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RAPPORTO EUROPOL

Paura quotidiana. I numeri del terrorismo in Europa

Un tentativo di strage ogni due giorni. E' questo il dato che emerge dall'ultimo rapporto Europol sul terrorismo nell'anno 2016. In Europa gli attentati (falliti e riusciti) sono 142. Gli jihadisti sono responsabili di appena 13 di questi, ma su 142 morti, ben 135 li hanno fatti loro. Sono gli unici veri stragisti.

Esteri 17_10_2017
Nizza, il camion della strage

Tre numeri importanti nell’ultimo rapporto Europol sul terrorismo in Europa: 142, 379 e ancora 142. 142 sono gli attentati che sono stati pianificati contro obiettivi europei, siano essi riusciti, falliti o sventati, nel corso di tutto il 2016. L’altro 142 è il numero dei morti provocato da questi attentati. 379 è il numero dei feriti. In media, dunque, abbiamo un morto per attentato. Come tutte le medie è mal distribuita: 135 sono periti in solo 13 attentati jihadisti e appena sette in tutti gli altri 129 attentati pianificati da altri gruppi ideologici (separatisti, di estrema destra o di estrema sinistra). Il jihadismo, dunque, è minoritario in Europa ma si conferma come l’unica ideologia realmente letale in questo inizio XXI Secolo. Per questo fa, giustamente, notizia.

Il paper pubblicato da Europol presenta molti aspetti inconsueti. E’ ad esempio impressionante il gran numero di attentati commessi da gruppi separatisti, soprattutto dalle schegge impazzite dell’Ira (Irish Republican Army). Benché poco letali, si contano ben 76 attacchi nel 2016, pianificati ma solo in parte riusciti, contro obiettivi britannici. Un’unica vittima: una guardia carceraria. Il terrorismo degli irriducibili dell’Ira, al di fuori dei jihadisti, è il singolo gruppo eversivo più attivo nel Vecchio Continente. Segue l’Eta, il movimento armato basco, autore di cinque attentati in Spagna. Ma poi ci sono anche i separatisti di importazione, soprattutto il Pkk curdo, autore di azioni dimostrative anche molto violente, sia in Francia che in Germania. Spesso si tende a considerare il terrorismo di estrema sinistra come un fatto del passato, ma l’Europa non se n’è affatto liberata. Proprio l’Italia è stata teatro di ben 16 attentati di matrice anarchica (ve ne eravate accorti?), nessuno dei quali ha provocato morti, fortunatamente. A statistica, siamo fra i paesi più colpiti nel 2016. Sempre nel mirino degli estremisti di sinistra ci sono anche altri due paesi mediterranei duramente colpiti dalla crisi economica: Grecia e Spagna, con 6 e 5 attentati rispettivamente. Contrariamente agli anni di piombo, i nuovi estremisti di sinistra dimostrano imperizia e scarsa organizzazione. Ma è un fenomeno in crescita, se non controllato può diventare un problema serio. La grande assente, o quasi, è l’altra protagonista degli anni di piombo: la destra neofascista. Solo l’Olanda registra un attacco classificato di estrema destra, un attentato contro una moschea. Per il resto, la destra estrema è non pervenuta.

Di fronte ai numeri che abbiamo appena visto, il terrorismo islamico di cui si parla sempre su tutti i giornali, parrebbe addirittura poca cosa: appena 5 attentati in Francia, 4 in Germania e 4 in Belgio in tutto il 2016. Sì, ma: con quanti morti? Ben 135, la quasi totalità di tutte le vittime provocate dal terrorismo in Europa. Dunque abbiamo una differenza qualitativa sostanziale: i gruppi separatisti, di estrema destra e di estrema sinistra puntano all’azione dimostrativa. Raramente provocano vittime e quando lo fanno, mirano a persone specifiche. Gli jihadisti mirano alla strage di massa. Il solo attentato di Nizza, del 14 luglio 2016, ha provocato 86 morti, anche se l’attentatore non ha usato armi. Il martirio di Jacques Hamel, pur essendo numericamente irrilevante (1 vittima), è comunque un evento sconvolgente, la prima uccisione di un religioso cristiano in terra europea, di un sacerdote che stava celebrando una messa. Quindi sarebbe errato parlare di “sopravvalutazione” del terrorismo islamico, a fronte delle statistiche sugli altri gruppi eversivi. L’unico vero terrorismo stragista in Europa, attualmente, è quello degli jihadisti.

Non stupisce, dunque, che più della metà del rapporto Europol, riguardi proprio il terrorismo jihadista e riservi alle altre forme di eversione solo qualche cenno in appendice. La minaccia principale è costituita dai foreign fighters partiti a combattere nelle file dell’Isis in Iraq e in Siria e ora intenti a tornare. Nel rapporto sul 2016, Europol calcola la partenza di circa 5000 foreign fighters dai paesi dell’Ue, più circa 800 dai paesi dei Balcani occidentali (Bosnia, Serbia, Kosovo, Albania e Macedonia) che non sono membri dell’Ue. Quanti di loro sono tornati? Il rapporto non dà cifre esatte. Ed è proprio questo vuoto di dati che fa paura. Secondo i paesi di transito citati nel paper, sono “pochi” coloro che sono rientrati dal Levante. Specie perché dal secondo semestre del 2016, da quando è iniziata l’offensiva finale contro il Califfato, uscire dall’Iraq e dalla Siria è diventato più difficile. Quanti, non è dato saperlo. Possono essere infiltrati fra i rifugiati, o ripercorrere più tranquillamente la rotta a ritroso, imbarcandosi su un regolare volo di linea di Turchia. Il rapporto rileva anche una sorta di resurrezione di Al Qaeda, intenta a far concorrenza all’Isis per ritornare al centro della scena. Interessante constatare quanto si sia affinata la sua propaganda, come l’uscita della serie Inspire Guides, con suggerimenti agli attentatori. Fra i consigli più notevoli c’è l’elogio alla strage di Orlando, che però contiene una critica sulla scelta dei bersagli: la prossima volta l’attentator dovrebbe selezionare bersagli pieni di Wasp (anglosassoni, ritenuti ancora l’etnia dominante del Nord America) e non di minoranze, come neri, latinos e gay. A chi volesse ripetere le gesta dello stragista di Nizza, invece, i propagandisti di Al Qaeda suggeriscono di rilasciare almeno un proclama, così da non avere più dubbi sulla matrice dell’attentato. E così via istigando.

Una buona notizia: il trend degli arresti è in crescita. Addirittura un raddoppio in tre anni: 395 nel 2014, 687 nel 2015 e 718 nel 2016. Può sembrare una sentenza giustizialista, ma in una guerra contro il terrorismo l’arresto di futuri attentatori e complici salva vite. Un innocente arrestato può pur sempre essere rimesso in libertà, in caso di assoluzione. Mentre i morti negli attentati non ritornano in vita. A questa buona notizia se ne aggiunge un’altra correlata strettamente: il numero di attentati è in calo. Dai 211 del 2015 si è passati agli attuali 142. Gli attentati jihadisti erano 17 nel 2015 e sono stati 13 nell’anno successivo. Ma su questo punto è bene non cantare vittoria. La tendenza calante può ancora essere invertita. Il 2017 non è ancora finito.