L’irresistibile ascesa della Comunità di Sant’Egidio
La nomina di Matteo Bruni a direttore della Sala Stampa costituisce solo l’ultima delle dimostrazioni di fiducia che papa Francesco ha riservato all’“Onu di Trastevere”. Esponenti di punta della S. Egidio occupano sempre più ruoli di prestigio, come monsignor Zuppi a Bologna e soprattutto Paglia, uno degli uomini simbolo della stagione bergogliana.
Sono giorni di cambiamenti in via della Conciliazione 54 con la fine dell'interim di Alessandro Gisotti e la direzione assunta dall’ex responsabile dei media in occasione dei Viaggi Apostolici, Matteo Bruni. Il neodirettore della Sala Stampa della Santa Sede, nella sua prima intervista concessa a Roberto Piermarini, ci ha tenuto a ricordare il suo legame di lunga data con la Comunità di Sant'Egidio. La sua recente nomina costituisce solo l’ultima delle dimostrazioni di fiducia che Francesco ha riservato all’“Onu di Trastevere” durante il suo pontificato.
D’altra parte, l'apprezzamento di Bergoglio per il movimento laicale d’ispirazione cristiana è precedente alla sua elezione al soglio pontificio e risale agli anni argentini. Non a caso, il 6 settembre del 2008, fu proprio l’allora arcivescovo di Buenos Aires a celebrare la Messa per il quarantennale della S. Egidio nella cattedrale della capitale. In quell'occasione, il futuro pontefice ebbe parole al miele per la Comunità e per la sua propensione all’arte della diplomazia con i ‘grandi’, affiancata dalla carità verso gli ‘ultimi’: “Per un cristiano”, disse Bergoglio nella sua omelia, “progredire non è scalare posti, avere una buona reputazione, essere considerato, per un cristiano progredire è ‘abbassarsi’ in questo compito di essere mediatore”. Questo non ha impedito, però, agli esponenti di punta del movimento di andare a ricoprire incarichi sempre più prestigiosi all'interno della Chiesa cattolica negli ultimi anni.
L'attuale arcivescovo di Bologna, ad esempio, è quel monsignor Matteo Zuppi che fu prima viceparroco e poi parroco della Basilica di Santa Maria in Trastevere, casa madre e quartier generale della realtà fondata da Andrea Riccardi. Nel 2015, papa Francesco lo scelse come successore del cardinal Caffarra, riscontrando nel suo profilo le caratteristiche giuste per trasmettere l’idea di “Chiesa in uscita, povera per i poveri” a lui tanto cara e condivisa anche dalla Sant’Egidio. I due, peraltro, si conoscevano e stimavano sin dai tempi di Buenos Aires dove avevano modo di incontrarsi almeno una volta l’anno.
Ma monsignor Zuppi non è l'unico prelato della Comunità tenuto in grande considerazione dal papa argentino: monsignor Vincenzo Paglia, primo assistente spirituale e grande animatore del movimento, è uno degli uomini-simbolo della stagione bergogliana in Vaticano.
All'ex parroco di Santa Maria in Trastevere - ruolo che lasciò proprio a Zuppi - Francesco ha dato in questi sei anni piena fiducia, affidandogli compiti che a lui stavano particolarmente a cuore, come quello di fare da postulatore della causa per la canonizzazione di monsignor Romero. Nel 2016, con la cessazione delle attività del Pontificio Consiglio per la Famiglia di cui era presidente dal 2012, Bergoglio lo ha messo a capo della Pontificia Accademia per la Vita e lo ha fatto Gran Cancelliere del Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per Studi su Matrimonio e Famiglia, attribuendogli pieni poteri al suo interno. Un incarico particolarmente importante se si tiene conto della materia di trattazione di questi due organismi che era stata in cima all'agenda degli ultimi due pontificati, finendo inevitabilmente per caratterizzarli.
La guida di monsignor Paglia ha impresso una linea di discontinuità rispetto al passato, che ha mandato in soffitta la stagione della difesa dei principi non negoziabili. Ulteriori cambiamenti sembrano attendersi nel futuro prossimo dopo l’approvazione in questi giorni degli Statuti e dell’Ordinamento degli studi dell’istituto voluto da Giovanni Paolo II, di cui La Nuova BQ ha parlato qui, e dopo l’allontanamento di monsignor Livio Melina, del filosofo Stanislaw Grygiel e altri (clicca qui e qui).
Ma il grande credito di cui gode la Comunità durante questo pontificato non è dimostrato soltanto dalla carriera ecclesiastica dei suoi due religiosi più noti: è un po’ tutto il modello Sant'Egidio ad aver fatto proseliti nella Chiesa negli anni di questo pontificato. Lo si è visto, ad esempio, con la diffusione in tutte le diocesi della consuetudine dei pranzi per i poveri all’interno delle chiese, un tempo prerogativa degli edifici gestiti dall’“Onu di Trastevere”. Ma anche con i diversi appelli di Francesco in favore dei corridoi umanitari, iniziativa ideata e portata avanti proprio dal movimento fondato da Riccardi e indicata dal papa come la soluzione più efficace di fronte alla questione migratoria.
La designazione di un laico della Sant’Egidio come Matteo Bruni nel ruolo cruciale di ‘portavoce’ papale, così come le numerose udienze concesse in Vaticano al fondatore Riccardi e la nomina a membro del Dicastero Pontificio per i Laici, la Famiglia e la Vita del presidente Marco Impagliazzo, sono ulteriori prove dell'apprezzamento che Bergoglio riserva per lo stile di apostolato prediletto dalla Comunità nata 51 anni fa a Roma. Uno stile che, essendogli noto sin dagli anni argentini, il papa probabilmente sente anche un po’ suo.