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DOPO GLI "APPUNTI"

Quelle allusioni alla salute di Benedetto XVI

Non si ferma la reazione contro il papa emerito Benedetto XVI dopo la pubblicazione dei suoi "appunti" a proposito di abusi sessuali. Ora, alcuni commentatori cercano di insinuare dubbi sulla salute mentale di Ratzinger per avallare l'idea di un complotto anti-Francesco. Una pena.

Editoriali 14_04_2019
Benedetto XVI

Massimo Franco sul Corriere della Sera del 12 aprile scrive a proposito degli appunti sugli abusi stilati da Benedetto XVI e pubblicati nei giorni scorsi: «In realtà, Benedetto ha inviato le diciotto pagine e mezzo sulla pedofilia "per cortese conoscenza" al segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, prima della riunione globale delle conferenze episcopali, per farlo conoscere anche a Francesco. E con una lettera successiva a quel vertice, ha fatto sapere a entrambi di volerla rendere di pubblico dominio, ricevendo un via libera».

Massimo Franco è uomo d’onore, e questa precisazione è centrale, in tutta la storia. Joseph Ratzinger aveva preparato quelle pagine in vista del summit; e l’invio alla Segreteria di Stato, e di conseguenza al Pontefice regnante poteva costituire un delicato, e non esplicitato proprio per delicatezza, suggerimento a usarle come uno degli strumenti preparatori del Summit. Così non è stato; perché, non lo sappiamo, e probabilmente non lo sapremo mai. Ma dunque solo in un secondo momento ne è stata decisa la pubblicazione – a un mese e mezzo dalla fine di quel vertice, che non pochi hanno definito inconcludente – su una piccola rivista tedesca, e sul Corriere della Sera. Quello che avrebbe potuto forse essere riservato solo alla crema delle Conferenze Episcopali mondiali è diventato di pubblico dominio.

Provocando reazioni scomposte. Di cui abbiamo parlato, e a cui accenneremo ancora. Perché? Nessuno che sia in pieno possesso delle sue facoltà mentali, neanche fra i supereccitati descamisados bergoglisti, può pensare che Benedetto XVI sia referente di gruppi (ma quali? Nomi, per favore) tesi alla distruzione di un Pontificato così felicemente regnante. Quello che ha dato, fra l’altro, molto fastidio, è la logica e la razionalità di un documento che indicava responsabilità e processi che hanno favorito gli abusi; e fra questi anche il clima di clique omosessuale nei seminari. Un documento razionale, tanto lucido (condivisibile o meno, questo è un altro discorso) che sottolineava il vuoto delle argomentazioni evocate in maniera sporadica e generica dal vertice: clericalismo, natura umana, potere, e via genericizzando. Fino alla totale cancellazione di quella parola: omosessualità che peraltro emerge con sconcertante, imbarazzante pervicacia dalle caratteristiche delle vittime, dalla tipologia degli abusi e dalle cifre. 

Abbiamo riportato ieri alcune delle voci dei fan del pontificato attuale. Ci mancava Gianfranco Svidercoschi, che afferma: «Sgorga una prima domanda, obbligata, dopo aver letto le diciotto pagine e mezzo che il Papa emerito ha scritto per un mensile tedesco sulla ‘Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali’. E la domanda è ovviamente legata alle precarie condizioni di salute, salute non solo fisica, di Joseph Ratzinger: Ma è stato davvero Benedetto XVI l’autore materiale del lunghissimo testo?».
«E, se qualcuno potrà rispondere credibilmente di sì - prosegue Svidercoschi - una seconda domanda: Ma perché lo ha fatto? Perché non si è limitato a trasmettere questi ‘appunti’ a Papa Francesco? Il fatto che ne siano stati informati, così è stato detto, sia il segretario di Stato, Parolin, sia lo stesso Francesco, non attenua in nulla la gravità di un gesto che, venuto dopo il summit sulla pedofilia, sarà inevitabilmente interpretato come una critica alle conclusioni del vertice vaticano, se non come un attacco a Francesco».

Come abbiamo letto più sopra le domande di Svider hanno avuto una risposta. Interessante però l’accenno alle precarie condizioni di salute. Perché anche un bergogliano di ferro come Luis Badilla, titolare de “Il Sismografo” vi accenna. Badilla accenna a un “cerchio ferreo” che circonderebbe il Papa emerito (ma quale?). E poi attacca i possibili critici del Sovrano Pontefice: «Non si usano i crimini e i peccati per altri scopi come sembra che facciano alcuni analisti e commentatori del saggio di Benedetto XVI. Su questa questione alcune persone vicine al Papa emerito devono chiarire non pochi comportamenti messi in essere da diversi anni. Sarebbe anche vera lealtà nei confronti di Papa Francesco e della Chiesa tutta. Usare la tragedia degli abusi per lotte intestine di potere, di influenze e di carriera è un'ulteriore violenza che si scarica sulle vittime che a questo punto scompaiono perché diventano anonime merce di scambio nelle guerre tra bande e cordate. 
Va bene quanto avrebbe scritto il Papa emerito. Da rispettare anche quando non si è d'accordo con ogni passaggio. Può essere un buon contributo alla lotta contro questa piaga. Si deve però aggiungere, usando il buon senso, che non va bene che alcuni abbiano voluto usare un fenomeno così drammatico come la pedofilia clericale per i loro piccoli giochi, nascondendosi dietro un uomo e un sacerdote come Joseph Ratzinger che merita un rispetto e un affetto sconfinati, soprattutto nelle ore della dura vecchiaia e della severa malattia».

Lasciamo perdere – ma solo per un momento - per amor di Chiesa il problema di chi ha usato, e usa, protagonisti di abusi o di coperture (McCarrick, Zanchetta, Maradiaga, tanto per citare solo i più recenti) per questioni di potere. Vediamo questo concentrarsi sulla severa malattia. Fisica, forse; ma il cervello di Benedetto XVI è lucido, come testimonia chiunque giunga in contatto con lui. Non è in cura, da anni, per problemi legati alla testa. Non presenta sintomi di instabilità, o di disequilibrio. O comportamenti che possano far sospettare la presenza di una sindrome bipolare. A che malattia vogliono accennare questi untuosi difensori – a parole - del papa emerito?