Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Pietro Canisio a cura di Ermes Dovico
IL CASO VIGANO'

Se le fake news nascono in Vaticano

Davvero un brutto scherzo del destino l'operazione truffaldina di monsignor Viganò proprio nell'anno in cui il Papa lancia un messaggio contro le fake news. E i tentativi di metterci una pezza stanno solo peggiorando la situazione.

Editoriali 16_03_2018
Foto "artistica", secondo il Vaticano

«Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi». È un passaggio del messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali - il prossimo 13 maggio - dedicata a «Fake news e giornalismo di pace». Davvero un brutto scherzo del destino dover raccontare ora della notizia clamorosamente fake propagata proprio dal Vaticano.

Il fatto è noto: monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione ha presentato alla stampa come messaggio del papa emerito Benedetto di piena approvazione del pontificato di Francesco una lettera in cui invece declinava cortesemente l’invito a scrivere un breve saggio di teologia a corredo della collana “La teologia di Francesco”, scritta da undici teologi per celebrare i cinque anni di papa Bergoglio.

Peraltro ogni giorno che passa si aggiungono nuovi dettagli che ingigantiscono la menzogna, e i tentativi di metterci una pezza peggiorano solo la situazione. A quanto già scritto due giorni fa, infatti, si è aggiunto un altro elemento che sta creando scandalo anche sulla stampa internazionale: la foto ufficiale distribuita dalla Santa Sede in occasione della presentazione de “La teologia di Francesco” è stata ritoccata per evitare che si leggesse la parte della lettera di Benedetto XVI in cui rifiuta l’invito di mons. Viganò. Un gesto molto grave che – come ha sottolineato l’agenzia Associated Press – viola gli standard internazionali su distribuzione e uso di fotografie ai media (le foto non possono essere in alcun modo ritoccate) e incrina perciò il rapporto di fiducia tra le agenzie di stampa e la Santa Sede che fornisce i servizi foto e video.

Un estremo tentativo di giustificazione, arrivato ieri sera attraverso l’agenzia ANSA ad opera di «fonti autorevoli della Santa Sede», ha del surreale: «Nessuno ha voluto nascondere o manipolare nulla – si dice -. La foto di cui alcune testate parlano è una foto chiaramente artistica: infatti una parte della lettera era sfuocata e presentava anche la collana di libri editi dalla Lev». Evidentemente qualcuno in Vaticano è fortemente convinto che nel mondo l’uso della ragione sia stato definitivamente abrogato.

Del resto a dare man forte ci sono i soliti “guardiani della Rivoluzione” che, sfidando il senso del ridicolo, di fronte a tale imbarazzante performance di monsignor Viganò degna de “I soliti ignoti”, se la prendono con i “nemici di Francesco”, che – come si sa – sono «pochi ma molto aggressivi sul web». Secondo tale narrativa, dunque, costoro «vogliono contrapporre» i due Papi e si attaccano a dei particolari per negare ciò che sarebbe comunque il dato di fondo: la continuità tra i due pontificati che nella lettera in questione Benedetto XVI afferma con chiarezza.

È un bel modo di rovesciare la realtà. Infatti, è l’«operazione Viganò» che nasce da una così forte volontà di affermare la continuità tra i due pontificati tale da cercare di usare in modo fraudolento Benedetto XVI allo scopo. Giustamente è stato sottolineato che ciò è stato possibile anche grazie alla mancanza di professionalità di una ventina di colleghi giornalisti che – per distrazione o per interesse – non si sono fatti alcuna domanda quando monsignor Viganò in conferenza stampa ha letto frettolosamente anche la parte della lettera di Benedetto XVI non citata nel comunicato stampa e resa illeggibile nella foto. Ma forse anche questo era un rischio calcolato, di fronte alla possibilità che il 13 marzo uscisse sui giornali di tutto il mondo – come effettivamente è stato - la grande notizia che Benedetto era sceso in campo per sostenere papa Francesco contro i suoi detrattori.

Vale allora la pena ricordare che lo scandalo non sta soltanto nel fatto che della lettera di Benedetto sia stata nascosta una parte, peraltro la più importante, quella che spiegava tutto il resto. Lo scandalo è che sia stata un’operazione studiata a tavolino e che viene da lontano, proprio allo scopo di creare la notizia “Benedetto garantisce per Francesco”. La prima mossa era stata la richiesta al Papa emerito di un breve contributo teologico per dare lustro alla pubblicazione di «volumetti» scritti da teologi di seconda e terza fascia (e già questo la dice lunga sul rispetto che Viganò e compagni hanno per il papa emerito). Al cortese rifiuto, scatta la brillante idea di usare la lettera di Benedetto XVI (datata 7 febbraio) nel modo che sappiamo.

La disonestà arriva al punto di presentare come lettera celebrativa scritta in occasione del quinto anniversario del pontificato di Francesco (quindi destinata al pubblico) una lettera personale di rifiuto di una proposta (quindi casomai da interpretare in modo opposto). Ripeto, una lettera personale (“personale”, “riservato” c’è anche scritto sulla busta che accompagna la lettera) che come tale doveva restare privata. La sua pubblicazione è una chiara violazione della privacy, un furto.

Di fronte a questo clamoroso raggiro, tutto il resto diventa insignificante, comprese le parole di Benedetto XVI, per le quali sarebbe comunque interessante un confronto con la lettera a lui inviata da monsignor Viganò; probabilmente troveremmo nelle parole del Papa emerito una eco della missiva originale, come è consueto in lettere di cortesia, tanto più quando si rifiuta una proposta. Non per niente la Segreteria per la Comunicazione ha respinto la richiesta di alcuni colleghi di accedere alla lettera di Viganò.

Certo, in un mondo normale il responsabile di una simile operazione, proprio nel momento in cui il Papa manda a tutto il mondo un messaggio contro le fake news e i fabbricanti di notizie manipolate, non potrebbe restare al suo posto un minuto di più, se non altro per ridare credibilità all’intero apparato della comunicazione della Santa Sede. Qualche collega ha già chiesto le dimissioni immediate, ma in Vaticano le cose si muovono in modo diverso: più che gli atti pubblici conteranno le guerre interne tra i “guardiani della rivoluzione”, di cui si cominciano a intravvedere le prime avvisaglie.