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LA LETTERA

Legge 40, l’antropologia stravolta che Avvenire dimentica

Sul quotidiano della Cei, Assuntina Morresi celebra i 20 anni di vigenza della Legge 40 sulla fecondazione artificiale. Ma dimentica l’embrione e l’antropologia stravolta che quella legge reca con sé.

Bravissima Assuntina Morresi. Riesce a celebrare, su Avvenire del 4 gennaio, i 20 anni di vigenza della Legge 40 sulla fecondazione artificiale tenendo lo sguardo fisso alla coppia, ai diritti della coppia, senza una parola, una considerazione per l’embrione, il grande assente, che questa legge consente di produrre in provetta. Una legge, secondo Morresi, che si inserirebbe in un «modello antropologico ben preciso: la procreazione naturale e i legami parentali che ne derivano», in quanto nell’impianto originario escludeva la fecondazione eterologa e ogni possibile donatore di gameti.

A queste affermazioni c’è da rimanere sconcertati perché è proprio l’antropologia a uscirne stravolta: per la Legge 40 l’uomo, in una sorta di trasmutazione ontologica, passa da persona a cosa, diventa un oggetto nelle mani del tecnico che lo produce, ne giudica la qualità, lo avvia all’impianto ed eventualmente, se soprannumerario, lo congela.

Ad uscirne antropologicamente stravolta è anche la famiglia che passa da quello che da sempre è stato per sua stessa costituzione il luogo della gratuità dove ciascuno è accolto come dono, amato, considerato e voluto per sé stesso, a luogo di decisionismo nel quale una coppia disegna a volontà la propria famiglia - tu sì, tu no - tramite la Fivet e l’aborto.

Che in questi vent’anni siano caduti, uno dopo l’altro, “i paletti”, le barriere poste da coloro che miravano al contenimento di quello che veniva vent’anni fa chiamato far west procreativo, quali il limite dei tre embrioni da immettere in utero e il conseguente divieto di congelamento dei soprannumerari, la Fivet eterologa, l’analisi preimpianto con conseguente selezione eugenetica, non sembra preoccupare la Nostra, così come il numero impressionante di embrioni prodotti e perduti, come risulta dalle relazioni ministeriali che fotografano una vera strage. Neppure le migliaia di embrioni crioconservati che dormono nel ghiaccio senza un futuro - danni collaterali di poco conto - sembrano costituire un problema per chi decide di celebrare una legge, che non va “controcorrente”, come titola Avvenire, ma che è perfettamente adeguata a tempi e cultura che hanno perduto il rispetto per l’uomo.

Marisa Orecchia