Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
GUERRA A GAZA

Gli israeliani marciano su Khan Yunis, mirano alla distruzione di Hamas

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L'esercito israeliano punta su Khan Yunis, roccaforte del leader di Hamas Yahya Sinwar. La popolazione della Striscia di Gaza è allo stremo. Escalation anche al confine libanese.

Esteri 08_12_2023
Carri israeliani a Gaza, civili in fuga (La Presse)

Le bombe vengono sganciate dagli aerei colpendo edifici civili, ospedali e scuole. I blindati avanzano senza sosta distruggendo tutto ciò che incontrano lungo il loro percorso. L’esercito israeliano circonda Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, e inizia a combattere, casa per casa, nel centro della città in cerca dei miliziani di Hamas. Dalla ripresa delle ostilità, dopo la breve pausa per lo scambio di prigionieri, il Consiglio di guerra del governo di Benjamin Netanyahu ha cambiato strategia: controllare tutti i villaggi da nord a sud della Striscia di Gaza, scovare gli uomini di Hamas e individuare i depositi di armi del gruppo terroristico.

Le truppe israeliane, infatti, stanno raggiungendo le zone più meridionali della Striscia, mancano solo otto chilometri dal confine col valico di Rafah. Netanyahu è consapevole che i rischi sono alti. Ma è un prezzo che intende pagare pur di raggiungere l'obiettivo di «annientare Hamas e tutti i suoi dirigenti» consapevole che le imboscate alle forze di terra israeliane saranno sempre più numerose. Combattere tra le macerie è difficile. Dall'inizio dell'operazione di terra i militari con la Stella di Davide uccisi in azioni di guerra sono 89. Molti sono anche i soldati che hanno riportato ferite agli occhi, e un numero imprecisato ha perso completamente la vista. Nel solo ospedale Soroka, nella città di Be'er Sheva nel deserto del Negev, sono stati ricoverati 40 soldati israeliani con ferite gravi al bulbo oculare.

Intanto molti miliziani di Hamas stanno deponendo le armi. Sui social media vengono diffuse immagini di dozzine di palestinesi prigionieri nudi, bendati e legati con le mani dietro la schiena accanto a soldati delle truppe israeliane. Le foto sono state scattate a Jabaliya e in altre aree del paese. In un video, un gruppo di loro viene filmato da un soldato dell'Idf mentre viene trasportato nel retro di un veicolo militare israeliano.

Nel fronte opposto, a Gaza, molti villaggi sono stati rasi al suolo. Da oltre sessanta giorni di guerra un milione e mezzo di civili palestinesi vaga tra le macerie in cerca di un rifugio, peregrinando da nord a sud, sotto una massiccia campagna di bombardamenti. Ora scappano anche da Khan Yunis, una città situata nel sud di Gaza, con annesso campo profughi, cercando una via d'uscita verso l'Egitto. Ma inutilmente. Il valico di Rafah è chiuso, ed è percorribile solamente per il trasporto degli aiuti umanitari. La popolazione è allo stremo. Mancano viveri e medicinali. Gli ospedali sono al collasso e i morti vengono ammassati nelle fosse comuni.

Ben l'80% dei 2 milioni e mezzo di abitanti di Gaza è fuggito dalle proprie abitazioni, rase al suolo o danneggiate dai bombardamenti, che dal 7 ottobre scorso hanno ucciso almeno 15800 persone, soprattutto donne e bambini.

Parlando alla popolazione, dopo aver incontrato i familiari degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas, il premier Netanyahu ha dichiarato che alcuni di loro sono in pericolo. Ma in una lettera inviata al Gabinetto di guerra, i familiari dei prigionieri hanno, però, esortato il Primo ministro a raggiungere rapidamente un accordo. «Abbiamo informazioni affidabili secondo cui ci sono persone rapite le cui condizioni sono peggiorate e che ora sono in pericolo di vita», si legge nella lettera inviata al responsabile del governo. «Chiediamo con urgenza delle iniziative concrete per raggiungere un accordo per il rilascio immediato di tutti gli ostaggi».

E nel corso del suo intervento il primo ministro ha sottolineato che «l’esercito è entrato a Khan Yunis. Il destino di Yahya Sinwar, leader di Hamas, è segnato: le nostre forze possono oggi raggiungere chiunque nella Striscia di Gaza. Ora stanno circondando la casa di Sinwar. Non può scappare, è solo questione di tempo, prima o poi lo prenderemo».

Durante la tregua dei sette giorni - scaduta lo scorso 1° dicembre, dopo che Hamas non è riuscito a consegnare l’elenco degli ostaggi che intendeva rilasciare, in quanto detenuti da altri gruppi – l’organizzazione terroristica ha rilasciato 105 prigionieri civili: 81 israeliani, 23 cittadini tailandesi e un filippino. Si ritiene che a Gaza ci siano ancora 138 ostaggi. In cambio, Israele ha rilasciato 240 prigionieri palestinesi detenuti per varie accuse di terrorismo, tutte donne e minorenni.

Anche sul fronte nel nord d’Israele, al confine con il Libano, la tensione sta aumentando di giorno in giorno. L'artiglieria e l'aviazione israeliane hanno effettuato dei bombardamenti contro località del Libano meridionale lungo la linea del fronte con gli Hezbollah, colpendo le cittadine di Tayr Harfa, Blida, Adayse, Kfar Kila e Yarun. Tra gli obiettivi c'erano infrastrutture terroristiche, postazioni di lancio e siti militari appartenenti all'organizzazione terroristica di Hezbollah. Il ministro israeliano, Yoav Gallant, incontrando gli abitanti delle comunità israeliane evacuate dal confine con il Libano a causa dei continui scambi di fuoco con il gruppo Hezbollah, ha detto che gli evacuati torneranno alle loro case soltanto quando ci sarà un accordo politico col Libano che farà arretrare il gruppo terroristico dal confine, «altrimenti sarà guerra anche contro Hezbollah». E il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rincarato: «Se Hezbollah commette un errore, trasformerà Beirut e il Libano meridionale in Gaza e Khan Yunis».



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