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INTERVISTA AL VESCOVO EIJK

Chiese dismesse e "messa” senza prete: problema di fede

"Non accetto nella mia arcidiocesi i pranzi in chiesa". Il cardinale arcivescovo di Utrecht Eijk interviene sulle campagne della Nuova BQ su ”messe" dei laici e chiese dismesse per raccontare la drammatica esperienza olandese: "E' la crisi di fede causata dall'iper-individualismo. Mi hanno proposto di fare come i protestanti, affittare una chiesa per eventi e guadagnare soldi: mai!". Questo nonostante la situazione nei Paesi Bassi dove chiudono due chiese alla settimana. "Già dal '60 i preti volevano preparare la gente a una “Chiesa senza preti. Invece ho rafforzato il ruolo del prete per rafforzare la consapevolezza del significato dell’Eucaristia. Alle liturgie della Parola la partecipazione dei fedeli è bassa". 

Ecclesia 24_12_2018
L'arcivescovo di Utrecht Willem Eijk

Chiese dismesse e messe senza prete. Un vescovo dice no alla faciloneria con la quale si rischia spesso di ricorrervi. E non è un vescovo qualunque perché a intervenire su queste due problematiche che segnano la vita recente della Chiesa e delle quali la Nuova BQ si sta occupando in due distinte campagne (#SALVIAMOLECHIESE e #SALVIAMOLAMESSA) è un vescovo che tocca con mano nella sua vita proprio il risultato di queste derive.

Willem Jacobus Cardinale Eijk, Arcivescovo di Utrecht sa bene di che cosa si parla perché nella sua terra, l’Olanda, questi fenomeni sono ormai una prassi. L’intervista alla Nuova BQ è dunque anche una testimonianza del grave rischio – legato all’individualismo – che si corre nell’accettare supinamente che le chiese diventino dei centri culturali e le messe delle liturgie della Parola senza che ve ne sia il reale bisogno.

Eminenza, nella nostra inchiesta abbiamo denunciato che spesso le chiese, dismesse o no, vengono utilizzate anche per scopi culturali che travalicano il sentimento religioso. Che cosa pensa?
Una chiesa, anche se non usata più per il culto divino, rimane un luogo sacro e non può essere utilizzata per scopi che non concordano con il carattere di un luogo sacro e violano i sentimenti di coloro che vi hanno partecipato alle celebrazioni dell’Eucaristia e a quelle di altri sacramenti.

Può però perdere il suo ruolo sacro?
Una chiesa smette di essere un luogo sacro quando il vescovo della diocesi cui la chiesa appartiene firma un decreto mediante cui la sottrae dal culto divino. In quel momento è tolta la consacrazione dalla chiesa, per cui questa non è più un luogo sacro e nemmeno in senso stretto una chiesa. Ma attenzione: questo non vuol dire che si può fare di tutto con una chiesa sottratta del culto divino. Le diocesi olandesi hanno di questo rispetto, anche se non tutte hanno la stessa politica, ma escludono in ogni caso la vendita di una chiesa, sottratta dal culto divino, diventi da esempio una chiesa di satana o un centro di prostituzione o altre cose scandalose. Escludono anche che una tale chiesa diventi una moschea, perché questo sarebbe inteso come una vittoria della Jihad da parte di certi gruppi di islamici.

NO AI PRANZI IN CHIESA

Come giudica l’usanza di cenare o pranzare in chiesa?
Io non accetto nella mia arcidiocesi si utilizzino le chiese per organizzare cene o pranzi. Ho ricevuto solo una volta una richiesta di questo tipo, ma non l’ho concessa. L’organizzazione di pranzi e cene in una chiesa minaccia di minare il rispetto per la chiesa come un luogo sacro, un rispetto che oggi è minacciato già dal fatto che la maggior parte dei cattolici non conosce più il contenuto della fede. Cene e pranzi per poveri devono aver luogo in altri posti, ad esempio nelle sale parrocchiali.

Ci sono però destinazioni che si possono accettare?
Alcune chiese sono state vendute a parrocchie di cristiani orientali (caldea e siro-cattolica), per cui sono rimaste chiese romane-cattoliche, a comunità di protestanti ortodossi che crescono ancora, per cui la chiesa rimane in ogni caso una chiesa cristiana. Invece in alcune chiese, sottratte dal culto divino, sono stati costruiti appartamenti o centri medici.

L’IPER INDIVIDUALISMO LA CAUSA

Leggendo le linee guida emanate recentemente dal Pontificio Consiglio per la Cultura stupisce che non ci si ponga la domanda fondamentale: perché le chiese sono dismesse? Forse c’è un problema di mancanza di fede, più che di calo demografico.
La causa più profonda del fatto triste che siamo costretti - almeno nell’Europa occidentale e soprattutto in Olanda - a sottrare tante chiese dal culto divino: è la crisi di fede. La radice diretta di questa è l’iper-individualismo del nostro tempo. L’iper-individualista non ha solo il diritto ma anche l’obbligo di distinguersi dall’altro, di scegliere una propria religione o filosofia di vita e un proprio set di valori etici.

Con quali conseguenze?
La conseguenza di questa deriva è che la maggior parte delle chiese è vuota la domenica e che sempre meno gente fa delle offerte, per cui è adesso molto difficile mantenere una grande parte delle chiese, sicuramente nei Paesi Bassi, dove non c’è qualcosa come l’otto-per-mille o una tasse ecclesiale.

Il PROBLEMA FINANZIARIO

Da che cosa dipende la Chiesa?
Nei Paesi Bassi la Chiesa dipende da contributi volontari da parte dei fedeli. Tuttavia, se mancano questi sussidi o i sussidi sono insufficienti, mentre la parrocchia stessa non ha dei mezzi finanziari, non c’è un’altra scelta che sottrarre la chiesa dal culto divino e chiuderla. L’opzione più preferibile per i vescovi olandesi sarebbe poi le demolizione della chiesa, ma questo è nella maggior parte dei casi non possibile, perché le chiese sono state indicate dal Regno o dal comune come monumento.  

Come è la situazione in Olanda circa le chiese dismesse?
In Olanda si chiudono ogni settimana due chiese la settimana, soprattutto protestanti.
E come è nella sua diocesi di Utrecht?
Avevamo circa 350 chiese nella mia arcidiocesi. Oggi ne sono rimaste circa 200. Ho scritto una nota sul futuro dell’arcidiocesi alla fine del 2014: prevedo che nell’anno 2028, in cui avrò l’età di 75 anni e dovrò chiedere le mie dismissioni al Santo Padre, l’arcidiocesi avrà circa 20 parrocchie con ognuna 1 o 2 chiese.

UNA TENDENZA PROTESTANTE
Lei ha permesso degli usi non consoni?

Il mantenere una chiesa è per protestanti più facile che per cattolici. I protestanti non considerano la chiesa come un luogo sacro o lo fanno soltanto quando vi si svolge una funzione religiosa. Il resto della settimana si dà in affitto la chiesa da esempio per congressi, avvenimenti della comunità civile o concerti. Questo non è possibile per una chiesa cattolica che è sempre, ogni giorno della settimana, la casa del Signore, un luogo sacro. Proibisco sempre degli usi non consoni con il carattere della chiesa come un luogo sacro, quando sono informato di questo. Alcune parrocchie, guardando le comunità protestati, mi hanno proposto di imitare i loro metodi, cioè di dare in affitto una chiesa per eventi mediante cui si possono guadagnare soldi per mantenere la chiesa, ma non ho dato il mio consenso a tali proposte. Alcune parrocchie propongono di dividere la chiesa, costruendo un muro, cosicché possano usare una parte, per lo più il coro presbiterale, per la liturgia, e dare in affitto l’altra parte per altri scopi profani. Questo è successo nell’arcidocesi prima della mia venuta. Tuttavia, io non accetto queste proposte.

Secondo Lei quali sono i frutti della dismissione delle chiese?
Dobbiamo essere realisti: quando una chiesa è stata chiusa e sottratta dal culto, una parte della gente che veniva ancora in questa chiesa, non va più e non darà più un contributo finanziario. Tuttavia, una persona che crede veramente nel sacramento dell’Eucaristia andrà dopo la chiusura della propria chiesa anche in un’altra chiesa. La gente è, infatti, pronta anche a viaggiare pure per seguire la sua squadra del cuore in trasferta o per fare le spese.

Come si è comportato di fronte a questo?
Ho dovuto fondere tutte le parrocchie che c’erano ancora (più di 300), fra il 2007 e il 2011 fino a 48 parrocchie. Tutte le grandi parrocchie sono il risultato delle fusioni devono fare un piano pastorale e un piano per le chiese. S’intende che la parrocchia può chiudere una chiesa soltanto con il mio consenso come vescovo diocesano quando io decido di sottrarre la chiesa dal culto divino. Se non facessi questo, le parrocchie andrebbero in bancarotta.

MESSE SENZA PRETE

Veniamo al secondo tema: la cosiddetta “Messa senza prete”. Sembra quasi che si voglia approfittare delle leggi della Chiesa per far passare un concetto di messa protestante. E’ così?
Nel 2008 la provincia olandese dei Domenicani inviò un opuscolo a tutte le parrocchie senza informare prima i vescovi, in cui le incitava a predisporre, data l’assenza di un prete, un membro della comunità di fedeli e di proporlo al vescovo per una ordinazione sacerdotale. Tuttavia, se il vescovo lo avesse rifiutato, questo candidato avrebbe potuto comunque celebrare l’Eucaristia, anche senza ordinazione. Ci fu uno scontro serio col generale dei Domenicani, molto critico, e con la Congregazione per il Culto Divino. In un rapporto ufficiale, scritto per incarico del comitato direttivo dei Domenicani, il domenicano e teologo francese Hervé Legrand disse che l’opuscolo avrebbe potuto provocare uno scisma.

Ci si giustifica dicendo che almeno con la liturgia della Parola la comunità sta unita, ma se manca Gesù Eucarestia, sulla base di che cosa rimane unita?
L’Arcidiocesi ha adesso soltanto 53 preti diocesani attivi e alcuni preti religiosi. In questo momento ho un parroco con 15 parrocchie e un parroco con 12 parrocchie e 12 chiese. È chiaro che loro non sono in grado di celebrare l’Eucaristia ogni domenica in ogni parrocchia. La massima distanza in tali parrocchie può essere circa 50 chilometri. Per il fedele attivo, oggi per lo più anziano, il viaggiare può essere difficile. Ma le parrocchie organizzano il loro trasporto.

E’ un fenomeno radicato nel tempo?
Almeno dagli anni ’60, quando iniziarono a svuotarsi i seminari e il vescovo chiedeva a quelli che avevano lasciato di diventare operatori pastorali laici. Al mio arrivo nella mia arcidiocesi di Utrecht nel 2008 c’erano ancora 80 preti e più di 250 pastorali laici, uomini e donne che celebrano una funzione della Comunione e della Parola. Tuttavia, la necessità di avere funzioni della Parola e della Comunione era già discutibile a quel tempo, ma i preti di allora volevano preparare la gente a una “chiesa senza preti”. Dopo un periodo di circa 15 anni è venuta una nuova generazione di preti che usa il Messale, non celebra più la famosa, ma distruttiva, liturgia sperimentale olandese. In questo senso il Signore ha visibilmente esaudito le preghiere dei gruppi di preghiera, che si univano (e si uniscono ancora) regolarmente per pregarLo di dare nuove vocazioni alla sua Chiesa, anche nei Paesi Bassi. Da quando sono arcivescovo di Utrecht nel 2008 ho fatto della pastorale vocazionale uno degli essenziali della mia politica. Nel 2014 ho potuto riaprire il seminario arcidiocesano, chiuso nel 2009 per una mancanza di mezzi finanziari.

I “PRETI” LAICI CALERANNO 

Ora com’è la situazione?
Adesso il numero degli operatori pastorali laici sta diminuendo drasticamente ed è più che dimezzato a partire dal 2008, perché le parrocchie non hanno più i mezzi finanziari per pagare il loro salario (in totale circa € 75.000 l’anno). Inoltre ho indicato in tutte le parrocchie, dopo la conclusione del processo delle fusioni, un centro eucaristico, cioè una chiesa in cui si celebra l’Eucaristia sempre la domenica e le solennità. Ho fatto questo per accentuare il significato dell’Eucaristia come fonte e culmine della vita cristiana (LG, 11), per dare al prete anche una casa e per evitare che celebrasse la Messa in una chiesa remota per forse 10-20 persone, mentre c’era una funzione della Comunione e della Parola in una chiesa centrale per un grande numero di fedeli. Durante questo processo ho anche tentato di rafforzare la posizione del prete. Nella maggior parte dei casi non il parroco, ma uno dei operatori pastorali laici era il ‘leader’ del gruppo di preti, diaconi e operatori pastorali laici. Dopo la fusione delle parrocchie ho dovuto rinominare tutti i preti, diaconi e operatori pastorali laici. Non ho nominato più un ‘leader’ del gruppo, comunicando che il parroco è secondo la teologia sacramentale e il diritto canonico il ‘leader’ del gruppo. Rafforzando la posizione del prete si rafforza anche la consapevolezza del significato dell’Eucaristia, in cui il prete rappresenta Cristo in persona.

Pensa quindi di continuare a ricorrere a questi operatori pastorali?
Prevedo che in un futuro non tanto lontano ci saranno pochi operatori pastorali laici. Siccome il prete nella grande parrocchia regionale del futuro non potrà fare tutto da solo, l’arcidiocesi ha iniziato nuovi corsi per la formazione di collaboratori volontari, che hanno una buona conoscenza di base della fede: diaconi permanenti, catechisti e assistenti diaconali.

Che cosa indica alla sua diocesi
Ho abbozzato la strada per revitalizzare le chiese e le corrispondenti comunità di fedeli, cioè:
1) compiere le attività nucleari (celebrare la liturgia, dare una catechesi esplicita, sviluppare delle attività diaconali e costruire il senso di essere una comunità per superare l’iper-individualismo odierno, che è entrato anche la Chiesa)
2) la presenza pastorale (visitare i malati, gli anziani, le persone da sole, che sono numerose
3) progetti innovativi per la re-evangelizzazione (corsi alpha, corsi di Bibbia, progetti di approfondimento della fede, pellegrinaggi).

Come l’hanno presa soprattutto i giovani?
I giovani che rimangono fedele alla Chiesa, credono a tutta la dottrina della Chiesa, hanno una vita di preghiera e un rapporto personale con Gesù.

Teme che questa presenza di laici in funzioni liturgiche possa allargarsi nella Chiesa tanto da arrivare a diventare ormai normale e non un’eccezione come previsto dal codice di diritto canonico?
So che questo è un dato di fatto, vista la storia olandese dell’ultimo mezzo secolo. Spesso queste funzioni si chiamano “Messa col buchetto”. Il “buchetto” è l’assenza della preghiera Eucaristica. Ma molti cattolici non sanno che cosa è la preghiera Eucaristica, una delle conseguenze del fatto che è stata gravemente negletta la catechesi negli ultimi 50 anni. Molti, attendendo a una funzione della Comunione e della Parola pensano che questa sia uguale o almeno equivalente a una Messa. La conseguenza è una grande confusione fra la maggior parte dei cattolici. Capita spesso che dopo un battesimo la famiglia ringrazi colui che l’ha somministrato per la “bella Messa”.

Quindi la sua urgenza principale oggi è far comprendere che le due funzioni, Messa e Liturgia della Parola non sono la stessa cosa?
Esatto. Ma tra fedeli che frequentano la chiesa ogni domenica la situazione è ben diversa. Le celebrazioni Eucaristiche hanno il doppio numero di partecipanti, se comparate con le funzioni della Comunione e della Parola. La partecipazione alle funzioni della Parola (o della Comunione e della Parola) sotto la guida di un gruppo di parrocchiani è in genere bassa.