Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina d’Alessandria a cura di Ermes Dovico
L’ESEMPIO

Maria Goretti, lo scandalo della santità autentica

Oggi ricorre la memoria liturgica di santa Maria Goretti (1890-1902), una fanciulla che preferì la morte pur di custodire la propria verginità. Una virtù che nella nostra epoca sa di scandalo per l’ideologia dominante, che vede il sesso come fine a sé stesso anziché ordinato a un bene più grande. Che fu poi compreso dal suo carnefice, capace con l’aiuto del Cielo di una vera conversione.

Ecclesia 06_07_2019

Si è spesso detto che nei tempi in cui viviamo è difficile scandalizzarsi di qualcosa. Rimuovendo tutti i limiti alla morale, al pudore, sembra oramai tutto sia concesso, permesso, consentito. Eppure, se si osserva con attenzione, si vede facilmente come ci siano altri limiti invalicabili che vengono difesi dall’ideologia del politically correct, che è divenuta oramai l’ideologia dominante e da cui non si può sfuggire (vedi per esempio qui e qui).

L’unica cosa che può contrastare questa ideologia folle è la santità, lo scandalo della santità. Una santità certamente sofferta, contro la narrativa imperante, a volte anche contro l’ideologia che pervade gli stessi fratelli nella fede. Una santità che va contro tale narrativa, come quella di santa Maria Goretti (1890-1902), una ragazzina che preferì morire per conservare la propria verginità e che la Chiesa festeggia oggi, 6 luglio, giorno della sua nascita al Cielo. Era figlia di due poveri contadini e aveva, come tipico in quell’epoca, molti fratelli. La vita era difficile, dura. Maria perse anche il padre quando aveva dieci anni.

Era una ragazzina molto religiosa, di grande consolazione per la povera madre che doveva ingegnarsi per mantenere la famiglia. A un certo punto furono associati con un’altra famiglia, padre e figlio, Giovanni e Alessandro Serenelli. Alessandro era un ragazzo molto robusto e si era invaghito di Maria. A quel tempo le unioni avvenivano spesso in età molto precoce. Ma Maria non voleva cedere alle richieste di Alessandro, di 6 anni più grande.

Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini così raccontano il suo martirio:

Il 5 luglio 1902 i Serenelli e i Goretti erano intenti alla sbaccellatura delle fave secche. Maria, seduta sul pianerottolo, guardava l’aia e rammendava una camicia di Alessandro. A un certo punto, lui lasciò il lavoro e con un pretesto si avviò alla casa. Giunto sul pianerottolo, invitò Maria a entrare, ma lei non si mosse: la prese per un braccio e con una certa forza la trascinò dentro la cucina, che era la prima stanza dopo l’ingresso. La ragazzina capì le sue intenzioni e prese a dirgli: «No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno». Ancora una volta respinto, il giovane andò su tutte le furie: preso un punteruolo che aveva con sé, cominciò a colpirla. Maria lo rimproverava, si divincolava. Mentre lui, ormai cieco nel suo furore, prese a colpirla con violenza sulla pancia, lei ancora invocava la mamma e supplicava: «Che fai Alessandro? Tu così vai all’inferno…». Quando vide le chiazze di sangue sulle sue vesti, la lasciò, ma capì di averla ferita mortalmente. Il racconto è ricavato dalla deposizione prestata dallo stesso Alessandro Serenelli al Tribunale Ecclesiastico. Le grida di Marietta, a malapena sentite dagli altri, fecero accorrere la madre, che la trovò in una pozza di sangue. Fu trasportata nell’ospedale Orsenico di Nettuno: in seguito alla copiosa perdita di sangue e della sopravvenuta peritonite, provocata dalle 14 ferite del punteruolo, i medici fecero di tutto per salvarla. Nella notte fu vegliata dal suo parroco, don Temistocle Signori, e da un’amica di famiglia, Teresa Cimarelli; mamma Assunta era stata fatta allontanare dai medici. Il giorno seguente ricevette la medaglia delle Figlie di Maria, poi fu predisposto tutto perché avesse gli ultimi Sacramenti. Prima di darglieli, don Signori chiese a Maria se perdonasse il suo assassino, come Gesù aveva perdonato sulla croce. La sua risposta fu: «Sì, per amore di Gesù gli perdono e voglio che venga vicino a me in Paradiso». Spirò alle 15.45 di domenica 6 luglio 1902: aveva 11 anni, 8 mesi e 21 giorni (santiebeati.it).

Certo, è molto edificante la testimonianza di santa Maria Goretti, ma anche lontana, in quanto siamo tutti figli della cosiddetta “rivoluzione sessuale”, per cui fare certe cose quando e come si vuole non è solo possibile, ma anche consigliato da tanti. Quanto fatto da Maria Goretti non era contro il sesso in sé, ma per mettere il sesso nella giusta prospettiva. Quando si pensa alla Chiesa come sessuofoba si fa un grande errore. Come detto, oggi siamo tutti figli di un’epoca così diversa da quella di Maria Goretti e viviamo un rapporto distorto con la sessualità, promosso dalla cultura dominante.

Ecco perché lo scandalo della santità autentica, come quella di Maria Goretti, ci permette di pensare a noi e ai nostri peccati sperando un giorno di essere in grado di dominare le inclinazioni non ordinate al bene più grande. Nel caso specifico di Maria non parliamo naturalmente solo di un peccato, ma anche di un crimine, in quanto Alessandro tentò di violentarla. Ma anche per lui, dopo la grave colpa, ci fu l’espiazione:

Alessandro fu processato e condannato a trent’anni di carcere, di cui tre in isolamento speciale; non gli fu dato l’ergastolo perché minorenne. Il terzo anno di segregazione, nel dicembre 1906, fece un sogno: gli parve di vedere Maria, in un campo di gigli, che gli veniva incontro e gli porgeva quei fiori. Ogni volta che ne prendeva uno – in totale quattordici, come i colpi che le inferse – si tramutavano in lingue di fuoco. Il mattino dopo si rivolse al cappellano del carcere: fu quello l’inizio della sua conversione. Dopo che la pena gli fu abbreviata a ventisette anni per buona condotta, decise di andare da mamma Assunta a chiederle perdono: gli studiosi attestano come data il Natale del 1934. Lei accettò: non poteva fare altrimenti, visto che la figlia l’aveva perdonato per prima. Si accostarono quindi insieme alla Comunione nella Messa di Mezzanotte. Alessandro lavorò poi come ortolano, anche in vari conventi cappuccini. Morì il 6 maggio 1970, a 88 anni, ormai riconciliato col suo passato (santiebeati.it).

Alessandro Serenelli, pochi anni prima di morire, scrisse il suo testamento spirituale:

Sono vecchio di quasi 80 anni, prossimo a chiudere la mia giornata. Dando uno sguardo al passato, riconosco che nella mia prima giovinezza infilai una strada falsa: la via del male, che mi condusse alla rovina. Vedevo attraverso la stampa, gli spettacoli e i cattivi esempi che la maggior parte dei giovani segue senza darsi pensiero: io pure non mi preoccupai. Persone credenti e praticanti le avevo vicino a me, ma non ci badavo, accecato da una forza bruta che mi sospingeva per una strada cattiva. Consumai a vent’anni un delitto passionale del quale oggi inorridisco al ricordo. Maria Goretti, ora santa, fu l’angelo buono che la Provvidenza aveva messo avanti ai miei passi per salvarmi. Ho impresse ancora nel cuore le sue parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me, intercedette per il suo uccisore. Seguirono trent’anni di prigione. Se non fossi stato minorenne, sarei stato condannato a vita. Accettai la sentenza meritata, rassegnato: capii la mia colpa. La piccola Maria fu veramente la mia luce, la mia protettrice; col suo aiuto mi comportai bene nei ventisette anni di carcere e cercai di vivere onestamente quando la società mi riaccettò fra i suoi membri. I figli di S. Francesco, i Minori Cappuccini delle Marche, con carità serafica mi hanno accolto fra loro non come servo, ma come fratello. Con loro vivo da 24 anni. Ed ora aspetto sereno il momento di essere ammesso alla visione di Dio, di riabbracciare i miei cari, di essere vicino al mio angelo protettore ed alla sua cara mamma, Assunta. Coloro che leggeranno questa mia lettera vogliano trarre il felice insegnamento di fuggire il male e di seguire il bene sempre, fin da fanciulli. Pensino che la religione coi suoi precetti non è una cosa di cui si può fare a meno, ma è il vero conforto, l’unica via sicura in tutte le circostanze, anche quelle più dolorose della vita. Pace e bene!

C’è molto dolore in queste parole, ma un dolore rischiarato da una luce serena. Dio ci attende tutti - peccatori, malfattori, criminali - ma ci lascia liberi di sceglierLo o no. Egli attende la nostra decisione perché rispetta in modo supremo la nostra libertà. Egli non ci fa mancare la Sua luce e pazientemente sempre attende un nostro passo verso di Lui.