Crociate
La serie di documentari di Rai Storia "aCdC" è zeppa di pregiudizi e luoghi comuni anticlericali. Censura le violenze della dominazione islamica in Sicilia e riscrive completamente la storia delle Crociate.
La serie di documentari «aCdC» che Rai Storia dedica alla storia dell’umanità va in onda tutti i giovedì e, tanto per cambiare, si tratta quasi sicuramente di traduzioni di roba targata Bbc, cui attinge a piene mani anche Piero Angela & Son per le sue trasmissioni, pure queste in prima serata, su Rai3.
Per pura curiosità avevo cominciato a guardare la puntata dedicata ai Normanni, piantandola lì quando lo speaker iniziò a svaccare (cosa che, confesso, mi aspettavo data la sospettata provenienza del prodotto) sulla «fame di potere» della Chiesa e di quanto fosse bella e raffinata l’epoca musulmana della Sicilia. Ovviamente, non un cenno sui massacri efferati che comportò l’invasione islamica dell’isola e la riduzione a dhimmi dei siciliani fino a quando i Normanni non rimisero le cose a posto, eliminando anche la schiavitù (tratto tipico delle dominazioni islamiche). A quel punto, non potevo perdermi la puntata successiva, visto che si parlava di crociate. La serata era tutta sulla prima di esse, quella di Goffredo di Buglione. La durata –un’ora- costringeva alla sintesi, ma il politicamente corretto c’era tutto. Breve cenno sui pogrom di ebrei da parte dei crociati lungo la via per la Terrasanta, trascurando del tutto il seguito, cioè che quei pogrom furono immediatamente repressi dai vescovi e dai duchi dei luoghi implicati, e pure con mano pesante. I responsabili dei pogrom, poi, facevano parte di quella masnada di gente comune (non cavalieri crociati, dunque) che seguì la predicazione di Pietro l’Eremita.
Per il resto, il procedimento «storico» con cui lo spettatore veniva indottrinato era perfettamente riassunto nel particolare che vado a descrivere. Sulla via di Gerusalemme, i crociati assediano Antiochia e riescono a prenderla. Ma sono subito bloccati dentro alla città da uno smisurato esercito musulmano comandato da Kerbogha. I cristiani sono presto allo stremo, affamati e assetati, nonché grandemente ridotti di numero dalla precedente sconfitta di Dorileo. Uno dei capi, Boemondo di Taranto, dà credito a un contadino, Pietro Bartolomeo, che dice di aver sognato il luogo in cui è sepolta la Sacra Lancia, quella con cui il centurione san Longino trafisse il costato di Cristo. La Lancia viene effettivamente trovata nel punto indicato e ciò galvanizza i crociati fino al punto da indurli a una sortita che miracolosamente mette in rotta l’armata di Kerbogha. Nel commento del documentario il veggente è diventato un «fanatico integralista» che sicuramente deve aver trovato un pezzo di metallo arrugginito. Dal che lo spettatore è indotto a pensare che tutti i crociati, dandogli retta, fossero degli emeriti imbecilli.
Il tempo-trasmissione non consente allo spettatore di riflettere sul fatto che quel «pezzo di metallo arrugginito» era stato pur trovato proprio nel punto esatto in cui il veggente l’aveva sognato. Non c’è tempo nemmeno per accennare al fatto che quel trascurabile «pezzo di metallo» aveva fatto smuovere perfino Hitler, che fece di tutto per procurarsi l’Heilige Lange di Longino. Ma il bello viene ora. Tutti i documenti dell’epoca (ripeto, tutti) sono unanimi nel riferire l’effetto che il ritrovamento della Sacra Lancia ebbe sui crociati affranti e sfiduciati, tanto da ribaltare le sorti di una situazione senza speranza. Ma il documentario è riuscito nell’epica impresa di trovare l’unico monastero in cui è custodito l’unico documento nel quale c’è un unico rigo che accenna al fatto di una trattativa tra Boemondo e Kerbogha: i crociati avrebbero lasciato la città in cambio dell’incolumità personale. È con trionfo che lo speaker annuncia: ecco la verità!
Riassumo il metodo: si è cercata col lanternino l’unica frase, tra migliaia di altre narrazioni, che coincide col pregiudizio dell’autore del testo (il consulente storico, suppongo). E con questa si imbonisce lo spettatore. Tra l’altro, è una frase che, in sé, nulla cambia di quel che da sempre si sa: è ben possibile che i crociati, alla disperazione, abbiano provato a trattare. Ma la storia, quella dei fatti, dice che Antiochia fu liberata con le armi, in campo aperto e in condizioni di assoluta inferiorità numerica. E che Boemondo poté tranquillamente restarci da signore mentre il resto dell’armata crociata proseguiva per Gerusalemme. Come da copione, la presa di Gerusalemme è stata descritta come un massacro gratuito e senza precedenti (quando, invece, i morti furono attorno ai duemila su una popolazione numerosissima), del quale i musulmani, da allora e per sempre, mai si sarebbero dimenticati. E qui finisce il documentario.
Alla faccia della storiografia degli ultimi cent’anni, la quale ci dice che il mondo islamico nel suo complesso quasi nemmeno si accorse delle crociate, che riguardarono solo un paio di secoli e un ristretto ambito territoriale. Solo dopo la campagna d’Egitto di Napoleone, e nelle università europee, gli studenti musulmani appresero quanto facessero schifo (ai professori illuministi) le crociate medievali. Ma dalla Bbc, laicista, politicamente corretta e di cultura antipapista, non ci può aspettare altro. La domanda è, semmai: perché la nostra televisione nazionale non produce suoi documentari anziché rifornirsi continuamente Oltremanica e offrire alla Bbc (o a chi per essa) il monopolio delle teste degli italiani?
Per motivi economici? Be’, con i cachet da dare ai vari Fazio e Crozza effettivamente resta poco in cassa. E poi, ci sta che a fare da consulenti vengano chiamati Augias o Rodotà, e la pezza risulterebbe peggiore del buco. Niente, l’unica salvezza è affidata al telecomando.