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APPROPRIAZIONE INDEBITA

A quelli dell'ultima fila è bastato il lembo del mantello

Cronaca di una giornata storica tra il popolo di Wojtyla. Visi stanchi e lieti, e cuore gonfio di gratitudine per il beato Giovanni Paolo II.

cerimonia di beatificazione

Il treno arriva alle 6 alla Stazione Tiburtina di Roma. Dalle carrozze sciamano frotte di pellegrini partiti nella notte per partecipare alla cerimonia di beatificazione di Giovanni Paolo II. Mezz’ora prima sul cellulare era arrivato da un amico romano un messaggio che sembrava scoraggiare i propositi arditi di raggiungere San Pietro: «La piazza è piena, via della Conciliazione è un muro di folla». Febbrili consultazioni: dunque che si fa? Dove si va? Per seguire la cerimonia sono stati installati alcuni (pochi) maxischermi in punti strategici della città. Si decide in fretta: andiamo da lui, il più vicino possibile al cuore dell’evento. Avanti dunque, fin dove si riesce.
La metropolitana trabocca di pellegrini. Quando si sale in superficie e ci si avvicina alla meta, è subito evidente che piazza San Pietro e via della Conciliazione sono ormai off-limits. Si punta verso Castel Sant’Angelo, ma anche lì il popolo di Wojtyla trabocca da ogni parte. 

Si procede in ordine sparso, ognuno cercando la via migliore per arrivare alla meta. «Por aqui, por aqui, vamos por aqui», grida il capocomitiva di un gruppo di spagnoli fasciato dalla bandiera nazionale. Un manipolo di veneti ha preso la sua decisione: «Qui xe tuto pien, femo el giro e ’ndemo a vederlo a ’sto benedeto maxischermo al Circo Maximo». Con i compagni di pellegrinaggio decidiamo di appostarci su un marciapiedi da dove si scorge in lontananza il maxischermo montato sotto le mura di Castel Sant’Angelo. Prima che la cerimonia di beatificazione cominci, scorrono le immagini del pontificato di Giovanni Paolo II che, così lontano, è un nanetto. Non si vede quasi niente. Tutta questa fatica per così poco? Ne valeva la pena?
Viene in mente l’episodio del Vangelo di Matteo in cui la gente sgomita per veder passare Gesù e chiedere la guarigione. Molti non ce la fanno, restano indietro nella calca, cercano di toccare almeno un lembo del suo mantello. Basta quell’impercettibile contatto con qualcosa che gli appartiene per essere raggiunti dalla potenza della Grazia. Partecipi di qualcosa di grande, inimmaginabile eppure così desiderato.

La cerimonia di beatificazione
dura più di due ore sotto un sole che, in barba alle previsioni meteo, ha preso possesso del cielo di Roma (non è il caso di gridare al miracolo, ma probabilmente anche in questo c’è lo zampino del festeggiato). Si vede poco, non si sente quasi nulla, ma quando Benedetto proclama beato il suo predecessore, l’applauso si alza commosso e incessante dalla folla di noi "ultimi". Sono centinaia di migliaia gli ultimi che si sono accontentati di guardare i maxischermi, ma si sentono partecipi dell’evento esattamente come i fortunati che stanno nelle prime file di piazza San Pietro. Lontani e proprio per questo consapevoli dell’unico motivo per cui vale la pena essere qui: dire grazie al padre e all’amico che ci ha testimoniato cosa può fare Cristo di un uomo che si lascia afferrare da Lui.

Quando il treno nel pomeriggio ci riporta a Milano, nella mente scorrono le poche immagini che siamo riusciti a captare su quel maxischermo così poco "maxi". Visi stanchi e lieti, il cuore gonfio di gratitudine per essere stati "dentro" quell’evento di grazia che ha radunato da tutto il mondo capi di stato e gente semplice. A noi, popolo dell’ultima fila, è bastato avere sfiorato il lembo del mantello per diventare partecipi. Il miracolo è avvenuto anche per noi.

 

tratto da Avvenire 2-5-2011