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amoris laetitia

Sei vescovi e un cardinale per la verità sul matrimonio

Ad oggi ci sono sei vescovi e un cardinale che hanno firmato la “Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale”, un documento originariamente proposto da tre vescovi del  Kazakhistan. Per ribadire che i divorziati risposati non possono mai accedere all'eucaristia se non vivendo castamente

Borgo Pio 07_01_2018
astana

Il documento titolato “Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale” e pubblicato il 2 gennaio (vedi qui il documento integrale) è stato inizialmente firmato da tre vescovi delle diocesi latine del Kazakhistan, Tomash Peta, arcivescovo metropolita dell’Arcidiocesi di Maria Santissima in Astana, Jan Pawel Lenga, arcivescovo-vescovo emerito di Karaganda e Athanasius Schneider, vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana.

Dopo la pubblicazione dell’esortazione Amoris laetitia, si legge nel documento, diversi vescovi hanno emanato «norme applicative riguardanti la disciplina sacramentale di quei fedeli, detti “divorziati risposati”».

Queste norme «prevedono tra l’altro che in casi individuali le persone, dette “divorziati risposati”, possano ricevere il sacramento della Penitenza e la Santa Comunione, pur continuando a vivere abitualmente e intenzionalmente more uxorio con una persona che non è il loro coniuge legittimo. Tali norme pastorali hanno ricevuto l’approvazione da parte di diverse autorità gerarchiche. Alcune di queste norme hanno ricevuto l’approvazione persino da parte della suprema autorità della Chiesa. La diffusione di tali norme pastorali, ecclesiasticamente approvate, ha causato una notevole e sempre più crescente confusione tra i fedeli e il clero».

Di fronte a questo quadro i tre presuli si sentono «costretti in coscienza a professare, di fronte all’attuale dilagante confusione, l’immutabile verità e l’altrettanto immutabile disciplina sacramentale riguardo all’indissolubilità del matrimonio secondo l’insegnamento bimillenario ed inalterato del Magistero della Chiesa». E cioè che «l’ammissione di tali persone alla Santa Comunione può essere permessa solamente quando loro, con l’aiuto della grazia di Dio ed un paziente ed individuale accompagnamento pastorale, fanno un sincero proposito di cessare d’ora in poi l’abitudine di tali rapporti sessuali e di evitare lo scandalo. In ciò si è espresso sempre nella Chiesa il vero discernimento e l’autentico accompagnamento pastorale».

Subito dopo la pubblicazione, due vescovi italiani hanno a loro volta sottoscritto il documento: monsignor Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America, e monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara. Il 5 gennaio ai cinque vescovi si è unito anche il cardinale Janis Pujats, arcivescovo emerito di Riga, in Lettonia, quindi il 6 gennaio ha apposto la sua firma alla dichiarazione il vescovo ausiliare emerito Andreas Laun di Salisburgo, in Austria. Ad oggi quindi hanno firmato il documento 6 vescovi e 1 cardinale, se ne aggiungeranno altri?

La discussione su Amoris laetitia non si placa, nonostante papa Francesco abbia fatto pubblicare sugli Acta Apostolicae Sedis, fascicolo 10/2016, la risposta che lui stesso aveva inviato ai vescovi argentini della regione di Buenos Aires riconoscendo come valida la loro interpretazione del capitolo VIII di Amoris laetitia. E cioè che, in certi casi, la convivenza more uxorio tra due che sposi non sono può non essere un ostacolo per l'accesso all'eucaristia. Resta da capire perchè, nonostante tutto, Francesco non abbia mai risposto ai dubia dei cardinali Walter Brandumuller, Raymond Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner, nè abbia accettato di incontrarli per un chiarimento anche solo in camera caritatis.