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IL CASO

"Operazione Sodoma", l'assalto gay alla Chiesa

L'uscita contemporanea del libro "Sodoma" in 20 paesi e in 8 lingue, prevista per il 21 febbraio, si presenta come una grande operazione mediatica allo scopo di promuovere la legittimazione dell'omosessualità nella Chiesa. Ma potrebbe rivolgersi contro quel papa Francesco che l'autore vuole invece sostenere.
- ENGLISH VERSION: "OPERATION SODOMA"

Editoriali 15_02_2019
La basilica di San Pietro

Nessuno è più convinto di noi che ci sia un problema omosessualità nel clero, ne parliamo da anni, da quando ancora nessuno dei grandi media se ne interessava. Ma proprio per questo l’operazione “Sodoma”, ovvero il libro che, tradotto in otto lingue, uscirà contemporaneamente in venti paesi il prossimo 21 febbraio, puzza di imbroglio lontano un miglio. Si presenta come un grande lavoro scientifico: l’autore, Frédéric Martel, è un sociologo francese e attivista gay che afferma di aver intervistato nell’arco di quattro anni 41 cardinali, 52 vescovi, 45 nunzi apostolici, decine di guardie svizzere e tanti altri per un totale di 1500 persone, tra quanti interpellati in Vaticano e in giro per il mondo. Il risultato è un volume di quasi 600 pagine, il cui dato più clamoroso è che in Vaticano quattro preti su 5 sarebbero omosessuali.

In realtà, l’uscita di questo libro sa di una grande operazione mediatica che ha uno scopo sì commerciale, ma soprattutto "politico". L’uscita programmata contemporaneamente in tanti paesi presuppone un investimento e una regia importante difficilmente giustificata dalla previsione di vendita del libro. Certamente non è casuale il fatto che l’uscita sia programmata il primo giorno del vertice in Vaticano sugli abusi sessuali, ma questo non è il punto fondamentale. Francamente si fa fatica a immaginare che ci possano essere file in libreria per un mattone che contiene più fumo che arrosto, che insinua e ammicca piuttosto che documentare, deludendo ben presto chi pensi di trovarvi un solido lavoro sociologico o un vero libro-inchiesta.

Invece fin dal prologo troviamo le tesi che fanno da chiave di lettura dell’intero lavoro, al punto che ci si potrebbe tranquillamente fermare lì perché il messaggio che si vuole veicolare vi è già tutto contenuto, forse nella previsione che nessuno avrebbe avuto la forza di arrivare a leggere fino alla conclusione. E bastano poche pagine per capire dove si vuole andare a parare.

La conclusione infatti è questa: se l’80% dei consacrati che sono in Vaticano sono omosessuali è chiaro che il problema fondamentale è l’ipocrisia, quindi è doveroso venire allo scoperto e riconciliarsi con la realtà, accettare cioè l’omosessualità come normale orientamento. Interessante notare che Martel sposa in pieno la stessa tesi di padre James Martin, il gesuita che vuole legittimare l’omosessualità nella Chiesa e anche tra i preti, vale a dire: il problema sta nella segretezza in cui gli omosessuali sono costretti a vivere a causa dell’omofobia, questo anche per quel che riguarda gli abusi. Basta quindi far emergere tutto alla luce del sole, accettarlo come normale e tutto si sistema.

A proposito di omofobia, non sarà inutile ricordare che si tratta di un concetto inventato nel mondo gay, che non ha alcun riscontro nella realtà ed è finalizzato a normalizzare l’omosessualità. E qui si aggancia un secondo teorema di Martel, un altro luogo comune: gli omofobi sono tali perché attratti dall’omosessualità, sono omosessuali latenti. Questo spiega anche come si arriva all’80% di preti gay, e serve anche a spiegare come il vero obiettivo siano i prelati conservatori, tradizionalisti o “dottrinari” che dir si voglia. Più condannano l’omosessualità, dice Martel, più sono omofili, anzi spesso hanno una doppia vita. E qui vengono portate a sostegno le frequenti tirate di papa Francesco contro i preti che hanno una doppia vita.

Ovviamente è un teorema senza alcuna dimostrazione, ma serve a colpire i presunti “nemici” delle riforme di papa Francesco. Uno soprattutto: il cardinale americano Raymond Leo Burke, uno dei firmatari dei famosi Dubia, a cui Martel dedica un intero capitolo in cui viene dipinto come il capo della cordata anti-gay, e proprio per questo fortemente sospetto di avere tendenze omosessuali, magari represse visto che non c’è un solo testimone che lo accusi di questo o di complicità negli abusi. Tutto il capitolo è giocato sulle posizioni estremamente rigide dal punto di vista della dottrina, sulla sua ostilità nei confronti del Papa e sulla lussuosità del suo appartamento, descritto come fosse una residenza dei Casamonica. Un ritratto che, per chi conosce il cardinale Burke, è ben lontano dalla realtà, ma serve per dare forza al teorema, che viene ripetuto più volte: «Più un prelato è omofobo, più è probabile che sia omosessuale». Al contrario «più un prelato è pro-gay, meno è suscettibile di essere gay». Se queste sono le premesse possiamo capire quanto attendibile sia una ricerca di questo genere.

Ma il meglio deve ancora venire: usando l’omosessualità come chiave di interpretazione di tutto quanto succede nella Chiesa da alcuni decenni a questa parte – gli scandali dello Ior, la guerra alla “teologia della liberazione”, le dimissioni di Benedetto XVI, Vatileaks I e II, la proibizione dei preservativi nella lotta all’Aids e così via – Martel afferma anche un’altra tesi surreale. Secondo lui infatti anche «la fine delle vocazioni» è legata all’omosessualità. In che modo? Semplice: fino agli anni ’60, a causa del clima omofobo che c’era, «i giovani italiani che si scoprivano omosessuali, o avevano dubbi sulle loro inclinazioni» erano praticamente costretti «a rifugiarsi nel sacerdozio». Ma «con la liberazione omosessuale degli anni ’70 e la socializzazione gay degli anni ’80, le vocazioni cattoliche si sono naturalmente ridotte». Cioè, da qualche decennio gli adolescenti italiani gay hanno anche altre opzioni oltre al sacerdozio. Insomma «la rivoluzione omosessuale» se non l’unica è però certamente «una delle cause fondamentali della fine delle vocazioni».

Si può onestamente dare credito a un personaggio del genere? La risposta appare evidente. C’è però da notare che sebbene tutto sia costruito per sostenere la battaglia di papa Francesco contro conservatori e tradizionalisti («omosessuali in quanto omofobi»), questa operazione così rozza e becera potrebbe trasformarsi nel classico boomerang.

Il pontefice e i suoi collaboratori, infatti, stanno facendo di tutto per tenere lontano il tema omosessualità dal vertice sugli abusi, non se ne vuole parlare malgrado l’80% delle violenze sui minori riguardino proprio atti omosessuali. La linea ufficiale è: il problema è il clericalismo, e dal vertice usciranno soltanto istruzioni agli episcopati sul come gestire i casi di abuso laddove si presentino. Ma il clamore che sui media sta già suscitando questo libro renderà ancora più difficile evitare di affrontare un tema che sulla questione abusi è centrale. Ed è proprio quello che la lobby gay vuole: approfittare di questa occasione per forzare la mano e fare almeno un altro passo importante verso la piena legittimazione dell’omosessualità nella Chiesa e nel clero.

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