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LINEE GUIDA

Giudici contro la legge pur di uccidere Alfie

Le linee guida del General Medical Council sul "miglior interesse" del paziente sono state contraddette da medici e giudici convinti che la morte del piccolo era la risposta alla sua vita. Inoltre, il documento specifica: «Non si dovrebbero formulare supposizioni ingiustificate in merito al superiore interesse di un bambino o di un giovane sulla base di fattori irrilevanti o discriminatori, come il loro comportamento, il loro aspetto o la loro disabilità».

Editoriali 30_04_2018

Abbiamo già evidenziato in articoli precedenti che i giudici inglesi avevano ordinato allo staff medico dell’Alder Hey di compiere un atto eutanasico, seppur vietato sul suolo inglese, e non di astenersi da una terapia che configurava accanimento terapeutico

L’ordine si fondava sul "miglior interesse" di Alfie. La categoria giuridica del best interest non è stata inventata lì per lì dai magistrati, ma vanta una sua tradizione giurisprudenziale ed è stata anche codificata dal General Medical Council (Gmc), un ente pubblico nato per contribuire «alla protezione del paziente ed al miglioramento della pratica medica nel Regno Unito».

Il Gmc ha stilato alcune Linee guida deontologiche per la buona pratica medica di cui una si intitola «0-18 anni: linee guida per tutti i medici». Andiamo alla sezione “Valutazione del miglior interesse” del minore e leggiamo cosa c’è scritto riferendolo al caso Alfie: «Una valutazione del miglior interesse tiene conto di quanto è clinicamente indicato in un dato caso». Per giudicare quale sia il vero miglior interesse del minore però non ci si può arrestare alla diagnosi e prognosi clinica ma «si devono altresì considerare:  a. le opinioni del bambino o del giovane, se riescono ad esprimerle, comprese anche le preferenze precedentemente manifestate». E fin qui nulla quaestio perché Alfie era impossibilitato ad esprimere volontà chiare, seppur tutta la sua persona comunicava voglia di vivere. Poi il Gmc aggiunge che, sempre in merito alla corretta valutazione del best interest, si devono tenere in considerazione  «b. le opinioni dei genitori». Questo criterio non è stato tenuto in considerazione perché la volontà di non staccare il respiratore e di portarlo via dall’Adler espressa dai genitori di Alfie è stata scartata a più riprese da giudici e medici. 

Altro punto: «c. le opinioni di altre persone vicine al bambino». Qui il riferimento non è ad altri medici, bensì a parenti, amici, conoscenti stretti etc. Superfluo dire che mezzo mondo – Papa Francesco incluso – non volevano la morte di Alfie. Anche questo punto, che concorre a definire il miglior interesse del minore, non è stato tenuto in considerazione dai giudici. Passiamo alla lettera d.: «i valori culturali e religiosi del bambino o dei suoi genitori». Appare evidente che i valori cristiani professati da Thomas e Kate non suggerivano di uccidere il proprio figlio.

Altro criterio rifiutato esplicitamente dai giudici e dai medici utile per individuare il reale miglior interesse del piccolo paziente: «e. le opinioni di altri professionisti della salute chiamati a prendersi cura del bambino, o di altri professionisti che abbiano comunque un interesse nel suo benessere». I medici del Bambin Gesù di Roma non hanno mai detto che l’interruzione della ventilazione era nel miglior interesse di Alfie, piuttosto hanno fatto comprendere che il suo best interest era la cura presso la loro struttura per procedere ad una diagnosi più accurata e per iniziare diverse terapie. La lettera f. indica poi che il miglior interesse risiede anche in quella «opzione […] che limiterà il meno possibile le chances future del bambino». Uccidere Alfie ha eliminato per lui qualsiasi possibilità di miglioramento e quindi la morte non poteva essere nel suo miglior interesse.

Dopo l’elenco di questi punti le Linee guida aggiungono una nota che sembra scritta proprio per Alfie: «Questo elenco non è esaustivo. Il peso che si attribuirà a ciascun punto dipenderà dalle circostanze e si dovrà prendere in considerazione qualsiasi altra informazione pertinente al caso». Tornano di nuovo in mente i pareri di moltissimi specialisti che sono rimasti inascoltati. Ma ecco l’annotazione più importante che fa il Gmc: «Non si dovrebbero formulare supposizioni ingiustificate in merito al superiore interesse di un bambino o di un giovane sulla base di fattori irrilevanti o discriminatori, come il loro comportamento, il loro aspetto o la loro disabilità». E dunque la disabilità di Alfie non doveva entrare nella valutazione del suo miglior interesse perché sarebbe stata una valutazione discriminatoria. Invece Alfie è stato eliminato proprio perché disabile.

In sintesi nessuno di questi criteri indicati dal Gmc sono stati tenuti in considerazione per comprendere quale doveva essere il "miglior interesse" di Alfie, espressione che comunque è erronea perché rimanda ad un’etica utilitarista e non ad un’etica fondata sul personalismo ontologico, ossia sulla dignità personale che mai può essere violata. Queste Linee guida ovviamente non sono vincolanti per i giudici (per i medici lo sono un poco di più), però rappresentano un sicuro orientamento a cui si dovevano attenere i magistrati a motivo dell’autorità dell’organo che le ha emesse.

Pare paradossale, ma lo stesso Gmc si era espresso a favore della morte di Alfie. Infatti, quando il piccolo paziente inglese era ancora vivo, molti avevano chiesto al Gmc di scendere in campo per difendere la sua vita, ma la risposta che il Gmc diede faceva riferimento al buon operato dei medici dell’Alder, i quali stavano facendo bene il loro lavoro perché applicavano al meglio le linee guida deontologiche proprio laddove specificano cosa sia il miglior interesse del minore. Per suffragare questo loro giudizio allegarono a chi li aveva interpellati esattamente la sezione della Linee guida che abbiamo appena esaminato, quelle stesse che, adducendo sei motivazioni differenti, avrebbero vietato di staccare il respiratore ad Alfie.

Nell’Enciclopedia Treccani si può rinvenire questa definizione di “follia”: Stato di alienazione, di grave malattia mentale, mancanza di senno, stoltezza, orgogliosa o leggera sconsideratezza».