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MEDIO ORIENTE

A Gaza, Hamas è isolato. E l'Iran invia missili nel Sinai

Hamas, il movimento islamico palestinese, è stato bandito dall'Egitto e i suoi militanti privati della cittadinanza. Il generale Al Sisi, dal Cairo, ha chiuso valichi e tunnel per Gaza. Ma intanto arriva un misterioso carico di missili.

Esteri 07_03_2014
Gaza, bandiera palestinese

L'ultima tegola è arrivata ieri: adesso pare che al Sisi abbia intenzione di revocare la cittadinanza egiziana a migliaia di palestinesi di Hamas. Gli stessi che appena una manciata di mesi fa l'avevano molto generosamente ottenuta da Mohammed Morsi, il presidente che aveva portato i Fratelli Musulmani nella stanza dei bottoni al Cairo. Piove sul bagnato per Hamas: giusto a inizio settimana il movimento islamista palestinese è stato definito un'organizzazione illegale in Egitto. Ma è una sorpresa solo fino a un certo punto: è ormai dal mese di luglio, infatti, che il nuovo uomo forte del Cairo ha messo nel mirino Gaza.

Troppo stretti i legami tra Hamas e i Fratelli Musulmani. E così proprio quello che solo un anno fa sembrava il grande colpo di fortuna del movimento islamista palestinese, si è trasformato nella sua condanna. Sono mesi che le forze di sicurezza egiziane stanno facendo quanto Mubarak non aveva mai osato fare: stanno smantellando i tunnel che permettevano l'ingresso delle merci (e delle armi) a Gaza. Sugli oltre 1500 che erano, pare ne siano rimasti appena qualche decina. In più il valico di Rafah - quello che unisce la Striscia all'Egitto - funziona con il contagocce; anzi: dal 10 febbraio è proprio chiuso ermeticamente. L'altro giorno persino la premio Nobel per la pace Mairead Maguire è stata rimandata indietro.

Tutto questo sta portando Hamas sul lastrico: ora l'embargo israeliano si fa sentire sul serio e governare oltre 1,6 milioni di persone in queste condizioni è un'impresa praticamente impossibile. Come se non bastasse, poi, ci sono le difficoltà politiche di Hamas, finita anche nel tritacarne della crisi siriana: storica alleata di Damasco - e in forza di questo foraggiata abbondantemente dagli iraniani pur essendo una forza sunnita - si è trovata giocoforza dall'altra parte della barricata, quando i Fratelli Musulmani (di cui è emanazione) si sono schierati contro Assad. Quindi ora ha perso anche l'appoggio di Teheran. Restavano il Qatar e la Turchia di Erdogan, l'altra stella emergente della regione fino a poco tempo fa; ma adesso anche quest'ultimo ha ben altro a cui pensare nella sua Turchia.

Hamas oggi è talmente debole che al suo interno c'è addirittura qualcuno che comincia a intonare l'eterno ritornello dell'accordo con Fatah, la fazione rivale per eccellenza nello scacchiere palestinese. Ma la verità è che intorno a questa debolezza tante pedine si sono rimesse in gioco. È dell'altro giorno la notizia del blitz della marina israeliana che nelle acque internazionali tra l'Etiopia e il Sudan ha intercettato una nave battente bandiera panamense carica di missili a lunga gittata, in grado di raggiungere obiettivi anche a 250 chilometri di distanza. Tanto per rendere l'idea: i Grad - i missili più potenti lanciati finora da Gaza - non vanno oltre i 70 chilometri, che in linea d'aria significa la periferia di Tel Aviv. Sulla nave Klos C c'erano dunque missili di fabbricazione siriana M-302, dello stesso tipo di quelli che durante la Seconda Guerra del Libano furono sparati su Israele infliggendo pesanti danni e vittime. Secondo il Mossad sarebbero stati trasferiti dalla Siria in Iran su ordine delle Guardie Rivoluzionarie di Teheran; da qui avrebbero fatto poi rotta verso il porto iracheno di Umm Qasr dove sarebbero stati nascosti in blocchi di cemento per prendere nuovamente il mare alla volta del Sudan. Un'operazione - dunque - in grande stile (e anche parecchio dispendiosa) messa in campo dagli strateghi iraniani. Ma con quale obiettivo specifico?

L'intelligence israeliana ha presentato il suo blitz come il blocco di un carico di armi diretto a Gaza, quasi in un inspiegabile ritorno di fiamma con Hamas. Non si capisce, però, in quale modo quei missili ci sarebbero potuti arrivare dentro la Striscia. Non certo via mare, essendo l'enclave governata da Hamas sottoposta dal 2006 a un blocco navale della Marina israeliana. Anche via terra - però - far entrare qualsiasi cosa a Gaza è diventata un'impresa. E l'Egitto di al Sisi di certo oggi non è disposto a chiudere un occhio su missili a lunga gittata che potrebbe finire per trovarsi puntati contro. Possibile - allora - che gli iraniani organizzino un carico del genere senza tener conto che Gaza oggi è irraggiungibile?

La risposta più logica a questa domanda è anche la più semplice: probabilmente quei missili non erano affatto destinati a Gaza, ma a quel crocevia del terrore che è diventato il Sinai. Un'area che l'esercito egiziano oggi non è in grado di controllare, perché dominata dalle milizie islamiste e dalla criminalità dedita alla tratta degli immigrati. Ma anche un'area in cui la stessa aviazione di Israele non si azzarda a mettere becco, perché qualsiasi operazione manderebbe in frantumi i fragili equilibri con l'Egitto. Dunque mese dopo mese il Sinai sta diventando il nuovo buco nero del Medio Oriente. Che - visto però con gli occhi degli iraniani - significa anche un'opportunità da cogliere.

Lo scenario più probabile è che con il suo carico di missili Teheran puntasse a rafforzare le sue posizioni nel Sinai, attraverso la milizia palestinese rimasta a lei fedele e cioè la Jihad islamica. Che poi - probabilmente - è anche la concorrente più temibile oggi per Hamas. Schierare gli M-302 nel Sinai significherebbe poter disporre di una nuova linea di fuoco rispetto a Israele, indipendente rispetto all'ormai inaffidabile Hamas. Un'arma da tener lì anche nel caso che a qualcuno a Gerusalemme venisse voglia di rispolverare l'idea dei raid sugli impianti nucleari iraniani.

Insomma: nella guerra a tutto campo per il controllo della regione c'è anche un fronte tra Gaza e il Sinai, sempre più caldo. E non è affatto detto che la debolezza di Hamas oggi sia una buona notizia per Israele.