Papa e abusi, ecco dove stanno i falsari della parola
C'è un fatto, molto semplice, a cui si deve dare una risposta e da cui dipende la credibilità del Papa: il 23 giugno 2013 monsignor Viganò ha veramente informato il Papa del caso McCarrick? Questo milioni di cattolici hanno il diritto di sapere. E invece la solita banda di falsari delle parole non appena si fa questa domanda cercano di screditare chi pone le questioni, affibbiandogli secondi, terzi e quarti fini ignobili.
«Papa Francesco incontrerà in Vaticano tutti i presidenti della Conferenze episcopali dal 21 al 24 febbraio prossimo, ‘per parlare della prevenzione degli abusi su minori e adulti vulnerabili’». Così Vatican News, che riporta le parole della vicedirettrice della sala stampa vaticana, Paloma Garcia Ovejero, nel briefing tenuto al termine della riunione del C9, il Consiglio dei Cardinali per la riforma della Curia.
Poi abbiamo letto un editoriale di Avvenire, dove Stefania Falasca raccomandava «per non rimanere disorientati dai falsari della parola che assediano l’attuale stagione ecclesiale» è salutare «seguire il Magistero ordinario del Successore di Pietro. Il Papa non è un personaggio. Nella sua predicazione ordinaria non parla di sé».
Falasca afferma che «si moltiplicano i sintomi di un male che sembrano diffondersi come una crisi di nevrastenia collettiva, dove tutto diventa materia di denigrazione e riceve un’interpretazione sinistra arrivando persino a ritenere normale e lecito chiedere le dimissioni del Papa come fosse il capo di un’azienda o di un partito».
Falsari della parola. Ecco, mentre leggevamo questa frase pensavamo a McCarrick, a Tegucicalpa, a Boston e al suo seminario, e a tanti altri casi in Germania, Cile, Usa e anche in Italia, anche se per ora da noi le denunce sono solo sommesse, anonime. Una crisi che, come è stato affermato da più parti, riguarda “l’omosessualità pervasiva” del clero e dei vescovi; ma di cui l’Istituzione non parla. Non ne parla il comunicato per la riunione di febbraio (febbraio! Siamo a settembre…) delle Conferenze episcopali, non ne ha neanche accennato il Papa nella sua lettera ai vescovi cileni, e negli altri interventi, non ne parlano le fonti ufficiali. Perché? Che cosa non si vuole dire? Siamo cattivi se pensiamo che esistano “falsari della parola” per omissione, voluta? Per coprire chi e che cosa?
Ha ragione Falasca, che consiglia di seguire il Magistero ordinario. Ma ahimè, il Pontefice è anche una persona, che come chiunque ha una maggiore o minore credibilità a seconda della corrispondenza fra ciò che dice, e ciò che fa. Ed è per questo che è così importante, per me, e per milioni di altre persone, sapere se realmente mons. Viganò ha detto al Pontefice il 23 giugno 2013 chi era e che cosa aveva fatto, e faceva Thedore McCarrick. Perché se è vero, e papa Bergoglio non solo non ha fatto nulla, ma l’ha riabilitato, e ha seguito i suoi consigli per le promozioni e le nomine negli Usa, premiando amici e pupilli di McCarrick, la sua credibilità, quando a febbraio presiederà questa ennesima conferenza vaticana non sarà eguale a quella di cui potrebbe godere se Viganò avesse mentito, o si fosse sbagliato.
Ecco perché si entra di default nella banda dei falsari di parole quando invece di cercare di sapere se questo – un fatto, non un’opinione – è vero o non è vero, si blatera di complotti, e attacchi al Papa e tutto il resto. Nelle democrazie, dove la parola è libera, si può chiedere conto all’autorità della realtà o meno di un evento. Nei regimi no; e una richiesta di trasparenza e di verità viene immediatamente etichettata come un assalto alla figura guida carismatica, al “Piccolo Padre”, al “Grande Timoniere” e così via. E i falsari di parole che reagiscono immediatamente cercano di screditare chi pone le questioni, normalmente affibbiandogli secondi, terzi e quarti fini ignobili. Anche questo l’abbiamo visto.
Perché, lasciando perdere le dimissioni, è la credibilità personale, umana, del Pontefice che è in gioco. E che rappresenta un dramma per molti cattolici, e forse anche per alcuni non cattolici. Per questo i falsari della parola evitano, nelle loro lunghe dissertazioni e analisi, di toccare questo punto. A cui il silenzio, comunque adornato e abbellito non costituisce risposta. Una scimmia vestita di seta resta una scimmia. In maniera vaga il C9 adombra la possibilità che la Santa Sede formuli «gli eventuali e necessari chiarimenti» a «fronte di quanto accaduto nelle ultime settimane».
Intanto anche fra i più accesi denigratori dell’arcivescovo Viganò ora si ammette che «è evidente che l’ex nunzio negli Stati Uniti ha citato date e documenti in suo possesso (o passati sotto i suoi occhi) sui quali non c’è motivo di dubitare». Un’ammissione importante. E se non si fosse sbagliato neanche sull’udienza del 23 giugno 2013 con papa Bergoglio? I «chiarimenti» sono centrali anche, e forse soprattutto, su questo avvenimento.