Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL PROBLEMA

Coppie gay, la stepchild adoption è stata già digerita

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Tiene banco il caso dei 37 atti di nascita - sotto la lente della Procura di Padova - con registrate “due mamme”. Ma se alla base ci fosse stata la stepchild adoption, probabilmente la Procura non avrebbe eccepito nulla. Perché questo istituto è stato stravolto da giudici ideologici. E ora lo appoggia anche il ministro Roccella.

Editoriali 22_06_2023

Dal 2017 il Comune di Padova ha registrato come figli di coppie lesbiche ben 37 bambini. Tutte queste coppie erano andate all’estero per sottoporsi alla fecondazione eterologa, dato che in Italia l’accesso a tale pratica è consentito, ex lege 40/2004 come modificata dalla Consulta, solo alle coppie eterosessuali. In tal modo una delle due donne della coppia omosessuale risultava essere genitore legale perché madre biologica del bambino, dato che aveva fornito l’ovocita e aveva partorito il bambino. Però anche la compagna della madre, avendo lei prestato il consenso alla fecondazione eterologa, poteva risultare, per l’ordinamento straniero, genitore legale del bambino. Ma solo per lo Stato estero, non per il nostro ordinamento giuridico.

Infatti la Legge 40, come accennato, consente l’eterologa solo alle coppie etero e inoltre c’è un’ampia giurisprudenza che afferma che non ci può essere riconoscimento automatico della doppia omogenitorialità formatasi al di là dei confini nazionali. Lo ricordava nell’aprile di quest’anno il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi rispondendo ad un question time alla Camera, voluto per chiarire alcuni aspetti della sua circolare in merito all’omogenitorialità formatasi all’estero, in cui espressamente dichiarava che “il riconoscimento della filiazione da parte di altro genitore avente lo stesso sesso della madre partoriente non [è] consentito dalla normativa vigente e tale preclusione è ampiamente suffragata da consolidata giurisprudenza”.

Quindi, nonostante la legge lo vieti e la giurisprudenza pure, ecco che il Comune di Padova ha scelto comunque di registrare come figli di entrambe le donne di coppie omosessuali ben 37 bambini. La Procura di Padova ha però deciso di rimettere ordine iniziando dalla prima registrazione, quella avvenuta nel 2017. E così la madre biologica della coppia lesbica che ottenne la doppia registrazione dal Comune si è vista notificare un atto giudiziario con il quale il procuratore chiede al Tribunale la rettifica dell’atto di nascita della bambina della coppia, tramite la cancellazione del nome della madre non biologica, e la rettifica del cognome attribuito alla figlia, attraverso la cancellazione di quello della compagna della madre biologica. E pare che la Procura voglia procedere in modo analogo anche per tutti gli altri 32 casi rimanenti. Va da sé che per i bambini e per le donne non madri biologiche nulla di fatto cambierà, dato che le donne non madri biologiche continueranno a frequentarli e crescerli come prima.

La Procura ha motivato la sua decisione affermando che “va contro le leggi, e i pronunciamenti della Cassazione, un atto di nascita registrato con due mamme". Molti hanno visto nel riferimento ai pronunciamenti della Cassazione un chiaro rimando alla sentenza del dicembre scorso, la 38162 del 2022, ma a torto perché quella sentenza riguardava l’utero in affitto, pratica che non interessa il caso di questi 37 bambini.

Tutto bene, dunque? Non proprio. Per spiegarlo dobbiamo affrontare la questione partendo un po’ alla lontana. Il nostro ordinamento giuridico prevede tre modalità per diventare genitore. La prima: la genitorialità naturale, ossia uomo e donna si accoppiano e nasce un figlio. Le coppie omosessuali sono escluse per natura da questa modalità. La seconda: tramite la fecondazione artificiale. Le coppie omosessuali sono escluse per legge da questa modalità. La terza: l’adozione. Le coppie omosessuali possono ricorrere a questa modalità, non grazie alla legge sulle adozioni, ma grazie all’interpretazione ideologica della legge sulle adozioni da parte dei tribunali che, nel corso degli ultimi anni (tra tutte ricordiamo la sentenza della Cassazione del 2018), hanno stravolto il significato dell’istituto della stepchild adoption ("l'adozione del figliastro", ndr) presente nell’art. 44, comma 1, lett. d), della Legge 184/1983. I giudici non potrebbero applicare l’art. 44 alle coppie omosessuali che hanno chiesto tale forma di adozione perché, come abbiamo spiegato più volte da queste colonne (Adozioni gay: via libera dal giudice, come previsto; Fatta la legge si ripete l'inganno: altre adozioni gayAcrobazie legali sulla pelle dei bambiniI giudici replicano: altra adozione per una coppia gay), mancano le condizioni previste dalla lettera d) del medesimo art. 44. La lettera d) presuppone infatti che il minore versi in stato di abbandono (così la stessa Cassazione nel 2013) e si tenti invano l’affidamento preadottivo. Tentata questa via senza successo si può dare in adozione il minore anche ad una coppia di conviventi. C’è da aggiungere che la legge sull’adozione risale al 1983 e mai gli estensori della stessa si sarebbero sognati che i conviventi potessero essere omosessuali. Ergo, ai legislatori non passò nemmeno per la testa di specificare che i conviventi dovevano essere di sesso differente. Questa lacuna, unita ad una voluta interpretazione della legge orientata in senso ideologico, ha permesso illegittimamente ai giudici di consentire la stepchild adoption anche alle coppie gay conviventi o unite civilmente.

Perché questa digressione sulla stepchild adoption? Se le donne, non madri biologiche, di Padova avessero adottato in terra straniera il figlio della compagna, la Procura patavina probabilmente non avrebbe eccepito nulla. Non solo: anche ora tutte queste coppie lesbiche potrebbero evitare la censura della Procura semplicemente ricorrendo allo stratagemma della stepchild adoption. Le coppie non intendono farlo perché la compagna che ne farebbe richiesta risulterebbe quasi un genitore di serie B, perché solo genitore adottante, non un vero e proprio genitore come la madre partoriente. Non si posizionerebbe giuridicamente, socialmente e psicologicamente al suo stesso livello.

La soluzione della stepchild adoption per le coppie gay che vogliono diventare genitori è stata suggerita dalle già ricordate sentenze della Cassazione, dal ministro Piantedosi nel già citato question time e da ultimo dal ministro della Famiglia Eugenia Roccella che sul Corriere della Sera, proprio in riferimento alla vicenda patavina, indica come soluzione “la strada dell’adozione in casi particolari”. Un cambio di rotta notevole da parte del ministro Roccella, la quale solo nel 2016, all’indomani dell’approvazione della legge sulle unioni civili, si dichiarava contraria sia alla stepchild adoption sia, più in generale, all’omogenitorialità.

La decisione della Procura di Padova è minata al suo interno proprio dalla stepchild adoption, la quale potrà mettere in crisi anche tutto l’assetto del nostro ordinamento sulla questione dell’omogenitorialità. Infatti, se guardiamo alle norme possiamo dire tranquillamente che per il nostro ordinamento un bambino può avere come genitori solo un padre e una madre, non due padri e due madri. Basta andarsi a leggere la sezione del Codice civile sulla famiglia, oppure la stessa Legge 40 che vietando la fecondazione extracorporea alle coppie omosessuali ribadisce che i genitori possono essere solo di sesso differente. Ma lo afferma, per paradosso, anche la medesima Legge Cirinnà perché al comma 20 dell’art. 1 esclude la piena equiparazione tra coppie gay e coppie eterosessuali in tema di filiazione, inserendo però uno spiraglio dato proprio dalla stepchild adoption eventualmente permessa dai giudici.

E qui sta il punto debole di tutta questa faccenda: se la doppia omogenitorialità è permessa in un caso - tramite stepchild adoption - non si comprende perché non estenderla anche nel caso dell’eterologa, tecnica con cui sono venuti alla luce i 37 bambini veneti. Accettato il principio - sì alla doppia omogenitorialità - occorre essere coerenti e quindi si deve applicare il principio in tutte le modalità in cui esso si può esprimere: stepchild adoption ed eterologa. Accettate le premesse non si può che accettarne anche le conclusioni. Dunque, la trascrizione automatica della filiazione avvenuta all’estero tramite eterologa da parte di coppie gay è solo questione di tempo. Come è questione di tempo l’eliminazione nella Legge 40 del divieto per le coppie gay di ricorrere all’eterologa.
 

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