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IL DELITTO D'ONORE

Saman Abbas, giustizia è fatta per la vittima del vero patriarcato

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Ergastolo per i genitori e 14 anni allo zio. È questa la sentenza di primo grado del processo Saman Abbas, la ragazza pakistana uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato.

Famiglia 20_12_2023
Tribunale di Reggio Emilia (La Presse)

Giustizia è fatta per Saman Abbas, la ragazza pakistana di 18 anni residente con la famiglia in Italia, a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 perché colpevole di aver rifiutato un matrimonio combinato. La decisione di punirla con la morte è stata presa ed eseguita dai suoi famigliari, convinti di compiere un atto di riparazione legittimo, doveroso, necessario a dimostrare il loro rispetto per le istituzioni tradizionali e a restituire decoro e dignità alla loro famiglia. Con la sua testimonianza il fratello minore di Saman, Ali Haider, ha confermato la ricostruzione dei fatti, sostenendo che all’omicidio hanno preso parte il padre di Saman, Shabbar Abbas, la madre, Nazia Shaheen, lo zio paterno, Danish Hasnain, e due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. La procura di Reggio Emilia aveva chiesto la condanna all’ergastolo per i genitori di Saman e a 30 anni per lo zio e i cugini. Nella tarda serata del 19 dicembre la Corte di assise di Reggio Emilia, dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, ha emesso la sentenza di primo grado che condanna all’ergastolo i genitori, a 14 anni lo zio e assolve i cugini.

Il processo era iniziato il 10 febbraio scorso. In aula allora erano presenti lo zio paterno, che era stato arrestato in Francia, e i due cugini, arrestati uno in Francia e uno in Spagna nei mesi successivi al delitto. Mancavano il padre e la madre perché il giorno successivo all’omicidio entrambi erano tornati in Pakistan, richiamati d’urgenza – questa la giustificazione – perché una loro zia stava male. Raggiunto telefonicamente, il padre aveva continuato a negare, a dire che sua figlia era viva, che si trovava in Belgio. Dall’8 settembre anche Dhabbar Abbas è presente in aula. La polizia pakistana lo ha arrestato il 15 novembre 2022 per frode ai danni di un connazionale e la procedura di estradizione, richiesta dall’Italia, ha avuto inizio. Dopo innumerevoli rinvii dell’udienza in cui si doveva discuterne la legittimità, il 4 luglio scorso i giudici della Corte di Islamabad hanno espresso parere favorevole, il 29 agosto è arrivata l’autorizzazione del governo pakistano e il 1° settembre il padre di Saman è arrivato in Italia. La madre invece è tuttora latitante.

Sarà interessante adesso conoscere le reazioni delle comunità islamiche residenti in Italia, in particolare di quella pakistana e delle associazioni che nei mesi scorsi si sono costituite parte civile e che sono state ammesse dal tribunale. Tra queste figurano l’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii), la Confederazione islamica italiana e la Grande Moschea di Roma, mentre inspiegabilmente era stata esclusa l’Associazione delle Donne Marocchine in Italia (Acmid Donna Onlus) che si occupa specificamente di donne di cultura islamica vessate e private della libertà. Proprio la presidente di Acmid Donna Onlus, l’ex parlamentare Souad Sbai, ha espresso delle considerazioni che merita ricordare in merito alle associazioni islamiche ammesse. Innanzi tutto che una moschea si costituisca parte civile è come se lo facesse una parrocchia nel caso fosse uccisa una donna cristiana: «la decisione del tribunale (di ammetterla, n.d.A.) non è da Stato laicosostiene Souad Sbai – nemmeno in Marocco ho mai visto una moschea che si costituisce parte civile» (Caso Saman, pericolosa avanzata della legge islamica)

Inoltre è preoccupante il fatto che proprio l’Ucoii, insieme all’Associazione Islamica degli Imam e alle Guide Religiose, in seguito all’omicidio di Saman abbia deciso di pronunciare una fatwa, una sentenza, di condanna dei matrimoni combinati. Può sembrare una cosa positiva – aveva commentato la presidente di Acmid Donna Onlus (Dire un deciso ‘No’ alla fatwa dell'Ucoii) – in realtà «la notizia è a dir poco scioccante. Queste associazioni vogliono forse portare in Occidente le regole di un modello di vita che non ci appartiene? Di certo non abbiamo bisogno di “sentenze” o “scomuniche” religiose per arginare questo tipo di fenomeni. Ai promotori della fatwa, infatti, rispondiamo che il problema dei matrimoni forzati deve essere affrontato con altri metodi, quali quelli dell’integrazione, della convivenza civile, del rispetto delle leggi. Non certo affidandoci a ‘sistemi normativi’ di qualsivoglia religione. Compito delle associazioni islamiche dovrebbe essere quello di accompagnare i fedeli lungo un percorso di integrazione reale. È assurdo proporre soluzioni alternative e discutibili. Cosa sperano di ottenere? Forse vorrebbero creare un sistema normativo parallelo che segua i dettami della religione islamica?».

Sono tutti interrogativi quanto mai pertinenti. Proibire con una fatwa equivale effettivamente a sovrapporsi alle leggi italiane e inoltre a chiedere ai fedeli di seguire un comportamento o abbandonarlo non per convinzione, ma per sottomissione, come d’altra parte l’islam richiede. Non è neanche detto che funzioni in questo caso dal momento che la religione musulmana ha fatto proprie le istituzioni delle società tradizionali, fondate su un sistema di valori e norme patriarcale, autoritario e gerontocratico che ha tradotto in volontà divina e da quindici secoli ne impone il rispetto. Il matrimonio combinato, l’omicidio d’onore sono tra le istituzioni consacrate.

Si continua a parlare, del tutto a torto, del patriarcato come responsabile dei sentimenti che hanno indotto Filippo Turetta a uccidere Giulia Cecchettin. La nostra società non ha niente in comune con il patriarcato, un sistema sociale il cui declino è iniziato in Italia e in Europa con la rivoluzione industriale. Inoltre anche in regime di patriarcato un ragazzo non si azzarderebbe a uccidere qualcuno per motivi personali, men che meno una donna, una risorsa troppo preziosa perché una comunità se ne privi per compiacerlo.

Saman Abbas, lei sì che è una vittima del patriarcato reintrodotto nel nostro paese da persone di altre culture e religioni che il relativismo culturale e morale ci ingiungono di rispettare, astenendoci dal giudicare perché non ne abbiamo diritto.



IL CASO

Estradato in Italia il padre di Saman, un traguardo insperato

02_09_2023 Anna Bono

Nel nostro Paese da ieri Shabbar Abbas, l’uomo che nel 2021, insieme a dei familiari, uccise la figlia Saman per aver rifiutato un matrimonio combinato. Un’estradizione, quella concessa dal Pakistan, segnale di un cambiamento.

ISLAM IN ITALIA

Saman, la pakistana sparita vittima dell'"onore"

29_05_2021 Anna Bono

A Novellara, Reggio Emilia, una ragazza pakistana è scomparsa. Si teme il peggio: che sia stata assassinata dalla sua stessa famiglia. Nell'ultimo anno si era ribellata a un progetto di matrimonio combinato in Pakistan con un cugino e aveva trovato rifugio presso gli assistenti sociali. Il ritorno a casa potrebbe essere risultato fatale.

MORTI

Seid e Saman, dopo la tragedia anche gli sciacalli

08_06_2021 Riccardo Cascioli

Il suicidio del ventenne Seid Visin è diventato la bandiera degli antirazzisti di professione, sebbene la famiglia abbia smentito che il suicidio abbia a che fare con il razzismo; e la 18enne pakistana Saman Abbas, uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato, non merita solidarietà per salvare il multiculturalismo. Tristemente della vita spezzata di questi giovani sembra non interessare nessuno, a trionfare è sempre l'ideologia, l'interesse del Potere.
- LE LACRIME DI COCCODRILLO DI "NOI FEMMINISTE", di Souad Sbai

MULTICULTURALISMO

Saman e le responsabilità di "noi femministe"

08_06_2021 Souad Sbai

La riflessione di una femminista che sente il rimorso per il silenzio su Saman evita di fare i conti con l'ideologia che è la vera responsabile della lunga catena di donne morte: il multiculturalismo, tipico della sinistra del dopo Guerra Fredda. 

ISLAM E OCCIDENTE

Saman ci interroga: quale integrazione vogliamo?

11_06_2021 Souad Sbai

È fondamentale che le istituzioni si interroghino sul tipo di integrazione che vogliono intraprendere gli immigrati. Non è più possibile girarsi dall’altra parte, occorre aprire una seria riflessione perché non ci siano altri casi come quelli di Saman.

LA TESTIMONIANZA

Saman e le altre: c'è un ruolo dell'islam nei delitti d'onore

29_06_2021 Zarish Neno

«Il caso Saman è una goccia nel mare, ma sorprende e preoccupa perché tutto è stato pianificato ed eseguito in Italia. C’è un ruolo della cultura ma nella società pakistana è diverso l’influsso delle religioni. Anche molte cristiane pachistane hanno “disonorato” le loro famiglie, ma non hanno fatto la fine di Saman. Un altro fattore è l’analfabetismo (al 60%) insieme alla pratica di mandare i figli a studiare in una madrasa, dove imparano solo l’islam. Il governo è inerte. E le femministe dove sono?». Alla Bussola la testimonianza di Zarish Neno, cattolica pakistana.

ISLAM

Saman, il fondamentalismo non si può integrare

03_10_2022 Souad Sbai

L’ammissione di colpevolezza del padre di Saman Abbas nel nome dell'Islam, ha ricevuto la dovuta attenzione da parte dei media ma non della politica. Il silenzio che ha avvolto la sinistra è servito a nascondere l’imbarazzo di partiti e leader politici rimasti ormai senza risposte. Altrimenti, avrebbero dovuto ammettere il fallimento del proprio armamentario ideologico, infarcito di slogan e frasi fatte sui “nuovi italiani”, il multiculturalismo, l’accoglienza, lo ius soli o scholae di turno.

VIOLENZA SULLE DONNE

Saman e le altre vittime ignote dei matrimoni forzati

25_11_2022 Anna Bono

Quest’anno nella ricorrenza del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Proprio in questi giorni è stato arrestato Shabbar Abbas, padre di Saman, la ragazza pakistana assassinata in Emilia l'anno scorso, perché non voleva sposare il cugino scelto dalla famiglia. Quante, nel mondo islamico, subiscono la stessa sorte?

IL PROCESSO

Saman, "schiaffo" alle donne musulmane, ammessa l'Ucoii

17_02_2023 Andrea Zambrano

Colpo di scena al processo Saman in corso a Reggio Emilia: il tribunale ha escluso la costituzione di parte civile di Acmid donna che si batte per la libertà delle donne musulmane e ammesso invece l'Ucoii. Il legale alla Bussola: "Decisione che mortifica l'attività dell'associazione a favore delle donne islamiche". 

Il processo

«Caso Saman, pericolosa avanzata della legge islamica»

18_02_2023 Andrea Zambrano

«È l'avanzata della legge islamica nel nostro ordinamento, quasi a voler avvertire di non processare l’islamismo. Eppure, Saman Abbas scappava proprio da quel mondo». La preoccupazione di Souad Sbai, presidente di Acmid-Donna, che nel processo per l'omicidio della 18enne pakistana è stata esclusa dalle parti civili, mentre sono state ammesse le moschee e l'Ucoii, che aveva emanato la discussa fatwa sui matrimoni forzati e che ieri, per bocca del suo legale, ha definito l'integralismo religioso solo “da smussare”. 
- ITALIA-QATAR, STRETTA DI MANO LONTANO DAL CLAMORE, di Souad Sbai