Miur-genitori, si dialoga: “Sconfessare il gender”
Il Ministro Fedeli riceve i rappresentanti delle associazioni pro family, che chiedono di sconfessare i progetti che utilizzano in modo ambiguo il termine genere o vogliono introdurre una visione antropologica che svaluta i dati bio-fisio-psicologici dell’identità sessuale.
Il 31 Luglio scorso il Ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli ha ricevuto i rappresentanti delle quattro associazioni Non si Tocca La Famiglia, Comitato Articolo 26, Generazione Famiglia e Provita Onlus, che il 17 Giugno a Roma hanno organizzato - la prima volta in Italia – una manifestazione di genitori in difesa della libertà di educazione, davanti al MIUR.
Il Ministero non può evidentemente più ignorare le richieste delle associazioni di famiglie del Family Day che da 3 anni reclamano il rispetto delle scelte educative dei genitori sui temi sensibili come la cosiddetta educazione di genere e l’educazione sessuale; le segnalazioni di casi in cui questi progetti, nonostante il negazionismo della grande stampa, hanno introdotto approcci divisivi e le applicazioni più estremistiche delle teorie di genere nella scuola pubblica e di istituti scolastici che hanno imposto la partecipazione anche agli alunni i cui genitori non erano d’accordo con i metodi applicati.
Nell’incontro con le quattro associazioni la Fedeli ha riconosciuto quanto il MIUR abbia più volte ribadito negli ultimi mesi: che i progetti didattici su questi temi, non possono essere imposti come obbligatori dalle scuole - a differenza delle discipline scolastiche vere e proprie indicate dalla Normativa - anche se sono previsti dalla legge di riforma della scuola e anche se si svolgono durante l’ orario normale di lezione. Queste attività rientrano nella quota parte “facoltativa” del programma e le scuole devono fornire dettagliate informazioni preventive e recepire il consenso informato dei genitori prima di far partire i progetti.
Dichiarazioni importanti quelle fatte dall’attuale ministro, ottenute dal movimento di nuovo “protagonismo educativo” dei genitori che si sta diffondendo in Italia – che rispecchiano una posizione finora formalizzata solo attraverso una semplice “circolare” sotto il ministero Giannini e poi in sede di interrogazione parlamentare per bocca della Fedeli stessa; ma senza mai una vera e propria “regolamentazione “ nei confronti delle scuole, che hanno continuato così a disattendere i diritti dei genitori celandosi dietro l’alibi dell’ autonomia scolastica che di fatto rende i singoli Istituti liberi di “adattare” le disposizioni ministeriali, come nel recente caso di Milano già trattato dal nostro giornale e su cui le quattro associazioni hanno sollecitato una risposta chiarificatrice dal MIUR non ancora arrivata.
Il riconoscimento ufficiale generalizzato dell’esonero per i figli dei genitori che manifestano il loro dissenso e la possibilità di attività alternativa, sono la logica conseguenza delle dichiarazioni stesse della Fedeli in parlamento e la circolare dello stesso Ministero che afferma: “La partecipazione a tutte le attività extracurricolari anch’ esse inserite nel P.O.F (Il Piano dell’ offerta formativa delle scuole ndr) è per sua natura facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi se maggiorenni che in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza” ( nota 4321 del 06/07/2015)
Circostanza questa già introdotta nelle Linee guida rivolte al sistema educativo provinciale per il coinvolgimento delle famiglie in tema di contrasto alle discriminazioni emesse dalla regione Autonoma del Trentino Alto Adige nel Marzo scorso, secondo le quali non solo va garantita ai genitori un'esaustiva conoscenza su tutti gli aspetti di questi progetti, ma anche la possibilità di non far partecipare i propri figli alla attività non condivisa senza motivare la giustificazione.
Per questo le quattro associazioni hanno lavorato anche in piena estate e, dopo aver attentamente analizzato la normativa, hanno indirizzato alla Fedeli un documento in otto punti con le loro controproposte. In esso rilanciano e spiegano i motivi per cui negare la possibilità di esonero dopo aver ammesso la possibilità del dissenso, imponendo quindi la partecipazione a progetti non condivisi, sarebbe una contraddizione, anche solo logicamente, inaccettabile. Inoltre qualora le attività controverse si svolgano in orario normale di lezione, pur rispettando l’autonomia scolastica , per superare “ gli ostacoli” addotti dal MIUR , in esso si afferma come sia sufficiente ricorrere alle stesse alternative previste per l’insegnamento della religione cattolica adottate in varie forme dalle singole scuole. Attività alternative che devono essere un “impegno coerente” per le scuole che intendono trattare temi educativi sensibili e che possono dar luogo a modalità di trattazione controverse e divisive – come l’educazione affettiva sessuale e la lotta alle discriminazioni - all’interno del normale orario di lezione. Tutto ciò al fine di rispettare il diritto allo studio di tutti gli alunni che non possono certo assentarsi dall’andare a scuola se le famiglie non condividono un’attività didattica, tra l’altro, neanche obbligatoria.
Se la scuola deve occuparsi di educazione, deve infatti necessariamente organizzarsi per rispettare il primato educativo dei genitori, sancito dalla legge nazionale e internazionale. Contemporaneamente la scuola deve vagliare le iniziative didattiche le quali non possono ammettere contenuti di parte o controversi sul piano scientifico o divisivi tra le famiglie; né veicolare mode ideologiche e totalitarismi pericolosi per il benessere dei giovani e per il pluralismo critico che deve essere alla base dell’attività formativa della stessa scuola. Invece di fronte alle apprezzate rassicurazioni della Fedeli in sede di incontro per cui “il significato di genere va attribuito solo al maschile e al femminile”, i rappresentanti delle associazioni le hanno chiesto di emanare un provvedimento ufficiale per sconfessare tutti quei progetti che utilizzano in modo ambiguo il termine genere o vogliono introdurre una ben precisa e unilaterale visione antropologica che prescinde o svaluta tutti i dati bio-fisio-psicologici dell’identità sessuale, esaltando solo quelli di tipo sociologico - culturale.
Il documento chiede ufficialmente che non si introduca alcuna forma di obbligatorietà riguardo all’ educazione di genere e sessuale nelle indicazioni dei programmi , nella formazione dei docenti e nella definizione e scelta dei libri di testo, come purtroppo - cosa gravissima per la libertà educativa e di insegnamento - rischia di accadere attraverso il Codice di autoregolamentazione “POLITE” che al di là delle apparenti finalità - la valorizzazione delle figure femminili nei libri di testo – presenta pericolosissimi rischi di ideologizzazione, in linea con tutta la scriteriata “decostruzione degli stereotipi” oggi proposta come esclusivo rimedio alla violenza sulle donne, in barba alla copiossa letteratura pedagogica e scientifica, nonché alle statistiche provenienti dai Paesi del Nord Europa, da tempo “convertiti” a questo tipo di educazione ideologica, che dimostrano l’esatto contrario, ovvero che i Paesi soggetti a questa rivoluzione antropologica mostrano tassi di violenza e bullismo che sono ai vertici delle classiche europee.
Su questa linea è stato manifestato un fermo dissenso anche in riferimento al Disegno di Legge per introdurre l’Obbligo della Educazione Sessuale e di Genere in tutto il sistema scolastico italiano; Disegno che improvvisamente in questi giorni la VII Commissione Cultura alla Camera - ha ripreso ad esaminare e discutere forse per ragioni squisitamente pre elettorali di alleanze politiche.
Le quattro associazioni, che hanno anche chiesto di coinvolgere i genitori nell’ elaborazione dei progetti scolastici, non hanno alcuna intenzione di scendere compromessi e hanno ufficialmente dichiarato che qualora tali istanze non fossero accolte nel nuovo Patto educativo di Corresponsabilità che il MIUR riscriverà a brevissimo, inviteranno i genitori a non firmare il PEC (Patto educativo di corresponsabilità) al momento dell’iscrizione e a non versare il Contributo Volontario alle scuole (che è finalizzato proprio a finanziare quei progetti educativi per i quali i genitori chiedono sia stabilito l’ obbligo di recepire il preventivo consenso informato) e che sono pronte a qualsiasi forma di mobilitazione, come una nuova grande manifestazione di fronte al MIUR o un raduno ancora più grande delle famiglie.
Per ribadire che la libertà di educazione non è elargizione che il MIUR o il Governo o lo Stato possono concedere a loro discrezione, ma un diritto umano fondamentale e inalienabile che costituisce la linea di demarcazione tra lo Stato di diritto, garante della pacifica convivenza democratica delle differenti culture, e lo Stato etico che si ritiene unico educatore dei suoi cittadini.