Presentazione di Maria: già da bimba fermamente decisa
Il dipinto del Tintoretto fu ammirato come "la meglio condotta e più lieta pittura che sia in quel luogo". Nel 1548 la commissione per un compenso di cinque scudi, una botte di vino, due stare di farina. All’epoca il pittore aveva 29 anni, ma sarebbe divenuto il più promettente della sua generazione. Infatti, richiesto il suo talento altrove, tornò al cantiere solo nel '51, non prima di avere rivisto il contratto.
Rallégrati, esulta, figlia di Sion,
perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te.
Oracolo del Signore (Zc 2,14-17)
Si legge nel protovangelo di Giacomo, uno dei testi apocrifi, che fin da piccolissima Maria sia stata presentata dai genitori, Anna e Gioachino, al tempio, luogo in cui, dopo solo qualche anno, sarebbe stata fatta entrare per condurre una vita sacerdotale fino all’incontro con Giuseppe. Questo racconto, ripetuto da diversi autori cristiani, fu alla base della ricorrenza, o, più esattamente, memoria che si celebra ogni 21 novembre in ricordo della dedicazione della basilica di Santa Maria Nuova in Gerusalemme, ora non più esistente. Dal 1585, sotto il pontificato di Sisto V, questa festa fu inserita definitivamente nel calendario liturgico.
Maria promessa a Dio fin dall’infanzia è stato naturalmente un tema iconografico molto sviluppato in ogni epoca: da Giotto, per esempio, agli Scrovegni di Padova, da Paolo Uccello negli affreschi del Duomo di Prato. Lo ritroviamo ancora in molta pittura veneta: in Cima da Conegliano, per esempio, in Carpaccio e in Tiziano. E proprio a Venezia ci soffermiamo noi oggi, entrando in una chiesa emblema dell’architettura gotica in laguna, intitolata alla Madonna dell’Orto. Lungo la navata destra è sepolto Jacopo Robusti, altrimenti noto come Tintoretto. Di questo straordinario maestro qui si conserva una delle tele annoverate tra i suoi capolavori: la Presentazione di Maria al Tempio.
Già nel 1548 si ha notizia della commissione al Tintoretto delle ante dell’organo della chiesa “con una presentazione di Nostra Donna de fora, e dentro due figure”. È curioso il compenso pattuito: cinque scudi, una botte di vino, due stare di farina. All’epoca il pittore aveva solo 29 anni: sarebbe divenuto di lì a poco il più promettente della sua generazione. E, infatti, richiesto il suo talento altrove, ritornò in questo cantiere solo nel 1551, non prima di avere rivisto il contratto d’ingaggio.
Il dipinto fu subito ammirato, a cominciare dal Vasari che lo descrisse quale “un’opera finita e la meglio condotta e più lieta pittura che sia in quel luogo”. Nell’insieme la composizione è di grande effetto. Il fulcro della scena è la Vergine Bambina che si staglia in controluce mentre sale i 15 gradini, corrispondenti al numero dei salmi cantati dal popolo d’Israele quando saliva al Tempio di Gerusalemme, della scala monumentale arditamente scorciata dal basso. L’oro degli scalini emette uno splendore che aggiunge al racconto una nota di prodigio.
Maria avanza decisa, senza i genitori che Tintoretto omette, verso il sacerdote che l’attende alla sommità, dimostrando, così, la sua ferma volontà di offrirsi a Dio. La seguono con lo sguardo storpi, mendicanti, scribi distribuiti nella penombra. Ma soprattutto donne. Una in particolare attira la nostra attenzione. È ritratta di spalle e tiene accanto a sé la figlioletta alla quale indica Maria quale esempio da seguire.
A due figure semplici, a una donna qualunque Tintoretto affida un ruolo chiave, quello di testimone, mediatrice tra noi spettatori e l’evento sacro. Ci invita, attraverso loro, a guardare a Maria il cui ingresso nel Tempio segna l’inizio della salvezza per tutta l’umanità.