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BOTTA E RISPOSTA

Marcia per la vita, Gigli vs Bussola

Il presidente del Movimento per la Vita risponde alle critiche della NBQ: non si può essere credibili nella difesa della vita se si attacca il Papa e la Cei; e toccare la legge 194 significa peggiorarla. La nostra replica: le opinioni sul Papa non sono pertinenti all'impegno per la vita, e sulla 194 si deve almeno dire che va abrogata.

Editoriali 09_01_2018
Marcia per la vita

Aggiornamento 11 gennaio: comunicato stampa del Comitato Marcia per la Vita in risposta alla lettera dell'onorevole Gigli qui pubblicata (clicca qui).
 

Egregio Direttore,

Con riferimento all’articolo di Tommaso Scandroglio, pubblicato su lanuovabq.it di oggi 8 gennaio, pur senza pretendere di replicare compiutamente al testo, desidero tuttavia precisare alcuni punti contenuti nel lungo attacco che mi viene portato, notando incidentalmente che non è la prima volta che lanuovabq.it mi fa oggetto immeritatamente della sua attenzione.

Punto primo. Scandroglio ritiene che la marcia sia aperta a tutti ed abbia uno spirito inclusivo, ma è possibile che il mentore di essa, il Prof. De Mattei, non si renda conto che non è possibile chiamare tutti all’unità per la difesa della vita quando ogni giorno  su tutti i mezzi a disposizione si impegna ad attaccare e delegittimare il Papa e la CEI, ben sapendo che in Italia e in tutto il mondo la maggiore agenzia pro-life è proprio la Chiesa cattolica, grazie a un impegno di vescovi, sacerdoti, associazioni, giornali, strutture caritative che si prolunga con la parola e con le opere per 365 giorni all’anno, ben al di là della marcia? Non viene da chiedersi quale unità sia possibile su queste basi?

Punto secondo. Scandroglio mi imputa una mancanza di dialogo, che lui individua come cifra paradigmatica dei “bergogliani”. Voglio solo informarlo che negli anni scorsi, prima che incominciassero gli attacchi al Papa e ai vescovi, ho più volte incontrato personalmente la Sig.ra Coda Nunziante, nel tentativo di pervenire a una marcia davvero unitaria. Su sua richiesta, ho anche fatto sì che una nostra volontaria con sulle spalle una dolorosa esperienza di aborto, portasse alla marcia di due anni fa una significativa e apprezzata testimonianza. Tuttavia, alla richiesta di partecipare a un tavolo di regia, in cui si decidessero insieme stile e toni della manifestazione e il contenuto della comunicazione ad extra, mi è stato opposto un cortese ma netto rifiuto. Ho ritenuto dunque che, se la maggiore organizzazione pro-life italiana non aveva titolo per mettere bocca, la marcia fosse una iniziativa privata. 

Stili diversi, messaggi poco corrispondenti alla tipologia della nostra testimonianza. Una differenza che, senza motivo alcuno, provoca un livore che periodicamente torna ad esprimersi contro di noi. Forse ciò è perché il Movimento per la Vita ha sempre scelto di difendere la vita non con slogan ma con l’argomentare razionale e con l’abbraccio e l’accoglienza a tutte le donne in difficoltà, anche a quelle che hanno abortito; preferendo mostrare la bellezza della vita piuttosto che l’orrore dell’aborto; nella vicinanza alla Chiesa piuttosto che attaccando i suoi Pastori.

Nonostante ciò e nonostante qualcuno dei gruppetti presenti si fosse distinto in sperticati attacchi, quale quello di scrivere che le mie mani grondavano di sangue, ho evitato sempre di interferire con la marcia fino all’insensato appello internazionale contro il papa. 

Punto terzo. Scandroglio vorrebbe farmi passare per un sostenitore occulto della 194, una legge che io ho combattuto da prima che essa venisse promulgata quarant'anni fa. A questo scopo mi imputa alcune parole da me pronunciate in novembre a Milano davanti a 700 volontari dei Centri di Aiuto alla Vita. In tale sede, come correttamente riportato, avevo testualmente affermato che «solo persone fuori dal contesto possono pensare di invocare battaglie per riaprire il dossier della 194, che nella sua iniquità è rimasta, paradossalmente, l’ultimo baluardo rispetto all’aborto libero da esercitare come diritto civile». Iniquità dunque della 194 e paradossalità del baluardo da essa offerto, ma insieme consapevolezza che una rivisitazione della 194 nell’attuale contesto politico non sarebbe certo migliorativa, ma potrebbe solo produrre un peggioramento della situazione. Sfido chiunque a sostenere il contrario.

Infine una annotazione di carattere generale. Ci si scandalizza per il mio invito a non aderire alla marcia e non si valuta invece la gravità delle azioni di chi si dice pro-life, ma attacca quotidianamente un Papa che oggi stesso, rivolgendosi al corpo diplomatico, è tornato per l’ennesima volta ad ammonire gli Stati che non sono solo la guerra o la violenza a ledere i fondamentali diritti dell’uomo «primo tra tutti quello alla vita, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana», ricordando che «Nel nostro tempo ci sono forme più sottili. Penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti soltanto perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti».

Il Papa non viene attaccato perché insufficientemente pro-life, ma perché il suo magistero non è ritenuto sufficientemente cattolico da guardiani dell’ortodossia che non esitano a soffiare irresponsabilmente sulla possibilità che la Chiesa cattolica subisca un nuovo scisma. 

Voglio rassicurare Scandroglio: il mio obiettivo e la mia preoccupazione non sono le marce. Due anni fa ho partecipato ad esempio a quella di Parigi. Il mio obiettivo sono coloro che proclamandosi cattolici attaccano il fondamento stesso della Cattolicità: il Papa. Essendo un cattolico di vecchio stampo, io continuo a credere che l’elezione del papa sia guidata dallo Spirito Santo e che se ad essere eletto è stato Francesco è stato perché la Provvidenza così ha voluto. 
Quando ero giovane si cantava una canzone il cui ritornello ripeteva: "Sempre col papa fino alla morte, che bella sorte!”. Per me resta valida, chiunque sia il Papa a cui Dio ha affidato la sua Chiesa. Purtroppo, invece, secondo alcuni lo Spirito Santo avrebbe smesso di soffiare con Francesco, per altri ancora nel 1962, quando Giovanni XXIII aprì il Concilio.

Gian Luigi Gigli
presidente Movimento per la Vita


Caro on. Gigli,

la ringrazio molto per l’attenzione al nostro lavoro e per il tono della sua replica. La rassicuro sul fatto che non c’è proprio nulla di personale in qualche critica che ha ricevuto. Ragioniamo semplicemente sui fatti, come in questo caso.

Lei parla delle sue vicende personali con gli organizzatori della Marcia per la Vita: ma Scandroglio aveva specificamente escluso questo argomento proprio perché sono questioni personali che non ci riguardano (non c’entriamo nulla con l’organizzazione della Marcia né facciamo parte del Movimento per la Vita) e che non sono pertinenti agli argomenti che nell’articolo si voleva sottolineare.

Passo dunque ai due punti fondamentali che lei solleva.

Anzitutto le critiche al Papa da parte degli organizzatori della Marcia. Capisco che lei si trovi personalmente a disagio con persone che non condividono le sue idee sulla Chiesa, ma come Scandroglio argomentava, non è questo un argomento pertinente alla Marcia per la Vita. Mi sembra ci sia ormai una tendenza perniciosa a trasformare qualsiasi cosa in un referendum pro o contro papa Francesco, una tendenza a dividere il mondo in fan di papa Francesco e critici di aspetti importanti di questo pontificato. Eppure questo è un tema che non dovrebbe entrare nelle scelte né riguardo la Marcia per la Vita né riguardo il Movimento per la Vita. L’invito alla Marcia si rivolge espressamente a tutti «gli uomini di buona volontà» che ritengono il diritto alla vita il primo dei «princìpi non negoziabili» inscritto «nel cuore e nella ragione di ogni essere umano». E il Movimento per la Vita nel suo statuto si definisce «aconfessionale» oltre che «apartitico». Dunque cosa c’entrano le opinioni sul Papa?

Sarebbe grave se i partecipanti alla Marcia per la Vita fossero selezionati in base agli schieramenti religiosi, anche interni alla Chiesa cattolica; così riteniamo grave che per il Movimento per la Vita la collaborazione con altri settori del mondo pro-life sia vincolata a opzioni religiose che oltretutto – come ha rilevato Scandroglio – non corrispondono a quanto previsto dal Codice di Diritto canonico e dai documenti conciliari.

Seconda questione, la legge 194. È purtroppo una vecchia storia. Una cosa è dire che oggi non ci sono le condizioni politiche, sociali e culturali per abrogare quella legge o almeno per modificarla in senso restrittivo, cosa su cui sono perfettamente d’accordo; altra cosa è affermare, come fa lei, che la legge 194 è «l’ultimo baluardo rispetto all’aborto libero da esercitare come diritto civile» seppure «paradossalmente». Una legge che ha introdotto l’aborto, oggi sostanzialmente libero, come fa ad essere considerata un baluardo? Solo perché è prevista l’obiezione di coscienza o perché non c’è scritto che l’aborto è un diritto? Non c’è scritto ma tutti la intendono così, e da subito. Perché questa era la mens di chi ha voluto questa legge: io e lei abbiamo abbastanza anni per ricordare quali erano le parole d’ordine nel 1978 (quando la legge fu approvata) e nel 1981, quando un referendum l’ha confermata. E a proposito del referendum del 1981, le ricordo che allora, dopo l’iniziativa dei Radicali, il Movimento per la Vita promosse due quesiti abrogativi proprio per evitare che si fosse costretti ad andare a votare o per la legge 194 o per un suo peggioramento. Non fu soltanto un escamotage, permise di combattere una battaglia culturale oltre che politica che contribuì alla sconfitta della proposta radicale, anche se restò la 194. Dalle sue parole, invece, ho come l’impressione che oggi ci si sia rassegnati all’arretramento delle linee a difesa della 194 per evitare il peggio. Che così, inevitabilmente, arriva.

Quanto all’obiezione di coscienza, certo è un “paletto” importante, da non sottovalutare. Ma dobbiamo riconoscere che “salva” la coscienza dei sanitari, non certo la vita dei bambini.

In ogni caso seppure si può riconoscere che non ci sono le condizioni politiche per cambiare la legge, nulla però vieta di parlarne. E il parlare della 194 come di una legge ingiusta, una legge omicida, una legge incivile – quale essa è - può contribuire a porre le condizioni per un futuro cambiamento. Se neanche lo si dice che è una legge da cancellare, è ovvio che tali condizioni non si creeranno mai. 

Riccardo Cascioli