Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IMMIGRAZIONE

Lampedusa affonda sotto il peso degli immigrati. L'Ue sbaglia approccio

Ascolta la versione audio dell'articolo

Dal 1° gennaio 2023 al 14 settembre sono sbarcati in Italia 125.928 emigranti irregolari. Sono il doppio rispetto al 2022 e il triplo in confronto al 2021. I trafficanti scelgono l'Italia perché è la rotta più sicura. E meno rischi di espulsione. L'Ue sbaglia approccio con la Tunisia.

- LA SINISTRA USA I MIGRANTI CONTRO MELONI di Ruben Razzante

Politica 15_09_2023
Lampedusa

Dal 1° gennaio 2023 al 14 settembre sono sbarcati in Italia 125.928 emigranti irregolari. Sono quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2022, il ministero dell’interno informa, e il triplo rispetto al 2021. Ma per realizzare appieno le dimensioni assunte dal fenomeno e analizzarlo servono altri confronti. Già adesso, e mancano ancora tre mesi e mezzo alla fine dell’anno, è il numero più elevato di arrivi dal 2016, quando erano stati 181.436. Il 2018 e il 2019 sono gli anni in cui si sono registrati meno arrivi: 23.370 e 11.471. Poi i numeri hanno ricominciato a salire: 34.134 nel 2020, 67.477 nel 2021, vale a dire più del doppio del totale degli arrivi in Europa attraverso il Mediterraneo, e 105.131 nel 2022, anno in cui il totale degli ingressi attraverso il Mediterraneo è stato 159.410.

Un ultimo confronto utile è con quanto sta succedendo nel Mediterraneo, dove sono aperte tre delle sei rotte percorse dagli emigranti irregolari diretti in Europa – occidentale, centrale e orientale – e dove altri quattro Paesi per la loro posizione geografica sono come l’Italia meta delle imbarcazioni che lasciano le coste dell’Africa e la Turchia: finora a Malta sono approdate 271 persone, a Cipro 3.082, in Spagna 24.348 e in Grecia 22.921. Quindi in Italia sono entrati circa due terzi degli emigranti irregolari arrivati via mare. A fine anno, se si confermassero i dati relativi ai primi sette mesi dell’anno, potrebbero essere più della metà di tutti gli emigranti che si sono presentati alle frontiere esterne dell’Unione Europea.

Tutti vengono in Italia, dunque. Ma non è un complotto e neanche un atto di guerra come qualcuno ha detto. La rotta del Mediterraneo centrale che parte dalla Libia e dalla Tunisia è più breve e sicura. Costa anche di meno. Frontex, l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, sostiene che da qualche tempo le organizzazioni criminali che trasportano gli emigranti irregolari, in forte concorrenza per assicurarsi clienti, stanno offrendo prezzi inferiori a chi accetta di imbarcarsi da questi due Paesi. Inoltre l’Italia dà agli emigranti irregolari garanzie maggiori, soprattutto rispetto alla Grecia, di un lungo soggiorno, come ospiti, in attesa che le richieste di asilo vengano esaminate e giudicate, un periodo esteso dalla facoltà, in caso di richiesta respinta, di ricorso in Cassazione, usufruendo del gratuito patrocinio. Infine tre possibili esiti positivi – protezione speciale oltre allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria – aumentano le probabilità di rimanere.

Perciò raggiungono le nostre coste anche persone che seguono altre rotte via mare, specialmente quella orientale. Nel 2018 e 2019 erano stati in gran parte alcuni provvedimenti adottati da due successivi ministri dell’interno, Marco Minniti e Matteo Salvini, però subito dopo in gran parte disattesi, a ridurre drasticamente gli arrivi, senza peraltro far torto a nessuno, perché è corretto negare di restare in Italia a chi si dichiara profugo inventando violenze e persecuzioni subite come mero pretesto per non essere rimpatriato essendosi presentato senza documenti. Basta consultare le pagine web del Ministero dell’Interno per verificare quanto pochi siano i richiedenti asilo che provengono da paesi in guerra o teatro di persecuzioni e violenze. Lo confermano la piccola percentuale di persone che ottengono lo status di rifugiato e il profilo dei Paesi di origine. Dall’inizio del 2023 i Paesi da cui sono arrivate più persone, circa un quarto del totale, sono Guinea e Costa d’Avorio.

Dovrebbe essere chiaro che, così stando le cose, l’obiettivo a livello di Unione Europea avrebbe dovuto essere non discutere per anni per trovare accordi su come, se e a che condizioni organizzare la redistribuzione dei richiedenti asilo tra i paesi membri, accordi che peraltro hanno dato risultati modestissimi, ma fare di più e meglio per respingere, rimpatriare, impedire le partenze reclamando l’intervento di tutti i soggetti coinvolti, Nazioni Unite e Unione Africana prima di tutto.

Un concreto passo avanti in questa direzione sembrerebbe il memorandum d’intesa tra Tunisia e Unione Europea firmato il 16 luglio, dal momento che più di metà degli emigranti irregolari che hanno raggiunto l’Italia nel 2023 sono partiti dalla Tunisia. Il memorandum, articolato in cinque pilastri, prevede un primo pacchetto di 255 milioni di euro per il bilancio della Tunisia e per la gestione dei flussi migratori. Ma sono previsti finanziamenti fino a 900 milioni destinati alla macro assistenza finanziaria del paese. 100 milioni sono destinati a potenziare le risorse delle forze di sicurezza tunisine: più imbarcazioni, più radar mobili, più telecamere e via dicendo.

Ma la lettura dei “cinque pilastri” fa nascere qualche seria perplessità. La Tunisia condivide con l’Europa e in particolare con l’Italia, che ha avuto un ruolo importante negli incontri che hanno portato alla stesura del memorandum, il problema sempre più grave di un afflusso insostenibile di africani provenienti da altri stati del continente, gran parte dei quali intendono attraversare il Mediterraneo. Nei mesi scorsi l’insofferenza nei loro confronti, per i problemi di ordine pubblico che creano, è sfociata in atti di violenza. Su questo problema condiviso dovrebbe nascere un patto di collaborazione. Invece solo uno dei “pilastri”, il quinto, è dedicato al contrasto dell’immigrazione illegale. Gli altri quattro si impegnano a: creare opportunità per i giovani tunisini, con uno stanziamento di 65 milioni di euro per le scuole tunisine; contribuire allo “sviluppo economico della Tunisia”, aiutando la crescita e la resilienza della sua economia; fornire investimenti per migliorare la connettività della Tunisia, per il turismo e l'agricoltura; contribuire, e va sotto la voce “energia pulita”, allo sviluppo delle “potenzialità enormi” del paese per le rinnovabili, tramite un primo finanziamento di 300 milioni.

Il presupposto forse è la convinzione che così i giovani tunisini non avranno più bisogno di emigrare illegalmente in Italia. Ma dall’inizio dell’anno sono sbarcati in Italia solo 11.402 tunisini. La gran maggioranza degli emigranti che si imbarcano in Tunisia alla volta dell’Europa provengono da altri Paesi, per lo più africani. La priorità su cui concentrare le risorse dovrebbe essere collaborare e sostenere la Tunisia non a diventare più green, ad avere scuole migliori, a far quadrare il suo bilancio e neanche soltanto a potenziare la sua capacità di intercettare le imbarcazioni che lasciano le sue coste, ma a monitorare e blindare le sue frontiere di terra con l’Algeria e la Libia.