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BOLOGNA

Benedizione gay, la diocesi del presidente Cei strappa

Prima l'unione civile in Comune, poi la benedizione in chiesa. Va in scena a Budrio la prima pubblica benedizione di una coppia gay in una chiesa italiana. Succede a Bologna nella diocesi del presidente Cei, Zuppi, in aperta violazione del responsum della Congregazione per la Dottrina della fede che le vieta. Il parroco, che è direttore della pastorale famigliare, normalizza: «Abbiamo fatto solo una Messa di ringraziamento, l'arcivescovo era informato». Invece l'"operazione benedizione" è stata preparata con un cammino e un video molto esplicito. 
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Ecclesia 16_06_2022 English Español

Pietro Morotti e Giacomo Spagnoli si sono uniti civilmente l’11 giugno scorso nel Comune di Budrio in provincia di Bologna. Giusto il tempo della classica foto all’uscita del Municipio e il tradizionale lancio del riso che per i due si sono spalancate le porte della chiesa di San Lorenzo, la quale è proprio di fronte, dall’altra parte della piazza.

Così, come un allegro e rustico corteo, gli invitati e i due “sposini” sono entrati in chiesa dove li attendevano un nutrito stuolo di sacerdoti preparati per la messa. Casula rossa, memoria di San Barnaba martire.

Il celebrante, in particolare, è don Gabriele Davalli, parroco nella vicina Vedrara, il quale conosce i due e li segue nel gruppo “in cammino” rivolto ai cattolici cosiddetti Lgbt, ma tra i vari incarichi che ha in diocesi a Bologna ha anche quello di responsabile della pastorale familiare. Non deve essere un problema, evidentemente, occuparsi della famiglia naturale così come la Chiesa la promuove e la sostiene e le famiglie cosiddette arcobaleno.

Una volta in chiesa, per Pietro e Giacomo, i genitori, i parenti e gli amici è iniziata una seconda cerimonia, dopo il sì appena pronunciato davanti al pubblico ufficiale. Una Messa. Una Messa nella quale i due – omosessuali dichiarati - sono stati festeggiati anche dalla Chiesa. C’era tutto l’armamentario tipico dei matrimoni: i fiori, l’abito delle grandi occasioni, i canti, il fotografo e i due “sposini” in prima fila perché, in fondo, erano loro i due protagonisti.

«Si è trattato di una benedizione di due uomini appena uniti civilmente – spiega alla Bussola padre Antonio Bai, parroco della chiesa di Budrio -, d’altra parte una benedizione non si nega a nessuno, no?». Ma come è possibile? Soprattutto dopo che la CdF su queste cerimonie spinte dalla chiesa catto protestante tedesca era stata chiara? «Io, non so. Dovete chiedere al celebrante».

Così, per non far sembrare la cosa una aperta violazione delle leggi della Chiesa, che proibisce le benedizioni alle coppie gay e lo fa con un responsum molto chiaro, i sacerdoti si sono inventati infatti una Messa di ringraziamento.

Ringraziamento per l’unione civile appena fatta nella quale due uomini si uniscono in una coppia? «Ogni messa è un ringraziamento, è nell’etimologia della parola stessa», esordisce don Davalli al telefono con la Bussola. E dunque, i due per che cosa hanno detto grazie? «Se si riferisce ai due ragazzi, Giacomo e Pietro, che hanno fatto l’unione civile, hanno partecipato come tutte le persone che erano in chiesa».

Le cose non sono proprio andate così: ad un certo punto, dopo la comunione, i due sono saliti sull’altare dove il sacerdote ha consegnato loro un grembiule. «La consegna di questo grembiule ha significato che questi due ragazzi sono ragazzi che in questi anni hanno da sempre servito il gruppo in cammino con il servizio di coordinamento e accoglienza, non è stato un gesto liturgico».

Insomma, il sacerdote cerca di normalizzare, ma quella andata in scena, mascherata da una tautologia come Messa di ringraziamento, è stata una benedizione di una unione civile di due omosessuali.

Che poi l’obiettivo della benedizione fosse chiaro fin da subito, del resto, lo prova un video del 2021 con 2400 visualizzaizoni su Youtube nel quale Pietro e Giacomo si mettono letteralmente a nudo raccontando del loro innamoramento e del loro percorso dentro la Chiesa, notando tra l’altro come «Le risposte del Catechismo non erano esaustive per la nostra vita» e - parafrasando San Pietro col centurione pagano da battezzare - in fondo «lo Spirito già benedice questa unione». Il titolo dato al filmato, di qualità elevata, è The Greatest blessing, la "benedizione più grande". Che sarebbe poi quella di Dio, il Quale benedice già le scelte dei suoi figli omosessuali che sono inseriti in una comunità di cattolici e che la Chiesa deve accettare.

Il filmato però vede protagonisti soltanto Pietro e Giacomo che si presentano come una coppia con tanto di divisione dei ruoli. Uno di loro, ad esempio, si presenta in cucina col grembiule (aridaje) intento a fare i tortellini, che a Bologna è un rito sacro, riservato alle nonne e che si tramanda di generazione in generazione di madre in figlia, dalla cottura del pesto alla chiusura del “cappelletto” con la maestria che si conviene a una vera e propria rezdora. Insomma, il video, di per sé è un concentrato di luoghi comuni e messaggi, orientato ad ottenere una benedizione della Chiesa per un’unione che il Catechismo – ancora lui! – definisce non secondo la natura.

Con l’aiuto di preti compiacenti, la missione è compiuta e anche in Italia cominciamo a vedere questo tipo di benedizioni, pur con l’ipocrita foglia di fico della “Messa di ringraziamento”, che è un modo per aggirare la legge di Dio e prendersi gioco della Chiesa stessa.

E l’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi era al corrente di tutto questo? «Sì, l’ho informato io», taglia corto don Davalli.

Dunque, a Bologna va in scena una benedizione di una coppia gay appena unita civilmente e la benedizione pubblica si svolge nella diocesi del neopresidente della Cei.

L’obiettivo, però, a detta di tutti è normalizzare, appianare, far presagire che non c’è nessuno strappo col passato, nessuna violazione: «Non abbiamo fatto altro che pregare – ha aggiunto don Maurizio Mattarelli, un altro prete bolognese che segue da vicino altre coppie omo e che era presente in San Lorenzo assieme ad altri preti -. Abbiamo pregato per il dono dell’amore e della fede».

Di che amore e di che fede si stia parlando, però, non è dato sapere.