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“NUOVI DIRITTI”

Omaggio al gender, via libera al farmaco blocca-pubertà

Sulla Gazzetta Ufficiale la notizia che la triptorelina sarà a totale carico del Servizio sanitario nazionale «in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere». L’ennesimo ossequio all’ideologia Lgbt, che non tiene conto dei rischi per la salute e contribuirà a ignorare ancora di più il dato morale, avallando qualunque percezione del minore.

Vita e bioetica 06_03_2019

La triptorelina è un farmaco che, tra i vari usi, viene impiegato per ritardare lo sviluppo puberale nei ragazzi tra i 12 e i 16 anni. In Italia, già dal 2013, l’ospedale Careggi di Firenze lo adopera per quei casi cosiddetti di disforia di genere che interessano minori. In buona sostanza si blocca lo sviluppo puberale del bambino che dice di non riconoscersi nel suo sesso biologico o che nutre alcuni dubbi sulla sua identità psicologica sessuale e lo si parcheggia in un limbo sessuale affinché, passato un po’ di tempo, si chiarisca le idee e decida a che sesso “appartenere” oppure si proceda alla “rettificazione sessuale” chirurgica nell’assunto che risulti più agevole, dato che i suoi attributi sessuali non si sono ancora sviluppati appieno.

L’anno scorso l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) aveva dato il proprio parere favorevole affinché la triptorelina fosse inserita nell’elenco dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale. Il 13 luglio del 2018 il Comitato nazionale di bioetica, con un solo voto contrario, aveva anch’esso benedetto l’uso di questo preparato. Lo scorso 2 marzo, infine, sulla Gazzetta Ufficiale si poteva leggere che tale farmaco sarà pagato da noi contribuenti solo per «casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una equipe multidisciplinare e specialistica in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva». In breve, si potrà in teoria usare questo farmaco solo come extrema ratio, quando tutte le altre soluzioni si saranno rese vane: ma sappiamo bene che, praticata una crepa nella diga, a breve tutta la diga crollerà e quindi l’uso di questo preparato sarà sempre più diffuso, senza dimenticare che, già di per sé, il blocco della pubertà è un problema.  

I possibili effetti collaterali della triptorelina sono ictus, patologie cardiache, aumento degli zuccheri nel sangue, costipazione, problematiche in ambito sessuale, diarrea, capogiri, mal di testa, vampate, perdita dell’appetito, nausea, insonnia, fastidi allo stomaco, stanchezza o debolezza, vomito. E stiamo parlando di effetti nocivi sugli adulti. Ma questo non è il punto, dato che ogni farmaco presenta in genere degli effetti indesiderati. I problemi sono altri.

Scienza & Vita e il Centro studi Livatino avevano prodotto un analitico documento (clicca qui) sull’uso di tale farmaco in relazione alla problematica della disforia di genere riguardante i minori. Nel documento si rilevava che mancano sufficienti studi clinici soprattutto in merito ai possibili effetti negativi a lunga scadenza (follow-up). Inoltre si sottolineava un particolare rischio concreto, cioè che «la pratica clinica quotidiana degeneri, finendo per ridurre la soluzione di un problema così complesso e decisivo per la persona alla banale somministrazione di una molecola». In altri termini, il farmaco sarà pure efficace nel bloccare la pubertà, ma non per risolvere i problemi psicologici del minore. Lo studio, in aggiunta, appuntava un dato importante: lo sviluppo sessuale di un minore confuso può aiutare a superare questa confusione. Cristallizzarlo invece nella sua condizione fisica pre-puberale può parimenti cristallizzare la sua stessa confusione. Così il documento: «Il blocco della pubertà e - quindi - anche degli ormoni sessuali potrebbe compromettere la definizione morfologica e funzionale di quelle parti del cervello che contribuiscono alla strutturazione dell’identità sessuale insieme con i fattori ambientali ed educativi. […] Si induce quindi farmacologicamente un disallineamento fra lo sviluppo fisico e quello cognitivo».

Inoltre c’è il problema del consenso, come fanno presente Scienza & Vita e il Centro studi Livatino: «un minore in età prepuberale che si trovi in “condizione frequentemente accompagnata da patologie psichiatriche, disturbi dell’emotività e del comportamento”» può esprimere un consenso valido? «Come possono i professionisti del settore garantire che il consenso di un preadolescente affetto da disforia di genere sia “libero e volontario”?». Infine, dato più rilevante degli altri, tra i minori che soffrono di questo disturbo - uno su 9.000 - moltissimi superano il problema in modo naturale senza l’intervento di farmaci.

Il Collegio americano dei Pediatri, con un documento aggiornato nel settembre 2017 (Gender ideology harms children, "L'ideologia gender fa male ai bambini"), si espresse proprio sulla tematica del blocco puberale per i minori affetti da disforia di genere indotto con farmaci. Riproduciamo ampi stralci di questo parere assai incisivo: «La sessualità umana è un carattere oggettivo, biologicamente binario: “XY” e “XX” sono indicatori genetici del maschio e della femmina, rispettivamente - non marcatori genetici di un disordine. […] Nessuno nasce con la consapevolezza di essere maschio o femmina: questa consapevolezza si sviluppa nel tempo e come tutti i processi di sviluppo può essere distorto dalle percezioni soggettive del bambino, dalle sue relazioni ed esperienze negative, dall’infanzia in avanti. […] La convinzione di una persona di essere qualcosa che in realtà non è costituisce, nella migliore delle ipotesi, il segno di un pensiero confuso. Quando un ragazzo altrimenti sano crede di essere una ragazza esiste un problema oggettivo che sta nella testa, non nel corpo, e dovrebbe essere trattato come tale. Questi bambini soffrono di disforia di genere. La disforia di genere (GD), in passato annoverata quale disordine dell’identità di genere (GID), è un disordine mentale riconosciuto nella più recente edizione del Diagnostic and statistical manual dell’American Psychiatric Association (DSM-V). […] La pubertà non è una malattia e gli ormoni che bloccano la pubertà possono essere pericolosi. Reversibili o meno, gli ormoni che bloccano la pubertà inducono uno stato di malattia - l’assenza della pubertà - e inibiscono la crescita e la fertilità in un bambino precedentemente sano. Secondo il DSM-V, fino al 98% dei bambini con confusione di genere e fino all’88% delle bambine con confusione di genere accettano il proprio sesso biologico dopo che attraversano naturalmente la pubertà. I bambini che assumono ormoni blocca-pubertà per impersonare l’altro sesso richiederanno ormoni cross-sex nella tarda adolescenza. Questa combinazione porta alla sterilità permanente. Questi bambini non saranno mai capaci di concepire un bambino neppure attraverso le tecnologie riproduttive. Inoltre, gli ormoni cross-sex (testosterone ed estrogeni) sono associati a gravi rischi per la salute, compresi (ma non solo) malattie cardiache, alta pressione, trombi, infarto, diabete e cancro. I tassi di suicidio sono quasi venti volte più alti negli adulti che usano ormoni cross-sex e si sottopongono alla chirurgia per il cambio di sesso, persino in Svezia che è tra i paesi più tolleranti con le persone LGBTQ. Quale persona compassionevole e ragionevole condannerebbe i bambini a questo destino sapendo che dopo la pubertà fino all’88% della bambine e fino al 98% dei bambini accetteranno alla fine la realtà e raggiungeranno uno stato di benessere mentale e fisico? Condizionare i bambini a credere che una vita intera di impersonificazione chimica o chirurgica dell’altro sesso sia una cosa normale è violenza sui bambini. Supportare la discordanza di genere come normale attraverso la scuola o le politiche legislative confonderà bambini e genitori, portando più bambini a presentarsi alle “cliniche del genere” ove gli daranno farmaci blocca-pubertà. Questo, in cambio, praticamente garantisce che essi “sceglieranno” una vita di ormoni cross-sex cancerogeni e comunque tossici, e molto probabilmente penseranno a mutilazioni non necessarie delle parti sane del loro corpo quando saranno adulti».

Dal punto di vista morale, e qui facciamo eco alle considerazioni di carattere psicologico del Collegio americano dei Pediatri, è bene ricordare che la psiche si deve conformare al corpo sessuato. Vi sono casi in cui gli attributi sessuali non si conformano perfettamente al dato genetico e in queste ipotesi la chirurgia e la farmacologia devono fare la loro parte perché ci sia armonia tra caratteri sessuali primari e secondari e profilo genetico che è maschile o femminile. Ma anche in questi casi la percezione di sé deve uniformarsi al sesso genetico. Purtroppo l’orientamento della pratica medica non asseconda questa prospettiva, bensì tende ad avallare in definitiva qualsiasi percezione del minore.