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NASCE IL GOVERNO

Passa il manifesto Cirinnà, Famiglia tradita da Conte

Con la nascita del Conte bis, le politiche familiari usciranno dal governo per diventare terreno di scontro per diritti Lgbt, fine vita e tutti gli esperimenti sui nuovi diritti. È la realizzazione dell'agenda Cirinnà, portata avanti dal volto rassicurante di un neo ministro per la Famiglia Pd, di estrazione scout. Elena Bonetti, cattolica, per illudere qualche vescovo, e convinta sostenitrice della causa Lgbt e del divorzio anche nella Chiesa. Lgbt esultano. L'assegno familiare è una parentesi in un mare di ovvietà. Così il tradimento delle politiche familiari da parte del governo più di Sinistra della Repubblica è servito. Per distruggere quanto di buono seminato a Verona.
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Politica 05_09_2019

Già i segnali erano poco incoraggianti con l’ultima coda di governo Conte 1. Quando la Lega spedì Lorenzo Fontana a Bruxelles e mise ad occuparsi di disabilità e famiglia Alessandra Locatelli, si comprese che qualche cosa era cambiato: più attenzione ai disabili, bisognava prendere le distanze da quel grande “scandalo” che era stato il Congresso di Verona. Che è già una dichiarazione di guerra a chi considera la famiglia il motore della società. Infatti negli ultimi mesi di governo le politiche familiari sono completamente sparite dal radar. 

Adesso non solo usciranno dall’orizzonte di governo, ma diventeranno il simulacro su cui andrà a operare con maggiore tranquillità l’ideologia antifamilista che abbiamo visto annunciata nel manifesto di Monica Cirinnà opportunamente lanciato durante la formazione del governo: la legge sull’omotransfobia, la legalizzazione delle droghe leggere, il fine vita, il matrimonio egualitario, l’omogenitorialità e le adozioni gay etc…

Già che c’erano, Pd e Cinque Stelle potevano accordarsi e mettere lei a presiedere la delega, ma sarebbe stato troppo smaccato. Serviva un nome più rassicurante, magari che non facesse insospettire qualche vescovo. 

E lo hanno trovato in Elena Bonetti. È lei, 43 anni, laurea in matematica e una militanza nel Pd di Mantova, che dovrà occuparsi di Pari Opportunità e Famiglia. 

Prima considerazione. La Famiglia deve essere destinata ad andare sempre in accoppiata con qualche cos’altro: prima la disabilità, adesso le pari opportunità che nel linguaggio politically correct odierno equivale ormai a più diritti per i gay e più bavaglio per chi contesta l’ideologia omosessualista imperante. Che cosa c’entra questo con le politiche familiari? Con l’inverno demografico? Con la tassazione a misura di famiglia? Con la famiglia come sistema? Nulla, infatti con politiche a favore dell’agenda Lgbt sarà impossibile sostenere la centralità della famiglia fondata sul matrimonio come cellula da sostenere per far ripartire la società. Perché la famiglia naturale sarà sempre vista come discriminatoria di quell’altra. Anti famiglia vs pro family: 1-0

Ma per poterlo fare, dicevamo, serviva una faccia rassicurante. Una cattolica, anzitutto. Che però non ha partecipato al Congresso di Verona. E magari che facesse parte di quell’associazionismo cattolico che viene buono da spendere per operazioni politiche “perbene”. Proviamo con gli scout. Con Renzi l’avevano bevuta, tutto sommato, e la Cei si era prodotta in salamelecchi e caminetti. Elena Bonetti infatti ci informa sul suo profilo nel sito del Pd, di essere una scout. E anche dei più autorevoli e convinti. Infatti se si guarda un vecchio articolo del 2014 si scopre che la Bonetti da capo scout condivise un documento dell’Agesci in cui si chiedeva alla Chiesa di rivedere le posizioni in materia di divorzio e omosessualità. Guarda un po’.

Eureka. Il sito gaypost.it non se l’è lasciato sfuggire e a poche ore dall’annuncio della Bonetti così scrive: «E proprio dalla sua militanza nell’Agesci scopriamo che Elena Bonetti potrebbe essere un’alleata della comunità Lgbt+. Cattolica sì, ma friendly. Le possibilità di avere, dopo i mesi di Fontana, una ministra attenta ai diritti civili ci sono: solo il tempo ci potrà dire se si tratterà di amore o di un fuoco di paglia. Ci sarebbe aspettato una figura con un curriculum ancor più importante in tema di diritti ma, prendendo in prestito un tormentone del precedente governo, "lasciamola lavorare"». La militanza Lgbt esulta: 2-0. 

Ma in fondo non c’era da stupirsi: nei 26 punti di programma, tanto vago quanto superficiale, la parola famiglia compare solo al 4° punto, in fondo, come aiuto alle famiglie con portatori di handicap e famiglie numerose. E al punto 6 l’assegno famigliare unico è una parentesi di un generico paragrafetto che parte dall’inclusione sociale, passa per le diseguaglianze di genere e approda ai caregiver. Insomma: le solite promesse di assistenzialismo e neanche tanto convinte. 3-0. 

Resta appunto la sensazione - anzi la certezza - che la famiglia sia stata ancora una volta tradita. Tradito il Congresso di Verona, che i Cinque Stelle hanno fatto pagare alla Lega fino all’onta della dannatio memoriae. Tradite le politiche familiari in chiave natalista che - seppur zoppicanti, incerte, insufficienti e incomplete - si erano comunque affacciate con il primo governo Conte. Di tutto questo non c’è traccia nel governo più a Sinistra e laicista della storia repubblicana. 4-0.

Ma uno dice: be', vediamo all’opera questa ministra. Certo. Ma come diceva Noodles in C’era una volta in America, è alla partenza che riconosci i vincenti e i brocchi. E alla partenza si riconoscono subito le coordinate che animano la nuova responsabile della Famiglia. Su internet si ritrova ancora il manifesto del Pd di fine legislatura dopo i governi Gentiloni e Renzi. Ebbene: la nostra si vantava di una legislatura dei diritti. Quali diritti? Presto detto: biotestamento, unioni civili e divorzio breve. Praticamente il manifesto Agesci. E quello Cirinnà. 5-0. 

Per le politiche familiari ricomincia un’altra lunga traversata nel deserto.