Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

CONTRO L'ERESIA

Burke: "Il male nella Chiesa, il papa e l'unica salvezza"

Pubblichiamo il testo integrale del discorso del cardinal Burke tenuto lo scorso 21 luglio a Louisville (Kentucky) all'incontro annuale del forum americano Church Teaches, da titolo "Il messaggio di Fatima: la pace del mondo".
 

Ecclesia 30_09_2017
Sua Eminenza il cardinal Leo Burke

Pubblichiamo il testo integrale del discorso del cardinal Burke tenuto lo scorso 21 luglio a Louisville (Kentucky) all'incontro annuale del forum americano Church Teaches, da titolo "Il messaggio di Fatima: la pace del mondo".

Recentemente ho partecipato ad una conferenza di tre giorni sulla Sacra Liturgia a cui erano presenti molti giovani e bravi preti. Ci sono state diverse occasioni per parlare del loro ministero sacerdotale. Dal momento che la mia esperienza in molti luoghi che visito è quella di preti che esprimono una grande preoccupazione circa la situazione in cui il mondo e la Chiesa si trovano. È un momento che può essere semplicemente descritto come una confusione, una divisione e un errore. Alla fine della conferenza, un giovane sacerdote mi ha avvicinato chiedendomi: “Cardinale, pensa che siamo giunti alla fine dei tempi?”. L’espressione sul suo volto mi ha fatto comprendere la sincerità della sua domanda e la preoccupazione profonda che lo animava. Non ho quindi esitato a rispondere: “Potrebbe essere”.

Viviamo nei tempi più travagliati del mondo ma anche della Chiesa. La secolarizzazione ha distrutto la cultura di molte nazioni, specialmente in Occidente, separando la cultura dalla sua unica e vera fonte, Dio e il suo progetto per noi uomini e per il nostro mondo. C’è l’attacco quotidiano e diffuso agli innocenti e alla vita umana indifesa che sfocia in una violenza nella vita delle famiglie e della società in generale senza precedenti. C’è la più che mai virulenta ideologia gender che propaga una confusione circa l’identità di maschio e femmina e che conduce alla più profonda infelicità e addirittura all’autodistruzione di molti nella società. C’è anche la negazione della libertà religiosa che cerca di ostacolare, se non di soffocare completamente, ogni discorso pubblico su Dio e sulla necessità che abbiamo di avere un rapporto con Lui. Dalla negazione della libertà religiosa nasce il tentativo di forzare i timorati di Dio ad agire contro le loro coscienze ben formate, ossia contro la legge di Dio scritta nel cuore dell’uomo. In paesi che si dicono liberi, i governi impongono alle società pratiche come l’aborto, la sterilizzazione, la contraccezione, l’eutanasia e la mancanza di rispetto per la sessualità umana, fino al punto di indottrinare bambini piccoli con la peccaminosa “ideologia gender”.

Nello stesso tempo, l’ateismo materialista e il relativismo conducono alla ricerca spregiudicata della salute, del piacere e del potere mentre il ruolo della legge, dettato dalla giustizia, viene calpestato. In una condizione culturale così persuasivamente disordinata, c’è una legittima paura di uno scontro globale che potrebbe solo portare la distruzione e la morte di molti. Chiaramente, la situazione attuale del mondo non può proseguire se non portando ad un annientamento totale. 

Il mondo non ha mai come oggi avuto così bisogno dell’insegnamento solido e della direzione che Nostro Signore, nel Suo incommensurabile e incessante amore per l’uomo, vuole dare al mondo attraverso la Sua Chiesa e specialmente attraverso i suoi pastori:  il Pontefice romano, i vescovi in comunione con la cattedra di Pietro e i suoi principali collaboratori, i sacerdoti. Ma, in modo diabolico, la confusione e l’errore che hanno condotto la cultura umana in una via di morte e distruzione sono entrati anche anche nella Chiesa, in modo che cammina insieme alla cultura in un modo in cui non sembra conoscere più la sua identità e missione, in cui non sembra avere la chiarezza e il coraggio di annunciare il Vangelo della Vita e del Divino Amore ad una cultura radicalmente secolarizzata. Per esempio, dopo la decisione del parlamento tedesco del 30 giugno scorso di accettare il cosiddetto “matrimonio fra persone dello stesso sesso”, il presidente della Conferenza episcopale della Germania ha dichiarato che la decisione non rappresentava un grosso problema per la Chiesa che, secondo lui, dovrebbe essere più preoccupata dell’intolleranza verso le persone che soffrono delle attrazioni omosessuali. Chiaramente, in un approccio simile, non c’è la giusta e necessaria distinzione tra l’amore che, come cristiani, dobbiamo sempre avere per le persone coinvolte nel peccato e l’odio che dobbiamo anche e sempre avere per gli atti peccaminosi. 

Papa Benedetto XVI nel suo messaggio in occasione dei funerali del cardinal Joachim Meisner, vescovo emerito di Colonia, ha fatto riferimento alla situazione generale della Chiesa in relazione alla cultura. Avendo avuto il privilegio di conoscere piuttosto bene il cardinal Meisner e di lavorare con lui in difesa dell’insegnamento della Chiesa sul Santo Matrimonio, la Santa Comunione e la legge morale, so quanto ha sofferto per la continua e crescente confusione circa l’insegnamento della Chiesa all’interno della Chiesa stessa. Chiaramente, lui aveva espresso a papa Benedetto XVI le stesse preoccupazioni, preoccupazioni che parevano comuni ad entrambi, mentre allo stesso tempo riaffermava, come la nostra fede ci insegna, la sua fiducia in Nostro Signore che ha promesso di rimanere nel Suo Corpo Mistico, “tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. 

Riguardo alle profonde preoccupazioni poste dal cardinal Meisner, papa Benedetto XVI ha scritto:

Sappiamo che è stato duro per lui, appassionato pastore e guida di anime, lasciare il suo ufficio, e proprio in un momento in cui la Chiesa aveva un urgente bisogno di pastori capaci di opporsi alla dittatura dello spirito del tempo e pienamente risoluti ad agire e pensare da un punto di vista di fede. Ma mi ha ancor più impressionato che nell'ultimo periodo della sua vita egli abbia imparato a lasciar procedere le cose, e a vivere sempre più con la certezza profonda che il Signore non abbandona la sua Chiesa, anche se a volte la barca è quasi sul punto di naufragare.

Quando io stesso parlai l’ultima volta con il cardinal Meisner a Colonia, il 4 marzo di quest’anno, era sereno ma, nello stesso tempo, mi espresse la sua determinazione a continuare la battaglia per Cristo e per le verità che Lui ci insegna, senza interruzioni, attraverso la Tradizione Apostolica. 

La fedeltà del cardinal Meisner al suo ufficio di pastore del gregge, anche quando non era più arcivescovo di Colonia, era una enorme fonte di forza per molti altri sacerdoti della Chiesa che stanno soffrendo ogni giorno per condurre il gregge nella via di Cristo. Per diverse ragioni molti sacerdoti stanno in silenzioso di fronte alla situazione in cui si trova la Chiesa oppure abbandonano la chiarezza dell’insegnamento della Chiesa, scegliendo la confusione e l’errore, che si pensa erroneamente più efficace nell’affrontare il collasso totale della cultura cristiana. Il giovane prete che mi ha fatto la domanda sulla possibile natura apocalittica del momento presente nella Chiesa e nel mondo parla a partire dall’esperienza di sfide mai tanto grandi nell’insegnare le verità di fede in tutta la loro integrità e dall’assistere di un’apparente mancanza di chiarezza e coraggio da parte della più alta autorità ecclesiastica. 

Infatti, la cultura totalmente materialista e relativista, abbracciata e potentemente supportata dai mezzi di comunicazione secolarizzati e dalle lobby politiche dei ricchi secolarizzati, incoraggia la confusione e la divisione nella Chiesa. Tempo fa, un cardinale a Roma commentava quanto fosse bene che i media secolarizzati non attaccassero più la Chiesa, come facevano con tanta ferocia durante il pontificato di Benedetto XVI. La mia risposta fu che l’approvazione dei media secolarizzati, è per me, al contrario, un segno che la Chiesa sta fallendo miseramente nella sua testimonianza al mondo chiara e coraggiosa per la salvezza del mondo.

Andare a braccetto con gli interessi dei nemici della Chiesa nel lodare e promuovere la confusione e l’errore nella Chiesa significa anche dare una lettura politica e mondana del governo della Chiesa. Per gli architetti di una Chiesa secolarizzata e politicizzata, coloro che parlano di quello che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato sono ora i nemici del Papa. La dottrina e la disciplina, che insieme alla Sacro Culto, sono il dono essenziale di Cristo a noi nella Chiesa vengono ora visti come gli strumenti di presunti e rigidi fondamentalisti che stanno cercando di impedire la cura pastorale dei fedeli, come viene descritta da papa Francesco. Noi testimoniamo anche la triste situazione dei membri della gerarchia che si accusano l’un l’altro pubblicamente di scopi politici e mondani, così come i politici si attaccano fra di loro per avanzare il proprio programma politico. 

A questo proposito, la pienezza del potere (plenitudo potestatis) essenziale all’esercizio dell’ufficio del successore di San Pietro è dipinta falsamente come un potere assoluto, tradendo così il Primato del successore di san Pietro che è il primo fra noi nell’obbedienza a Cristo, vivo per noi nella Chiesa attraverso la Tradizione Apostolica. Le voci secolarizzate promuovono l’immagine del Papa come un riformatore rivoluzionario, ossia come uno che intraprende la riforma della Chiesa rompendo con la Tradizione, con la regola della fede (regula fidei) e con la corrispondente regola della legge (regula iuris). Ma l’ufficio di Pietro non ha nulla a che fare con la rivoluzione, che è principalmente un termine politico e mondano. Come insegna il Concilio Vaticano II, il successore di Pietro «è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli». La pienezza del potere, il non ostacolabile esercizio dell’ufficio del Romano Pontefice, serve precisamente per proteggerlo dal pensiero di tipo mondano e relativista che conduce alla confusione e alla divisione. Gli dà anche la capacità di annunciare e difendere la fede nella sua integrità. Descrivendo quello che sia reso noto come il “potere delle chiavi”, il catechismo della Chiesa cattolica ci ricorda che questo è fondato sulla confessione di san Pietro di Nostro Signore come Dio il Figlio Incarnato per la nostra salvezza eterna e dichiara: 

“Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli” (552).

Perciò è assurdo pensare che papa Francesco possa insegnare qualcosa che non sia in accordo con quello che i suoi predecessori, per esempio papa Benedetto XVI e papa san Giovanni Paolo II, hanno solennemente insegnato. Riguardo alle dichiarazioni di papa Francesco, si è diffuso un modo di intendere molto popolare per cui ogni sua esternazione debba essere accettata come insegnamento papale o magisteriale. I media hanno certamente trovato e scelto le dichiarazioni di papa Francesco in modo da dimostrare che la Chiesa Cattolica sta subendo una rivoluzione che sta cambiando radicalmente il suo insegnamento su certe questioni chiave della fede e specialmente della morale. La questione è complicata perché papa Francesco sceglie regolarmente di parlare in modo colloquiale, sia durante le interviste in aereo sia ai diffusori di notizie, o con commenti spontanei ai vari gruppi che incontra. Motivo per cui, quando qualcuno pone le sue osservazioni all’interno del contesto proprio dell’insegnamento e della pratica della Chiesa, può essere accusato di parlare contro il Santo Padre. Ricordo quando uno degli eminenti padri della sessione straordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si teneva nell’ottobre del 2014, venne da me durante una pausa dicendomi: “Cosa sta succedendo? Quelli di noi che stanno sostenendo quello che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato vengono ora chiamati nemici del Papa?”. Come risultato, si sarebbe tentati di rimanere in silenzio o di provare a spiegare dottrinalmente un linguaggio che confonde o persino contraddice la dottrina.

Il modo in cui sono arrivato a comprendere il dovere di correggere la comprensione popolare circa l’insegnamento della Chiesa e le dichiarazioni del papa è di distinguere, come la Chiesa ha sempre fatto, le parole dell’uomo che è il papa e le parole del Papa come vicario di Cristo in terra. Nel Medioevo, la Chiesa ha parlato dei due corpi del Papa: il corpo dell’uomo e il corpo del Vicario di Cristo. Infatti, la veste tipica del papa, specialmente la mozzetta rossa con la stola che raffigura i santi apostoli Pietro e Paolo, rappresenta visibilmente il vero corpo del papa quando esprime l’insegnamento della Chiesa.

Attualmente, la Chiesa non era abituata a un Pontefice Romano che parla pubblicamente in maniera colloquiale. Infatti, è sempre stata adottata una grande prudenza, cosicché ogni parola pubblica del papa fosse chiaramente in accordo con il Magistero. Alcuni mesi fa, parlavo con un cardinale che, da giovane prelato, aveva lavorato vicino a papa Paolo VI. Paolo VI non avrebbe mai permesso la pubblicazione di uno dei suoi sermoni senza prima esaminare il testo scritto. Come disse al giovane prelato: sono il Vicario di Cristo in terra, e ho la più grande responsabilità di essere certo che nessuna mia parola possa essere interpretata in modo contrario all’insegnamento della Chiesa. 

Papa Francesco ha scelto di parlare spesso nel suo primo corpo, il corpo dell’uomo che è il papa. Infatti, anche nei documenti che, in passato, rappresentavano un insegnamento più solenne, lui stesso ha detto chiaramente che non sta offrendo un insegnamento magisteriale ma il suo pensiero personale. Ma coloro che sono abituati a un modo differente di parlare del Papa, vogliono rendere ogni sua dichiarazione parte del Magistero. Farlo è contrario alla ragione e a quello che la Chiesa ha sempre compreso. E' semplicemente sbagliato e dannoso per la Chiesa prendere ogni dichiarazione del Santo Padre come fosse un’espressione dell’insegnamento papale del magistero.

Fare una distinzione fra i due tipi di discorsi del Pontefice Romano non è, in nessun modo, irrispettoso dell’ufficio petrino. Ancor meno è un atto di inimicizia nei confronti di papa Francesco. Infatti, al contrario, dimostra un sommo rispetto per l’ufficio petrino e per l’uomo a cui Nostro Signore lo ha affidato. Senza questa distinzione, perderemmo facilmente il rispetto per il papato o saremmo portati a pensare che, se non siamo d’accordo con le opinioni personali del Pontefice Romano, allora dovremmo rompere la comunione con la Chiesa. 

In ogni caso, qualsiasi dichiarazione del Pontefice Romano deve essere compresa nel contesto dell’insegnamento e della pratica della Chiesa, affinché la confusione e la divisione circa l’insegnamento e la pratica della Chiesa non entrino nel Suo corpo a gran danno delle anime e a gran danno dell’evangelizzazione del mondo. Ricordiamo le parole di san Paolo all’inizio della lettera ai Galati, una comunità di primi cristiani in cui regnava la confusione e la divisione. Come buon pastore del gregge, san Paolo ha scritto le seguenti parole da utilizzare nelle situazioni più preoccupanti:

«Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il Vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo! (Gal 1, 6-10)»

Mentre manteniamo fermamente la fede cattolica in ciò che concerne l’ufficio petrino, non possiamo cadere nell’idolatria del papato che renderebbe dottrina ogni parola pronunciata dal papa, anche se fosse interpretata in maniera contraria alla parola di Cristo stesso, ad esempio, riguardo all’indissolubilità del matrimonio (Mt 19, 9). Piuttosto, con il successore di Pietro, dovremmo sforzarci di comprendere sempre più a fondo la parola di Cristo, in modo da viverla sempre più perfettamente. 

In modo scandaloso, alcuni mesi fa, il superiore generale dei gesuiti ha suggerito che non possiamo sapere quello che Cristo ha detto veramente di ogni cosa, dal momento che non abbiamo una registrazione dei suoi discorsi. A parte l’assurdità della sua dichiarazione, dà l’impressione che non ci sia più un insegnamento definitivo e una pratica di fede che ci pervenga, in maniera ininterrotta, dal tempo di Cristo e degli apostoli.

Ugualmente, non è una questione di un cosiddetto “pluralismo” legittimo nella Chiesa, ossia di una legittima differenza di opinione teologica. I fedeli non sono liberi di seguire opinioni teologiche che contraddicono la dottrina contenuta nelle Sacre Scritture e nella Tradizione Sacra, confermata dal magistero ordinario, anche se queste opinioni trovano un grande consenso nella Chiesa e non vengono corrette dai pastori della Chiesa come sarebbe loro obbligo fare. 

Guardando alle centennali apparizioni della Madonna di Fatima, dobbiamo ricordare quanto il Suo messaggio o, come qualcuno lo chiama, il Suo segreto, è principalmente inteso ad affrontare un’apostasia ampiamente diffusa nella Chiesa e il fallimento dei sacerdoti nel correggerla. Il trionfo del Cuore Immacolato di Maria è, innanzitutto, il trionfo della fede che ci insegna la giusta relazione con Dio e con gli altri uomini.

Sicuramente, Cristo il Buon Pastore chiede che coloro che vengono ordinati per agire in Sua rappresentanza a fianco di tutto il gregge vadano in cerca delle pecore perdute. Ma quando il Buon Pastore ritrova la pecora perduta non la lascia nella sua condizione di perdizione ma se la pone sulle spalle per riportarla nell’ovile, a Cristo che solo può salvarci dal nostro peccato. Riferendosi alla gioia del pastore che ha riportato a casa la pecora smarrita, Nostro Signore conclude la Parabola della pecora smarrita con queste parole: 

«Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta”. Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte» (Lc 15, 7-10).

Quale deve essere la nostra risposta al momento estremamente difficile in cui ci troviamo a vivere, momento che pare realisticamente apocalittico? Deve essere la risposta della fede, la fede in Nostro Signore Gesù Cristo che è vivo per noi nella Chiesa e che mai fallirà nell’insegnarci, santificarci e guidarci nella Chiesa, come anche Lui ha affermato, di rimanere con noi sempre fino al Suo ritorno nell’ultimo giorno per istituire “nuovi cieli e nuova terra”, per accogliere i fedeli alla Banchetto delle nozze dell’Agnello. Capiamo quello che Cristo ci insegna nella Chiesa. È contenuto nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nell’insegnamento ufficiale della Chiesa. Il suo insegnamento non cambia. Nel mezzo della confusione della divisione presenti, dobbiamo studiare più attentamente l’insegnamento della Fede contenuto nel Catechismo della Chiesa Cattolica ed essere preparati a difendere questi insegnamenti contro le falsità che eroderebbero la fede e quindi l’unità della Chiesa.

Nello stesso tempo, nella nostra afflizione per le tante manifestazioni problematiche di confusione, divisione ed errore nella Chiesa non dobbiamo mancare nel riconoscere anche i molti segni edificanti di fedeltà a Cristo nella Chiesa. Penso a molte belle case cattoliche in cui la conoscenza, l’amore e il servizio a Cristo sono il centro della vita. Penso a molti bravi e saldi sacerdoti e vescovi che vivono la fede e ne danno esempio nella loro vita quotidiana. Nei tempi travagliati che stiamo attraversando è importante che i cattolici buoni e fedeli si uniscano insieme per approfondire la loro fede ed incoraggiarsi l’un l’altro. Vi prego di permettermi di osservare che il Church Teaches Forum fornisce un servizio molto importante a tutti noi nella Chiesa, specialmente in tempi in cui la Chiesa è in crisi.

Per rimanere completamente uniti a Cristo, per essere un cuore solo con il Sacro Cuore di Gesù, dobbiamo ricorrere alla Beata Vergine Maria, la Madre di Cristo e la Madre della Chiesa, così da imitare l’unione del Suo Cuore Immacolato con il glorioso Cuore ferito di Gesù e così da cercare la sua materna intercessione. Le parole finali della Vergine Madre del Redentore riportate nel Vangelo sono le parole che ha dato al sommelier delle Nozze di Canaa che andò da lei angosciato per la mancanza di vino per gli invitati del novello sposo. Lei diede una risposta a lui e alla situazione di grande disagio conducendoli al suo Divin Figlio, anche lui ospite della festa nunziale, e istruendoli così: “Fate quello che Lui vi dirà”. Queste semplici parole esprimono il mistero della Maternità Divina attraverso cui la Vergine Maria divenne la Madre di Dio, portando Dio il Figlio Incarnato nel mondo. Per lo stesso mistero, lei continua ad essere il canale di tutte le grazie che, senza misura e senza sosta sgorgano dal Cuore glorioso e trafitto del Suo Divin Figlio nei cuori dei Suo fedeli fratelli e sorelle nel pellegrinaggio terreno verso la dimora eterna con Lui nel Paradiso. Non meno di come fece per il sommelier delle Nozze di Canaa, la Beata Madre ci avvicinerà sempre a Cristo che solo ci dona la pace e nel mezzo delle nostre prove. 

Invocando l’intercessione della Vergine Maria, dobbiamo anche invocare frequentemente durante il giorno l’intercessione di san Michele Arcangelo. Non c’è dubbio che la Chiesa si trovi nel mezzo di un tempo particolarmente feroce della battaglia contro le forze del male, contro satana e la sua corte. C’è un’azione decisamente diabolica nella così dilagante confusione, divisione, errore nella Chiesa. Come ci ricorda san Paolo nella lettera agli Efesini “la nostra battaglia non è contro la carne il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo delle tenebre, contro gli spiriti del male cha abitano nelle regioni celesti”. San Michele è il nostro difensore nella battaglia, è il nostro “presidio contro le iniquità e le insidie del diavolo” che non dorme mai perché “si aggira per il mondo a perdizione delle anime” (preghiera a san Michele Arcangelo).

La beata Vergine Maria ci rende anche coscienti della nostra comunione con tutti i santi e, in particolare, con il più casto, suo sposo e padre putativo del Suo divino Figlio, San Giuseppe. San Giuseppe è il patrono della Chiesa universale. Dovremmo pregarlo ogni giorno per la pace nella Chiesa, per la Sua protezione contro ogni forma di confusione di divisione che sono da sempre le opere di satana. Non senza ragioni, uno dei titoli di san Giuseppe è “Terrore dei demoni”. Come buon padre, lui intercederà per la Chiesa, il Mistico Corpo di Cristo.

La Beata Vergine Maria ci condurrà allo stesso modo a cercare l’intercessione di san Pietro per il suo successore, papa Francesco, affinché sappia come meglio affrontare la gravosa situazione del mondo della Chiesa, insegnando fedelmente la parola di Cristo e portandola con l’amore e la fermezza di una vera guida delle anime nella situazione in cui si trova il mondo oggi. Dovremmo anche invocare l’intercessione dei grandi papi santi che hanno guidato la Chiesa in tempi difficili con santità eroica. Penso a papa san Leo il Grande, a papa san Gregorio il Grande, a papa san Gregorio VI, a papa san Pio V, a papa san Pio X e a papa san Giovanni Paolo II.

In modo particolare, dovremmo pregare per i cardinali della Chiesa, che sono i principali consiglieri del Pontefice romano, affinché diano una vera assistenza al Santo Padre nell’esercizio del suo ufficio come “perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Lumen Gentium n°23). In tempi simili, il servizio dei cardinali richiede loro una particolare chiarezza e coraggio e la volontà di accettare qualsiasi sofferenza sia richiesta per essere fedeli a Cristo e alla sua Chiesa, “anche fino a versare il sangue”. 

Essendoci stretti vicini alla Madre di Dio che ci porta infallibilmente al Suo Divin Figlio dovremmo rimanere sereni per la nostra fede in Cristo che non permettere mai “alle porte degli inferi” di prevalere contro la Chiesa. La serenità non significa ignorare o negare la gravità della situazione in cui si trovano il mondo e la Chiesa. Significa piuttosto che siamo pienamente coscienti della serietà della situazione, mentre nello stesso tempo affidiamo tutti i bisogni del mondo e della Chiesa di Cristo nostro Salvatore attraverso l’intercessione della Beata Vergine Maria, di san Michele Arcangelo, di san Giuseppe e di tutta la compagnia dei santi. 

La serenità significa che non dobbiamo lasciar spazio alla disperazione mondana che si esprime in modo aggressivo e spietato. La nostra confidenza è in Cristo. Sì, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per difendere la nostra fede cattolica in ogni circostanza in cui è sotto attacco, ma dobbiamo sapere che la vittoria appartiene ultimamente e unicamente a Cristo. Quindi, quando abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, stiamo in pace, anche riconoscendo di rimanere dei “servi inutili”. 

Non ci può essere spazio, nel nostro pensiero o nella nostra azione, per lo scisma che è sempre e in ogni luogo sbagliato. Dovremmo essere pronti ad accettare qualsiasi sofferenza possa venire per la salvezza di Cristo e del Suo Corpo Mistico, la nostra Madre Chiesa. Come sant’Atanasio e altri grandi santi che hanno difeso la fede in tempi di grande pericolo per la Chiesa, dovremmo essere pronti ad accettare di essere ridicolizzati, incompresi, perseguitati, esiliati e anche di morire,  per rimanere uno con Cristo nella Chiesa sotto la protezione materna della beata Vergine Maria: preghiamo che alla fine del nostro pellegrinaggio terreno saremo in grado di dire con san Paolo:

“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione”.

Lo scisma è frutto di un modo di pensare mondano, per cui si crede che la Chiesa sia nelle nostre mani, invece che nelle mani di Cristo. La Chiesa nei nostri tempi ha un grande bisogno di purificazione di ogni tipo di pensiero mondano. Perciò, insieme a san Paolo che ha sofferto così tanto per la predicazione della fede a tutte le nazioni, dovremmo gioire di portare nei nostri corpi le sofferenze di Cristo per la salvezza della Sua Sposa, la Chiesa. 

Data la particolare natura di questi pericoli per la Chiesa nei nostri tempi, dobbiamo salvaguardare specialmente la nostra fede nell’ufficio petrino e il nostro amore per il successore di san Pietro, papa Francesco. Nostro Signore ha costituito la Sua Chiesa sulle solide fondamenta di san Pietro e dei suoi successori. Il ministero di san Pietro è essenziale alla vita della Chiesa. Rinnoviamo ogni giorno la nostra fede nella Chiesa e nell’ufficio, divinamente elargito, del Pontificie Romano e preghiamo in maniera fervente per il Pontefice Romano che possa servire Cristo in tutta obbedienza e generosità. 

Per concludere, come risposta al giovane prete che ha espresso preoccupazione sul fatto che potremmo trovarci a vivere i tempi finali, dopo avergli detto che potrebbe anche essere, ho continuato dicendo che non dovremmo preoccuparci se questi sono momenti apocalittici o meno, ma di rimanere fedeli alla fede, generosi e coraggiosi nel servire Cristo e il Suo Corpo Mistico, la Chiesa. Infatti sappiamo che il capitolo finale della storia di questi tempi è già scritto. E’ la storia della vittoria di Cristo sul peccato e del suo frutto più mortale, la dannazione eterna. Ci resta da scrivere, insieme a Cristo, i capitoli intermedi attraverso la nostra fedeltà, coraggio e generosità come Suoi veri collaboratori, come veri soldati di Cristo.

E’ mia speranza che queste riflessioni possano aiutarvi nel vivere la fede cattolica il più pienamente e perfettamente possibile in questi tempi massimamente travagliati. In particolare modo, è mia speranza che vi aiuteranno a vivere vite di pace al seguito del Cuore Immacolato di Maria, per cui Dio Figlio ha assunto un cuore umano, in modo da ottenere sempre la pace per i nostri cuori. Facciamo nostro l’inno alla Vergine Madre di Dio più vecchio che abbiamo preservato, trovato su un papiro egizio del III Secolo: 

“Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”. 

Ugualmente, preghiamo con le parole dell’antico inno dei vespri nelle feste della beata Vergine Maria,  Ave Stella del mare: 

“Mostrati come madre; che il Verbo divino, nato per noi, che ha scelto di essere tuo, accolga le nostre preghiere attraverso la tua intercessione”.

Non dubitavo mai del fatto che la beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Grazia Divina ci guidi a Suo Figlio, in modo che i nostri cuori, uno con quello dell’Immacolata Maria, possano risposare sempre nel Suo Cuore, l’unica sorgente di salvezza. Così troveremo pace. Noi conosceremo, ameremo e serviremo Cristo nella nostra vita quotidiana.

Grazie per la vostra gentile attenzione. Vi prego di pregare per me. Dio benedica voi, le vostre case e tutte le vostre fatiche. 

Raymond Leo Cardinal BURKE