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IN EMILIA ROMAGNA

Rinviata la Scalfarotto 2.0: il nodo è l’utero in affitto

È per ora congelata la proposta di legge sull’«omotransnegatività», in discussione al Consiglio regionale dell’Emilia Romagna. A bloccare tutto due emendamenti contro l’utero in affitto, proposti da un consigliere del Pd, per la rabbia di Lo Giudice e Cirinnà. Nonostante le modifiche, il testo rimane inaccettabile perché crea ingiustificati privilegi per i gruppi Lgbt e minaccia la libertà di espressione, come ricorda la scorta necessaria ieri per i relatori di un incontro sulla famiglia.

Vita e bioetica 12_04_2019

Era stata pensata come una sorta di legge Scalfarotto 2.0, addirittura peggiore nei contenuti, e come il ddl Scalfarotto aveva - soprattutto nella sua prima formulazione - una portata liberticida e ampissimi margini di ambiguità. Si tratta della legge sulla cosiddetta “omotransnegatività” in discussione al Consiglio regionale dell’Emilia Romagna. Tecnicamente si chiama «Progetto di legge contro l’omotransnegatività e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere» e si prefigge lo scopo di promuovere politiche per consentire «ad ogni persona la libera espressione e manifestazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere, nonché a prevenire e superare le situazioni, anche potenziali, di discriminazione e omotransnegatività, quali comportamenti di avversione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica».

Ma nel nostro Paese ogni comportamento di avversione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica è già punibile appellandosi al codice penale, quindi, perché una nuova legge? Per capirlo basta leggere il comma 2 dell’articolo 1: «La Regione garantisce il diritto all’autodeterminazione di ogni persona in ordine al proprio orientamento sessuale e alla propria identità di genere». Anche in questo caso dunque - come il ddl Scalfarotto - l’obiettivo è quello di definire giuridicamente l’identità di genere, intendendo così “superare” la binarietà dei due sessi maschile e femminile. È un obiettivo per ora circoscritto all’ambito regionale ma è chiaro che attraverso leggi simili si vuole fare pressing sull’ambito nazionale per introdurre reati basati su concetti inventati come l’omotransnegatività. Come si misurerebbe tale “negatività”? E, ancora una volta, come si fa ad accertare che un dato comportamento definito negativo è discriminatorio in quanto la presunta vittima è omosessuale o transessuale e non per altri motivi? Ancora una volta in gioco c’è la libertà di espressione.

Il testo infatti aveva destato preoccupazione persino all’interno del Forum delle associazioni familiari dell’Emilia Romagna che lo scorso 13 febbraio ha firmato un documento in cui si legge: «Il Forum delle associazioni familiari è contrario a qualsiasi forma di discriminazione, comprese quelle riguardanti l’orientamento sessuale», tuttavia la proposta di legge «introduce una novità che rappresenta paradossalmente una ‘discriminazione delle altre discriminazioni’: tra tutte le discriminazioni esistenti, quella relativa all’orientamento sessuale e all’identità di genere assume in questo modo rilevanza totalmente prioritaria rispetto alle altre». Inoltre, fa notare il Forum, con questa legge, e con l’introduzione del principio dell’omotransnegatività, «la semplice affermazione che la pratica dell’utero in affitto è aberrante, o che le coppie omosessuali sono, per loro natura, non fertili, diventa autonomamente un reato: ci sembra francamente una palese violazione del principio, costituzionalmente garantito, di libera manifestazione del proprio pensiero». Per il Forum la legge «disattende “il patto di corresponsabilità educativa” scuola-famiglia e apre un canale preferenziale per formazione, riqualificazione e inserimento lavorativo per le persone Lgbt» mentre «ogni anno 25 mila mamme sono costrette a rinunciare al posto di lavoro, dopo la nascita del figlio» e vi sono «padri di famiglie numerose, disoccupati, che non riescono a trovare lavoro».

Ma nelle ultime settimane sono moltissime le voci che si sono levate contro questo testo liberticida tanto che mercoledì, durante la discussione in commissione a Bologna, si è scatenata la bagarre. A causarla sono stati gli emendamenti 24 e 25 sull’utero in affitto, proposti dal consigliere del Pd, Giuseppe Paruolo, e firmati da altri otto democratici. Il testo è stato presentato così dal primo firmatario: «L’emendamento elenca una serie di fenomeni che crediamo sia importante prevenire e contrastare: fenomeni certamente diversi fra loro ma accomunati appunto dalla violazione della dignità della persona, e peraltro tutti anche costituenti reato. Non è un eccesso di zelo né una divagazione fuori tema. È evidente che c’è chi ritiene che la maternità surrogata sia una strada percorribile nell’ambito dell’affermazione di prerogative individuali ritenute diritti, andando magari all’estero, magari col concorso di donne fragili socialmente o economicamente. Con l’emendamento noi chiariamo che questa legge intende combattere con decisione le discriminazioni, ma non fino al punto di estendere il diritto individuale alla completa assolutezza, trovando invece limite ad esempio in ogni forma di sfruttamento del corpo femminile e violazione della sua dignità. Un confine che vogliamo indicare senza ambiguità, anche sul piano culturale, a partire dalla surrogazione di maternità ma per completezza ricordando anche le altre possibili forme.  Per evitare ogni stigmatizzazione delle persone lgbt, l’emendamento prevede una modifica alla LR 6/2014 che viene richiamata nel testo della legge, in modo da chiarire che parlare di maternità surrogata riguarda sia le coppie eterosessuali che quelle omosessuali. È una misura contro lo sfruttamento delle donne, e ringrazio le femministe e le associazioni lgbt intervenute nel dibattito preventivo di questi giorni per difenderla, avendone compreso il valore universale».

Di fonte a questo emendamento, con una mossa strategica, i consiglieri di opposizione hanno deciso di apporre le proprie firme: si tratta del leghista Daniele Marchetti, il forzista Andrea Galli, Giancarlo Tagliaferri di Fratelli d'Italia e di Michele Facci, relatore di minoranza della legge: «Dopo avere ottenuto il consistente ridimensionamento del progetto di legge, dal quale è stato espunto il termine “omotransnegatività”, nonché il riferimento a comportamenti anche solo potenzialmente negativi, abbiamo messo in luce le evidenti contraddizioni e forzature all’interno della maggioranza, nonché la strumentalità di questo progetto di legge, pensato unicamente per soddisfare i desiderata delle comunità Lgbti», scrivono in una nota. «Invitiamo il presidente Bonaccini ad intervenire con urgenza per interrompere l’iter amministrativo di questo progetto di legge che, ridimensionato dai 23 emendamenti presentati proprio dalla relatrice di maggioranza, si appalesa oggi in tutta la sua inutilità e strumentalità, anche per evitare alla sua maggioranza l’ennesimo passo falso».

E se in casa centrodestra si festeggia - sebbene il testo di legge rimanga inaccettabile - decisamente diverso il clima che si respira a sinistra e nel mondo Lgbt. Di fronte alle firme dei consiglieri di opposizione i consiglieri del Pd precisano: «I valori che ispirano le idee delle opposizioni sono agli antipodi rispetto ai nostri; pertanto, l’adesione dei consiglieri delle opposizioni ai nostri emendamenti non è affatto gradita». Il capogruppo di Sinistra Italiana, Igor Taruffi, a quel punto, ha chiesto al Pd di ritirare l’emendamento della discordia. «Questa legge poteva essere un passo avanti importante, ma quando ci si trova di fronte a un emendamento presentato dal Pd e apprezzato da Fratelli d’Italia, io penso ci sia un problema». Critico anche il Movimento Cinque Stelle: «Il Pd, per questioni interne, ci ha messo fretta, peraltro prendendo a picconate la legge con emendamenti peggiorativi e giudizi morali su temi, come la gravidanza surrogata, sui quali la Regione non ha competenze e che nulla c’entrano con l’omofobia. Si è voluto usare il tema dell’omotransfobia per meri interessi politici». La seduta fiume in commissione si è dunque conclusa mercoledì in tarda serata con un rinvio del voto a data da destinarsi.

Tra gli scontenti, ça va sans dire, c’è la senatrice Monica Cirinnà che definisce quello dei suoi colleghi di partito «un emendamento senza senso, non ci deve stare e questo l’ho già detto al presidente Bonaccini e a molti altri amici e colleghi del Pd regionale». Si tratta, continua la senatrice, di un «emendamento devastante che dà segnali pessimi su questioni che nulla c’entrano con l’omotransfobia. Tra l’altro in Italia la gestazione per altri è vietata, non c’è nessun motivo per un emendamento deleterio di questo tipo». Sulla stessa linea, come da copione, il bolognese Sergio Lo Giudice, già responsabile del Pd per i “diritti civili” nonché “fruitore” lui stesso - insieme al compagno Michele Giarratano - della pratica dell’utero in affitto attraverso la quale ha ottenuto due bambini che crescono privati della figura materna: «L’emendamento è inaccettabile», sentenzia.

Ma non è tutto. Ieri le sigle Lgbt si sono date appuntamento a Bologna per contrastare l’incontro dal titolo Sì alle leggi per la famiglia, no alla legge sulla omotransnegatività, a cui sono intervenuti Jacopo Coghe, vicepresidente del Congresso Mondiale delle Famiglie, Filippo Savarese, direttore di Citizen Go Italia, Maria Rachele Ruiu, referente nazionale di Provita&Famiglia, e Francesco Farri del Centro Studi Livatino. L’incontro è stato subito avversato duramente dal mondo Lgbt, tanto che è stato necessario schierare un gran numero di forze dell'ordine per garantire la protezione dei partecipanti. Come ha detto Coghe in una diretta video: «Ci hanno dovuto scortare dalla stazione per venire a questo congresso: oggi per dire che un bambino ha diritto a una mamma e un papà, per dire che l’utero in affitto è una pratica abominevole, bisogna andare sotto scorta».