Massoneria & Chiesa: l'unico dialogo usato è la minaccia
Il convegno dalla Massoneria con il vescovo di Noto non è il primo tentativo di dialogo tra "grembiulini" e Chiesa. Avvenne già nel '37 e nel '77. E dalle minacce emergeva un dato incontestabile: la natura diabolica delle Logge. Un testo dell'esperto Padre Siano.
Ha suscitato molti interrogativi e perplessità l'iniziativa promossa dalla Massoneria siciliana di organizzare un incontro con un vescovo e un teologo per discutere sui punti di vicinanza e di lontananza tra il Grande Oriente e la Chiesa Cattolica. Ma non è la prima volta che i grembiulini provavano a chiedere un dialogo con la Chiesa. E' accaduto ad esempio nel 1977 e prim'ancora nel 1937, come documentato da questo scritto di Padre Paolo Siano per la Nuova BQ. In entrambi i casi la Chiesa rifiutò sdegnata una proposta che prevedeva con arroganza e intimidazione, un certo ammorbidimento del Papa nei confronti dei Massoni. Perché la dottrina massonica è inconciliabile in ogni modo con il Cristianesimo. Ecco che cosa accadde allora, per capire che questo dialogo ricercato da gran maestri e venerabili in realtà nasconde un abbraccio mortale.
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Quarant’anni fa, nel 1977 a Palermo, l’Editrice de “Il Vespro” pubblica la prima e unica traduzione in lingua italiana della “Lettera” (in realtà un libro) indirizzata a Papa Pio XI nel 1937 dal massone Albert Lantoine (1869-1949), membro della Grande Loge de France e 33° ed ultimo grado del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato (RSAA) di Francia.
Quell’edizione italiana reca la Prefazione del massone Giordano Gamberini (1913-2003), dal 1961 al 1970 Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani (GOI), dal 1966 direttore di «Rivista Massonica» (organo del GOI). Fu uno degli estensori della «Bibbia Concordata» (Mondadori, 1968) traducendo il Vangelo di San Giovanni. Si adoperò per ottenere al GOI il riconoscimento da parte della Gran Loggia Unita d’Inghilterra che giunse nel 1972. Gamberini fu anche “vescovo” della Chiesa Gnostica d’Italia col nome iniziatico «Tau Julianus» e 33° grado del RSAA.
Come Lantoine anche Gamberini 33° propone uno strano armistizio tra Chiesa e Massoneria, ossia pretende che la Chiesa non parli più di incompatibilità tra l’essere cattolico e l’essere massone. Gamberini conclude la Prefazione facendo sua una frase sibillina del Lantoine 33° il quale afferma che nel giorno in cui Hiram (l’eroe e prototipo dei Maestri Massoni) soccomberà per la seconda volta, anche Cristo subirà per la seconda volta l’oltraggio della folla... (cfr. G. Gamberini, Prefazione in A. Lantoine, Lettera di un Massone al Papa, A cura di Giuseppe Mannino, Editrice de “il Vespro”, Palermo 1977, pp. 7-9).
Secondo Gamberini, Lantoine «rende testimonianza della Massoneria autentica» (p. 8) ed è «il profeta» (p. 9) circa i rapporti tra Massoneria e Chiesa. Il libro di Lantoine 33° è permeato dalla logica iniziatica della “conciliatio oppositorum” (unione-identità degli opposti) per cui Hiram & Cristo, la Massoneria & la Chiesa, Lucifero & Dio, sarebbero necessari l’uno all’altro... Dal testo di Lantoine si direbbe che il futuro e la sopravvivenza della Chiesa dipendano dall’accettare la proposta massonica, ossia comandare a preti e ad ecclesiastici di ammorbidire i toni verso la Massoneria...
Lantoine auspica una tregua tra Massoneria e Chiesa Cattolica affinché entrambe non cadano sotto i colpi dei comuni nemici, il comunismo e il nazismo (cf. A. Lantoine, Lettera di un Massone al Papa, cit., p. 29). Eppure la “supplica” del Lantoine è strana, illogica, intimidatoria, minacciosa; inoltre sembra che cerchi di insinuare in Pio XI scrupoli e complessi di colpa nel caso non accolga l’appello massonico (cf. p. 32).
Pur chiedendo pace, Lantoine continua ad accusare la Chiesa di abusi di potere e di peccato grave contro la spiritualità (cf. pp. 25-26)... Lantoine si rivela relativista: «Noi siamo gli esaltatori di una verità che muta, voi i propagandisti di una verità immutabile. Tutto ci separa o sembra separarci» (p. 32).
Poi Lantoine afferma che massoni e cattolici non devono essere nemici, ma poco sopra mostra una profonda avversione, sua e della Massoneria, verso la Chiesa in quanto Dio non può perdonare l’Angelo ribelle e costui non si arrenderà mai: «[...] Dobbiamo noi insistere ancora ad essere avversari? Forse! Forse... giacché il vostro Dio non può perdonare all’Angelo Ribelle né l’Angelo Ribelle si arrenderà mai! Dobbiamo noi insistere ancora ad essere nemici? Certamente no!» (p. 41, grassetto mio).
Lo spirito di Lantoine è dalla parte di quell’Angelo, come si evince anche da qualche altro brano. Secondo Lantoine, l’«élite» massonica e quella cattolica devono allearsi «per il salvataggio della bellezza» e accantonare «divergenze di opinioni», «settarismi» (cf. p. 55). Ma poi Lantoine ammette che la Chiesa non può accettare il relativismo massonico: «Non mi faccio soverchie illusioni sul risultato di questa mia richiesta che vorrebbe far convivere il Dubbio e la Certezza. Chiedere alla Chiesa di mettere per un po’ da canto la sua intolleranza, significa credere contro ogni logica che Essa possa abbandonare il Monopolio della verità. Un sacrificio di tal genere può essere se mai più facile per noi, per noi massoni che facciamo nostro questo pensiero di Lessing: “Ciò che rende valido un uomo non è affatto la verità che egli possiede e che crede di possedere, è invece lo sforzo sincero che fà per conquistarla; non col possesso della verità, ma con la ricerca di essa l’uomo si ingigantisce e si perfeziona”. Questa “ricerca della verità”, che è lo scopo dei nostri lavori, ci vieta l’orgoglio di crederla immutabile» (pp. 55-56).
Lantoine auspica che la Chiesa non si immischi con i poteri politici e che non aiuti tali poteri a perseguitare i massoni... Poi, coerente con la logica dell’unione degli opposti, Lantoine osserva: «Il giorno in cui Hiram soccomberà per la seconda volta sotto i colpi dei suoi fratelli malvagi, il vostro Cristo subirà, pure Lui per la seconda volta, gli oltraggi della folla. E la stessa sepoltura chiuderà in aeternum i resti del nostro splendore assassinato» (p. 61).
Più avanti Lantoine ribadisce la necessità ed unione degli opposti: «Presi come siamo dall’istinto di esame, noi siamo i servitori di Lucifero. Voi, i detentori della verità, voi siete i servitori di Dio. I due maestri si completano. L’uno ha bisogno dell’altro. Non spingete dunque il Potere a sterminare la Massoneria! Attenti! Quel giorno, per dirla con Meleagro, le vostre buccine di morte scoppieranno: la morte di Lucifero segnerà l’agonia del vostro Dio» (p. 65, grassetto mio).
E addirittura Lantoine chiede al Papa di zittire i preti che avversano la Massoneria. Lantoine li dipinge come irascibili da ricondurre alla pace, e presenta invece i massoni come povere vittime (cf. p. 76)... Lantoine fa notare a Pio XI che mentre non zittisce quei preti, intanto si avvicina nella notte il coltello del carnefice: «Forse siamo ancora in tempo. Papa! Non vedete, nel buio della notte che s’avvicina, rilucere il coltello del carnefice?» (p. 76). Non precisa quale carnefice... Strano modo di dialogare e di chiedere pace. Ma che tipo di pace? Ecco: il non predicare più l’incompatibilità tra Chiesa e Massoneria ! Ma quale vera pace, quale autentica cooperazione è possibile costruire con chi rifiuta la Verità immutabile e crede che Dio e Lucifero abbiano bisogno l’uno dell’altro?