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ELEZIONI

Il Paese dei vescovi asfaltati

Le prime reazioni dei vescovi ai risultati elettorali per il Parlamento europeo preoccupano ancor più della campagna elettorale sfacciatamente condotta a favore della sinistra. 

Editoriali 28_05_2019

C’è un Paese dove i vescovi fanno i politici e perdono le elezioni; dove il quotidiano della Cei dopo l’onore perde anche il senso del ridicolo; dove i pastori parlano di annunciare il Vangelo e sostengono chi vuole droga libera, eutanasia, aborto, utero in affitto, oltre a un esercito di immigrati irregolari. È l’Italia dell’8xMille, il Paese dei Vescovi Asfaltati.

Ma non staremo a infierire sullo smacco subito dalle gerarchie ecclesiastiche che hanno trascinato la Chiesa in una battaglia partitica insensata, favorendo una sorta di referendum su Matteo Salvini, con i risultati che abbiamo visto. Avevamo già espresso la nostra amarezza (clicca qui) per questa riduzione della missione della Chiesa, giudizio che sarebbe stato lo stesso anche se i cattolici e gli italiani avessero seguito fedelmente le indicazioni dei vertici dell’episcopato.

Piuttosto, notiamo che neanche dopo la pesante scoppola c’è stato un sussulto; al contrario, si persevera con analisi fantasiose, e soprattutto non si prende atto della semplice realtà. La linea della Cei è stata sintetizzata dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio (clicca qui): si concede che Salvini abbia vinto in Italia (almeno questo), ma avrebbe ben poco da gioire perché nell’insieme in Europa il sovranismo sarebbe stato pesantemente sconfitto. E di conseguenza – spiega Tarquinio – l’Italia si troverà emarginata in Europa, perché ovviamente non potrà essere accettata dai governi europeisti che continueranno a guidare l’Unione.

Come d’uso, una volta che il capo ha dato la linea, tutti i soldatini si muovono per diffonderla ovunque, felici di aver trovato la soluzione per esorcizzare la vittoria del nemico. Solo che spesso i soldatini si fanno prendere dall’entusiasmo e, sprezzanti del ridicolo, si lanciano in affermazioni degne della Pravda dei tempi d’oro.
A mo’ di esempio citerò soltanto un tweet, lanciato da un inviato che per conto di Avvenire sponsorizza soprattutto i viaggi nel Mediterraneo. Attenzione, ci dice costui, perché cercheranno di farci credere che in Europa ci sia stata una vittoria sovranista: «Altrimenti chi pensa di aver vinto in Italia, come farà ad accettare di aver perso in Europa?». Insomma i risultati delle elezioni sarebbero un pensiero, non la realtà, che invece corrisponderebbe alla sconfitta di Salvini in Europa.

Come si può notare si tratta di affermazioni prive di senso, che sfidano la logica. Come spieghiamo negli altri articoli che vi proponiamo oggi, in realtà la situazione è molto più complessa (clicca qui) perché i cosiddetti “sovranisti” si trovano diffusi in diversi gruppi parlamentari e nazionali (clicca qui) e l’unico dato certo è che i vecchi grandi partiti europei hanno subito un forte ridimensionamento (clicca qui).

Poi non poteva mancare il vescovo, e questo è anche il presidente dei vescovi della comunità europea (il lussemburghese Jean-Claude Hollericq), che inneggia al balzo in avanti dei Verdi, il che – sembra dire Hollericq – dovrebbe essere di speranza, perché è un voto che va nella direzione voluta dall’enciclica Laudato Sì, di papa Francesco.

Torniamo alla questione centrale: ciò che preoccupa ancor più della campagna elettorale appena finita, e del modo in cui è stata condotta, è l’incapacità dei vescovi-politici (e dei loro seguaci) di fare i conti con la semplice realtà: si può essere più o meno felici, più o meno delusi, che le elezioni siano andate in un certo modo, ma i numeri sono numeri, gli eletti sono eletti, dati che non si possono cambiare. E da qui dovrebbe partire anche una seria riflessione: non sull’Europa ma sulla Chiesa stessa.