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VESCOVI

Giovani, non riduciamo il Sinodo al politicamente corretto

Il Sinodo dei giovani può essere una grande occasione, ma a patto che sia la possibilità di un dialogo autentico sulle grandi domande della vita. Non vanno in questo senso i documenti preparatori che sembrano più preoccupati di riproporre i soliti cliché, politicamente corretti. Ma guai a noi se di fronte all'attesa di una proposta convincente che riguardi tutta la vita, li dirottiamo su interessi e iniziative banali. Guai a noi se anziché lanciarli nella grande avventura del senso ultimo della vita li aiutiamo ad accontentarsi di poco.

Ecclesia 04_07_2018
Sinodo dei giovani

In vista del Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani, che si svolgerà dal 3 al 28 ottobre, pubblichiamo il contributo di monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio.

Il prossimo Sinodo dei giovani è certamente una grande possibilità nel dialogo fra il Papa e i giovani, e cade in un momento che per i nostri giovani è di grande importanza..

Non c’è dubbio che i giovani siano stati abbandonati a se stessi da generazioni di adulti che non sono stati in grado di rispondere alle loro domandi sostanziali, relative al senso della vita. E sono stati dirottati - più o meno sbrigativamente, più o meno esplicitamente - su iniziative di secondo piano che sono state sottolineate come importanti e decisive. Basti pensare a tutti gli -ismi del XX secolo: il nazionalismo, il comunismo, il socialismo, e così via. Ma, poi più mediocremente sono stati dirottati sul culto del benessere, del potere economico, della soddisfazione psico-affettiva. Grandi possibilità, ma incapacità ad educare; perché queste possibilità che sono contenute nel cuore di ogni giovane come possibilità positive, esigono un’azione educativa seria, tenace, costruttiva, paziente.

Gli adulti delle generazioni che ci hanno preceduti, e anche quella attuale, non sono state capaci di questa fatica, probabilmente perché il confronto con i giovani ha messo sempre in evidenza la debolezza culturale e morale delle generazioni adulte.

Oggi la situazione appare contornata da fattori che esigono una considerazione profonda e in qualche modo definitiva. I giovani risentono della enorme precarietà dell’esistenza, che poi la si riduce a precarietà del lavoro e altro. In realtà è la precarietà sulla consistenza stessa della vita, sul senso profondo dell’esistenza. Quando li si lascia esprimere, essi arrivano immediatamente a questo punto: lì si avverte che attendono se apri in loro una domanda.   

È stata l’esperienza di decenni di insegnamento in Università e poi dei moltissimi incontri con i giovani durante l’esperienza del mio episcopato. I giovani si aprono e attendono. Guai a noi se li dirottiamo un’altra volta su interessi banali, su iniziative banali. Guai a noi se anziché lanciarli nella grande avventura del senso ultimo della vita li aiutiamo ad accontentarsi di poco.

Scorrendo questi famosi documenti di preparazione delle varie iniziative ecclesiali a tutti i livelli, ho sempre la sensazione che ripetano un cliché; ho la sensazione che rischino di essere scritti non dai giovani e neanche per i giovani, ma che sia la riproposizione politicamente corretta ai giovani dei soliti schemi. Così si fa una grande questione della difficoltà affettiva, della lontananza dalla morale cattolica e di tutte le altre cose che vengono rigorosamente e puntualmente annotate in questi documenti.

Io non credo che i giovani partano da qui, e non credo che la loro attesa sia su questo. Credo che sia necessario riaprire la grande alleanza fra le generazioni, e l’alleanza si apre solo se ogni generazione si assume la sua autentica e definitiva responsabilità: gli adulti di offrire proposte convincenti sull’arco totale della vita, non su un particolare o su un altro; i giovani, se vengono sollecitati da una adeguata azione educativa, di prendere a loro volta la loro responsabilità di fronte a se stessi, di fronte a Dio e di fronte alla società.

Quello che mi sembra inaccettabile è questa situazione di scontatezza per cui questi documenti sembrano scritti in anticipo; sembrano scritti per ogni argomento dei Sinodi; sembrano il riproporsi di una immagine di giovani, demotivati di tutto e per tutto, verso i quali ci si deve sforzare perché - attraverso una azione che faccio fatica a chiamare educativa - riscoprano il valore della morale sessuale cattolica, il valore della famiglia, del lavoro, dei figli e così via. Faccio fatica a pensare che i giovani abbiano delle esigenze particolari e così frastagliate. Soprattutto faccio fatica a pensare che i giovani aspettino come soluzione della vita di poter avere il massimo della soddisfazione a tutti i livelli. Il benessere non è l’ideale dei giovani, il benessere è un ideale da vecchi, imposto - qualche volta forzosamente - ai giovani.

Ecco perché io credo che il Sinodo potrebbe essere una grande occasione se fosse autentico, cioè se consentisse a tutte le varie categorie che vi partecipano di giocarsi lì realmente, per le domande che li animano e le prospettive che sentono, per le difficoltà che li affliggono, per le possibilità positive di cui fanno esperienza. Un dialogo reale e sincero.

Ciò che ammazza la giovinezza è sempre stato il formalismo dei vecchi.

* Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio