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IL PELLEGRINAGGIO

10 anni dopo: la traversata del deserto dei gruppi stabili

A dieci anni dall'entrata in vigore del Summorum Pontificum, l'associazione dei gruppi stabili per la messa in forma straordinaria organizza un pellegrinaggio a Roma: conferenze con Muller e Sarah, i vespri con Ganswein, via Crucis e Adorazione eucaristica. E il clou, il pontificale con il cardinal Caffarra che per la prima volta celebrerà in pubblico la cosiddetta messa in latino. Le ragioni di una primavera spirituale che non ha nulla a che vedere con la nostalgia.

Ecclesia 05_09_2017
Dario Castrillon Hoyos celebra la messa in forma straordinaria a Loreto nel 2007

Il 14 settembre di dieci anni fa la Basilica inferiore di Loreto ospitò la prima messa codificata in Forma extraordinaria da Benedetto XVI attraverso il motu proprio Summorum Pontificum che quel giono entrava in vigore. Era quella la prima volta che la messa gregoriana o tridentina o più gergalmente “la messa in latino” veniva ufficialmente sdoganata e celebrata senza le precedenti regole indultiste che l’avevano di fatto ghettizzata nel limbo negli anni post conciliari. I fedeli arrivarono sparsi qua e là da diverse parti d’Italia. A celebrare il Cardinale Dario Castrillon Hoyos che da presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei aveva già preparato il terreno alcuni anni prima in Santa Maria Maggiore, dove è sepolto San Pio V, il 24 maggio 2003, nel corso di un pontificale nel quale ribadì che quel rito non era mai stato abolito e aveva piena cittadinanza nella vita della Chiesa. In quell'omelia c'era in nuce il futuro testo del Motu Proprio di Benedetto XVI: "Il rito cosiddetto di San Pio V non si può considerare come estinto e l’Autorità del Santo Padre ha espresso la sua benevola accoglienza verso i fedeli che, pur riconoscendo la legittimità del rito romano rinnovato secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, rimangono legati al precedente rito e trovano in esso valido nutrimento spirituale nel loro cammino di santificazione".

I fedeli che si radunarono a Loreto nel 2007 erano quel piccolo mondo tradizionalista che aveva custodito l’usus antiquor come una perla preziosa. Non erano lefevbriani o fedeli sedevacantisti, come si cercò di derubricarli all’epoca. Però erano pochi e per nulla organizzati. Da quel giorno molti di loro, sfruttando le ampie concessioni e la legittimazione offerta dal motu proprio iniziarono, tornati nelle loro comunità, a organizzare i primi gruppi stabili per la celebrazione della forma straordinaria che oggi sono cresciuti a tal punto da diventare più di 100 sul territorio nazionale. A volte dovettero scontrarsi con i loro vescovi, in altri casi hanno trovato pastori attenti e paterni.

E’ un piccolo miracolo di come la legge della Chiesa possa far nascere e fruttificare le esperienze più genuine di fede e di devozione. I gruppi stabili oggi sono tanti, sparsi qua e là e soprattutto stanno iniziando a mettere fuori la testa per nulla intimoriti dai vecchi retaggi di cui ancora spesso sono bersaglio in una primavera spirituale che sta iniziando a dare anche le sue prime vocazioni.

Dieci anni dopo è una situazione notevolmente mutata quella che ci si ritroverà a commentare dal 14 al 17 settembre prossimi all’Angelicum di Roma e nella Basilica di San Pietro. E’ là, sotto l’altare della cattedra del principe degli Apostoli che il cardinale Carlo Caffarra per la prima volta celebrerà pubblicamente la messa tridentina a suggello di un pellegrinaggio per certi versi storico.

La messa in latino è stata accettata forma pienamente valida e proficua della vita liturgica della Chiesa, ma restano le polemiche accademiche di alcune eltie su presunti golpe liturgici volti a cancellare la riforma di Benedetto XVI, che nel dare piena legittimità alla forma straordinaria, ribadiva la necessità di una contaminazione positiva tra le due forme.

D’altra parte non poteva essere altrimenti perché i fedeli dei gruppi stabili non hanno nulla a che fare con i rigurgiti passatisti e nostalgici e i sacerdoti che vi si accostano per la prima volta sono pronti a testimoniare i grandi benefici spirituali in ordine alla propria fede. Alle messe in latino oggi vanno fedeli giovani, tra i 30 e i 50 anni, cresciuti spiritualmente e sacramentalmente nella nuova messa della quale però hanno sofferto gli abusi, la dimensione verticale e l’abritrarietà clericale, che non hanno mai vissuto la forma preconciliare della messa e dunque non ne possono provare nostalgia. Però hanno toccato con mano la ricchezza di sacro e di spiritualità che promana da una messa che da San Gregorio in poi ha forgiato nella fede l’intera civiltà cristiana e alimentato la spiritualità di innumerevoli santi della Cristianità come ebbe a dire lo stesso Castrillon Hoyos in riferimento a Giovanni Paolo II per il quale "questa veneranda forma liturgica, che alimentò la sua infanzia e giovinezza, che fu quella della sua ordinazione presbiteriale, della sua prima Messa, della sua consacrazione episcopale, e che quindi forma parte della sua più bella e spirituale corona di ricordi".

Sacro, silenzio, dimensione sacrificale, rigore liturgico come metodo e non come orpello, profondità teologica della preghiera: nella messa in forma straordinaria questi aspetti sono accentuati e valorizzati e i fedeli che vi si accostano ogni anno in numero crescente sentono di sentirsi sul Golgota con Maria, non cercano il formalismo fine a se stesso, ma soltanto di essere fedeli al dettato conciliare che la messa è fonte e culmine della vita cristiana. Dunque, è luogo privilegiato di incontro con Dio. E quando si fa un incontro, si vorrebbe che questo fosse il più perfetto e puro possibile. Non c’è naftalina né ideologico approccio. C’è solo il desiderio di accostarsi ad un incontro decisivo, che poi si traduce in carità nella verità.  E se il latino è un ostacolo per alcuni, è uno scoglio che si può superare agevolmente, perché la messa non va capita, ma semplicemente vissuta.

La grande intuizione di Benedetto XVI, Papa pienamente conciliare tanto da essere più inviso di altri pontefici ai lefevbriani, è stata proprio quella di aver ribadito che non siamo di fronte a due riti, ma ad un unico rito che si sviluppa in due forme, che possono arricchirsi a vicenda, tanto che, e questa è materia recente, non è più un abominio parlare di un unico rito che recepisca le contaminazioni positive di entrambe le forme. Nel segno della riconciliazione liturgica.

L’unione dei gruppi stabili, chiamata Coetus Internationalis Summorum Pontificum ne parlerà giovedì 14 settembre all’Angelicum con il cardinale Gherard Muller e il prefetto per il culto divino cardinal Robert Sarah, insieme a un ricchissimo parterre di ospiti, tra cui il prefetto della casa pontificia monsignor George Ganswein, che celebrerà i vespri solenni in forma straordinaria. Poi, tra pellegrinaggi, via crucis e adorazione eucaristica, sabato alle 11 il momento atteso: la celebrazione della messa celebrata dal Cardinal Caffarra che suggellerà nel cuore della Roma Cristiana i primi dieci anni che hanno riportato la liturgia al centro.