Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

L’iniziativa

Un manifesto per la domenica libera dal lavoro

Un manifesto della European Sunday Alliance chiede che l’UE promuova la domenica come giorno principale di riposo. Un appello da appoggiare, anche se porta delle motivazioni deboli, da integrare con quanto insegnava Leone XIII sulla lode pubblica a Dio.

Dottrina sociale 02_03_2024

È stato appena diffuso un manifesto per la domenica libera: un giorno di riposo comune per tutti i lavoratori dell’Unione Europea. Redatto e diffuso in occasione delle prossime elezioni europee di giugno, il manifesto è prodotto dalla European Sunday Alliance e indica nella domenica il giorno settimanale di riposo dal lavoro. Ecco alcune finalità: ottenere che la legislazione dell’Unione Europea e le stesse misure non legislative rispettino e promuovano una giornata settimanale di riposo per tutti i lavoratori che vivano e lavorino in UE, che questa giornata di riposo sia principalmente la domenica, allo scopo di promuovere la salute dei lavoratori, un migliore equilibrio tra lavoro e vita, e un tempo adeguato specialmente per le famiglie e i giovani lavoratori da dedicare al servizio liturgico e all’impegno comunitario, sociale e religioso.

L’abolizione della domenica in quanto domenica è una delle tristi tragedie della nostra vita sociale e l’appello va appoggiato. Le sue conseguenze distruttive riguardano un po’ tutti gli ambiti della società, a cominciare dalla famiglia. Su di esso si possono comunque fare delle osservazioni.

Quando Leone XIII, nella Rerum novarum, insegnava che doveva essere rispettato il riposo domenicale lo faceva sia per garantire il giusto riposo delle membra del lavoratore e sia per permettere la partecipazione alla liturgia domenicale. Al centro della sua richiesta c’era la lode pubblica a Dio che la società in quanto tale aveva il dovere di proclamare. C’era sì il beneficio materiale per il lavoratore, ossia il riposo e la possibilità di godere dei beni familiari, ma c’era soprattutto la lode pubblica a Dio. Lode pubblica non di questa e di quella persona, ma della società intera e in quanto tale.

Giovanni Paolo II, nella Centesimus annus, riprese questo insegnamento, lo rilanciò, ma vi vide anche una delle prime richieste improntate al principio della libertà di religione. C’era stato il Vaticano II e la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa. Certamente anche questo pontefice intendeva sostenere la lode pubblica a Dio inteso come il Dio di Gesù Cristo, tuttavia il riferimento alla libertà di religione estendeva tale diritto anche ad altre religioni, sicché il giorno di riposo avrebbe potuto essere non solo la domenica ma anche altri giorni, come il sabato o il venerdì. Ma perché limitarsi al sabato (ebraico) e al venerdì (musulmano)? Di religioni ce ne sono altre e poi ci sono le nuove credenze filosofiche, le nuove concezioni della vita a carattere religioso pur non essendo religioni nello stretto termine. Al limite, anche gli atei potrebbero aver diritto al loro giorno settimanale di riposo.

La questione si è quindi molto secolarizzata. Il nuovo manifesto ora ripropone coraggiosamente la domenica, però le motivazioni che porta sono deboli e possono essere valide anche per altri giorni della settimana. Se si tratta della salute dei lavoratori, oppure di un maggiore equilibrio tra lavoro e vita, oppure un tempo da dedicare alla comunità... allora ogni giorno può andare bene, e non solo la domenica. Anche se si tratta di un tempo da dedicare ad un generico servizio religioso può andare bene qualsiasi giorno. La richiesta della domenica, con esclusione di ogni altro giorno della settimana, può essere fatta solo nella prospettiva di Leone XIII. Ma oggi manca quel soggetto – la società cristiana – che renda pubblico onore al Dio di Gesù Cristo.

Stefano Fontana