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ISRAELE

Immobili contesi e preghiere "contestate", si riaccende la Terrasanta

Un attentato tra la folla a Tel Aviv è l'episodio più clamoroso di una nuova ondata di violenze che sta infiammando la Terrasanta. Epicentro, come solito, Gerusalemme Est. L'appello dei Patriarchi e dei capi delle Chiese locali a Gerusalemme.

Esteri 09_04_2022
Gente in preghiera sul luogo della sparatoria a Tel Aviv

Ancora morti e feriti. Sia tra gli israeliani, che tra i palestinesi. La tensione aumenta di giorno in giorno. Sotto i colpi di arma da fuoco perdono la vita ignari ed inermi cittadini. Tel Aviv, Jjfna, Gerusalemme, Jenin e Ramallah sono le città dove ancora scorre il sangue.

A Tel Aviv, giovedì scorso, in una via principale molto affollata, un giovane ha aperto il fuoco uccidendo due persone e ferendone quindici. L’aggressore è stato ucciso, dopo una ricerca che ha coinvolto centinaia di agenti delle forze speciali dell'esercito israeliano. I militari hanno trovato l’assassino nascosto nelle vicinanze di una moschea, a Jaffa, centro a sud di Tel Aviv, ed è stato identificato come un palestinese di 28 anni, di Jenin, una città della Cisgiordania.

Sdegno e sgomento si diffondono tra la popolazione, mentre il presidente dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha espresso la condanna per l'uccisione dei civili israeliani. Ultimo assassinio di matrice terroristica da ricondurre alla lunga scia di sangue che ha origini lontane.
Era il mese di settembre del 2000, quando Ariel Sharon, allora capo dell’opposizione nel Parlamento israeliano, accompagnato da una scorta armata di circa mille uomini, compì un gesto dimostrativo, ma da molti inteso come un’aperta sfida: fece il suo ingresso, in modo ostentato, nel luogo dove sorge la Cupola della Roccia, uno dei luoghi più sacri per i musulmani. Il sito è oggi chiamato anche Spianata delle moschee, comprendente tre edifici per la preghiera islamica, e Monte del Tempio, perché identificato dalla tradizione come il monte Moriah, dove avvenne il sacrificio di Isacco. Un luogo pregno di significati e di sovrapposizioni storiche. Ebbene, quel gesto di Sharon scatenò la ribellione dei palestinesi e diede inizio alla Seconda intifada, che per intensità e portata si distinse, particolarmente, dalle altre proteste.

Dopo oltre vent'anni è sempre Gerusalemme Est, il luogo dove, come allora, prende inizio la protesta dei palestinesi. Porta Damasco e Sheikh Jarrah sono i luoghi dove oggi si verificano quasi quotidianamente degli scontri. Alla base della recrudescenza vi è anche la decisione del Governo israeliano di espropriare aree di Gerusalemme Est, occupate dai palestinesi. Lo scorso mese di marzo, la Corte Suprema israeliana ha deciso, nonostante che il processo non sia ancora terminato, che quattro famiglie palestinesi potranno restare nelle loro case versando una quota ridotta, al tribunale, come affitto.
Queste richieste di abbandono delle abitazioni, da parte ebraica, sono diventate motivo di scontro tra palestinesi e israeliani, e lo scorso anno portarono ad una guerra tra Israele e Gaza.

Alcuni attentatori non provengono, però, da fuori Israele. Sono arabi con passaporto israeliano. Alcuni di loro provengono da Umm el Fahem, una cittadina del distretto di Haifa, di circa 50mila abitanti, tutti arabi israeliani, ed esclusivamente di religione musulmana.
Umm el Fahem è anche la città di Mansour Abbas, parlamentare palestinese alla Knesset, contestato dai suoi elettori, il cui partito è parte integrante della coalizione che appoggia il governo di Naftali Bennett. Governo che ha perso la maggioranza, dopo l'abbandono di Idit Silman, rappresentante dello stesso partito del premier. Il parlamentare ebreo ha auspicato, nel frattempo, la formazione di un nuovo esecutivo di destra. Il motivo della protesta è di tipo religioso e riguarda il mancato rispetto della kasherut pasquale (norme alimentari ebraiche) negli ospedali pubblici.
Dunque, uno stallo istituzionale. La coalizione di governo non gode più della maggioranza alla Knesset. Governo e opposizione sono bloccate, in parità, con 60 parlamentari ciascuno.

Ma perché questi ripetuti attacchi da parte di palestinesi contro gli israeliani?
L'Autorità Palestinese, Hamas e la Jihad islamica palestinese hanno individuato un collegamento diretto tra la recente ondata di terrorismo in Israele e le tensioni in corso a Gerusalemme: si tratta di un fenomeno poco noto, quello della presenza di ebrei che si recano nella Spianata delle moschee per pregare.
Da parte palestinese si vuol fare pressione su Israele affinché si interrompano queste provocazioni e si allentino le misure di sicurezza adottate per il mese del Ramadan, da poco iniziato, all'interno e intorno alla città vecchia di Gerusalemme. 

Che le autorità di Gerusalemme tendano ad “ebraizzare” la città santa è una realtà. Oltre a Gerusalemme Est, è sotto attacco anche il quartiere cristiano. Evidenti sono le provocazioni effettuate dai militanti dell’organizzazione israeliana Ateret Cohanim, come nel caso del Petra Hotel, un albergo adiacente la porta di Giaffa, a poche centinaia di metri dalla sede del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini.
Si tratta di una sfida per il possesso di un albergo per pellegrini, rivendicato dal Patriarcato greco ortodosso, che si dichiara legittimo proprietario, ma, che secondo Ateret Cohanim sarebbe stato acquistato dalla stessa organizzazione, legata al movimento dei coloni israeliani e da decenni coinvolta in operazioni di espansione immobiliare a Gerusalemme Est, concentrate in particolare nel quartiere cristiano.

Come gesto di solidarietà alla direzione e ai dipendenti della struttura, una delegazione di capi delle Chiese di Gerusalemme, accompagnata da rappresentanti diplomatici di altri Paesi e personalità islamiche, ha visitato l’edificio conteso. La delegazione comprendeva, tra gli altri, il patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III, il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton ofm, e il vescovo Giacinto Boulos Marcuzzo, già vicario patriarcale per Gerusalemme e Palestina del Patriarcato latino di Gerusalemme. Alla visita all’edificio conteso ha preso parte anche Hatem Abdel-Qader, segretario generale del Comitato islamico-cristiano per il sostegno a Gerusalemme e ai Luoghi Santi. 

Ma non solo. I Patriarchi e i Capi delle Chiese locali a Gerusalemme preoccupati per quanto sta accadendo in questi giorni in Terra Santa, hanno emesso un comunicato, in cui si legge:

«Nelle ultime due settimane si sono verificati atti di violenza indiscriminata in varie parti della nostra Terra Santa. Questi a loro volta hanno portato a violenti scontri in tutta la regione. Più di una dozzina di persone hanno perso la vita a causa di questi attacchi e dei conflitti che ne sono seguiti. Altri hanno subito gravi ferite.
Noi, Patriarchi e Capi delle Chiese locali di Gerusalemme, condanniamo questi e tutti gli atti di violenza contro ogni persona umana, e offriamo le nostre preghiere e la nostra amicizia alle famiglie per la perdita dei loro cari. Preghiamo anche per le persone ferite.
Con questo improvviso aumento dello spargimento di sangue, condividiamo la diffusa preoccupazione in vista delle tre grandi feste religiose abramitiche: Ramadan, Pesach e Settimana Santa/Pasqua. Invitiamo le autorità governative alla massima sorveglianza.
In queste prossime settimane, che sono sacre per le nostre rispettive tradizioni religiose, incoraggiamo tutte le persone di buona fede a camminare sulla via della pace».