Il Papa spiana la strada ai vescovi tedeschi
Nessuna "frenata" sulla comunione data ai protestanti con un coniuge cattolico. I vescovi tedeschi pubblicano le contestate linee guida pur senza firmarle, cogliendo al balzo le parole di via libera pronunciate dal Papa la scorsa settimana.
Durante il viaggio aereo di ritorno da Ginevra, dove il Papa ha partecipato la scorsa settimana al World Council Of Churches, c’è stato l’ormai consueto scambio di domande e risposte tra il Santo Padre e i giornalisti.
Uno di loro si è rivolto a Francesco, chiedendo lumi su quella che è passata come una “frenata” del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Ladaria, al sussidio o guida pastorale “patrocinato” dal Cardinal Marx, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, per “porre fine a una situazione di seria emergenza spirituale”, secondo quanto espresso dal Cardinale tedesco durante una conferenza stampa del 22 marzo scorso; e cioè per favorire “la condivisione dell’Eucaristia in coppie composte da coniugi di distinte confessioni”.
In effetti, la “frenata” di Ladaria è stata salutata con un po’ troppa fretta come se si trattasse di una bacchettata a Marx e una conferma dell’insegnamento tradizionale. In verità, già con una rapida lettura della lettera di Ladaria si poteva constatare come il temporaneo “contrordine compagni” non avesse ragioni di natura dottrinale, bensì di natura formale: in fondo l’iniziativa di Marx era stata messa in stand by perché “il documento non è maturo per essere pubblicato”, espressione richiamata esplicitamente sottolineata dal Papa in aereo. E se non è maturo, maturerà…
Veniamo alla domanda del giornalista tedesco: “Lei parla spesso di passi concreti da fare nell’ecumenismo; oggi ha detto: vediamo ciò che è possibile fare concretamente. I vescovi tedeschi hanno deciso di fare un passo, per la comunione al coniuge protestante. E allora, ci chiediamo come mai l’arcivescovo Ladaria abbia scritto una lettera che sembra un po’ un freno di emergenza. Dopo l’incontro del 3 maggio era stato detto che si doveva trovare una soluzione unanime. Sarà necessario un intervento dal Vaticano?”.
Il Papa risponde, spiace dirlo, in modo molto impreciso; e su un terreno inclinato e sdrucciolevole come questo, l’imprecisione ha necessariamente delle conseguenze poco piacevoli. “Questa non è una novità, perché nel Codice di Diritto canonico è previsto ciò di cui i vescovi parlavano: la comunione nei casi speciali”. La verità di questa affermazione sta nel fatto che effettivamente il Codice dedica un articolo, l’844, al problema dell’intercomunione ed il § 4 è esplicitamente dedicato “agli altri cristiani che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica [oltre ai membri “delle Chiese orientali, che non hanno comunione piena con la Chiesa cattolica dei quali si parla nel § 3]”.
Il punto è che, però, il Codice non parla di “casi speciali”, come afferma il Papa, ma di “pericolo di morte o qualora… incombesse altra grave necessità”. I casi speciali possono infatti essere molteplici (matrimonio, prime comunioni, anniversari, etc.), ma non sono ipso facto gravi necessità. O per dirla diversamente: una grave necessità è certamente un caso speciale, ma non ogni caso speciale costituisce una grave necessità. Nel suo intervento su First Things del 30 aprile scorso, il Cardinal Müller spiegava proprio che “in ogni caso, non si devono arbitrariamente estendere concetti come “grave necessità”… al punto di arrivare ad una unione sacramentale de facto della Chiesa Cattolica con le comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con essa. La legge canonica dev’essere interpretata alla luce della fede rivelata e, nella misura in cui si tratta di una legge meramente ecclesiastica, deve essere anche rettificata nella stessa luce”. E continuava: “un matrimonio misto […] sicuramente… non presenta una situazione di grave e urgente necessità, che richiederebbe l’amministrazione dei sacramenti della Chiesa Cattolica alla parte non cattolica per la salvezza della sua anima”.
Allora qui c’è un bel problema: la scelta delle parole utilizzate dal Pontefice allarga notevolmente le possibilità interpretative delle situazioni di “grave necessità”, fornendo così un punto di appoggio al vescovo diocesano che volesse concedere la Comunione ai protestanti in alcune circostanze non più gravi, ma semplicemente “speciali”.
Il Papa prosegue con la sua risposta, affermando che lo studio dei vescovi tedeschi, “uno studio ben fatto”, che riguardava appunto il problema dei matrimoni misti, è “restrittivo, non è aprire a tutti”. Ma questa rassicurazione, contrasta invece con l’apertura notevole che il Pontefice ha fatto in precedenza e con quanto vedremo dirà dopo. Certamente i “casi speciali” sono "restrittivi” rispetto ad un via liberta indiscriminato, ma sono più ampi delle indicazioni fornite dal Codice di Diritto Canonico.
Perché allora la lettera di Ladaria? Il Papa tiene a precisare che, appunto, non si è trattato di una “frenata”, ma piuttosto di un aggiustamento di direzione: “Il Codice dice che il vescovo della Chiesa particolare, di una diocesi, deve occuparsi di quello, è nelle sue mani... La cosa è scivolata alla Conferenza episcopale tedesca, ma il Codice non prevede questo, il Codice non prevede la Conferenza, perché una cosa approvata da una Conferenza episcopale subito diventa universale (?). E questa è stata la difficoltà, non tanto il contenuto”.
Sarebbe utile l’intervento di un canonista, ma non possono sfuggire due cose: che il problema non era il contenuto (e quindi quello di aprire le porte alla Comunione al coniuge protestante sposato con un cattolico); e che il già menzionato articolo del Codice afferma che la ponderazione della grave necessità spetta al “giudizio del Vescovo diocesano o della Conferenza Episcopale”. Quindi il riferimento alla Conferenza Episcopale in realtà è presente nel Diritto Canonico, a differenza di quanto afferma il Papa. Non si capisce dunque perché debba essere stato il presunto slittamento dal terreno diocesano a quello della Conferenza Episcopale ad aver bloccato l’iniziativa di Marx.
E’ chiaro invece che è stata la presa di posizione contraria di sette vescovi tedeschi a far trasferire le competenze esclusivamente al vescovo diocesano, il quale ora si trova le porte spalancate non solo dalla teologia dei “casi speciali” indicati dal Papa (che ha lo stesso olezzo dei “casi particolari” di Amoris Laetitia), ma anche da questa sua considerazione finale: “Quando io ho fatto la visita alla Chiesa luterana di Roma, ho risposto secondo lo spirito del Codice di Diritto canonico, quello che loro [i vescovi tedeschi, n.d.a] cercano di fare adesso”.
Cosa era accaduto quel febbraio di due anni fa? Una signora protestante, sposata con un cattolico, chiese al Papa se fosse possibile per lei fare la Comunione, assieme al marito. La risposta di Francesco fu piuttosto ondivaga, culminata con questa affermazione “risolutiva”: “È un problema a cui ognuno deve rispondere”. Questa sarebbe la risposta secondo lo spirito del Diritto, che dev’essere un discendente diretto dello spirito del Concilio...
A questo punto i vescovi locali à la Marx hanno la strada spianata: non solo i casi speciali, ma addirittura un “fate vobis”... Un discorso, quello del Papa, che mette nelle condizioni di spingere semplicemente la palla in rete. Appena il tempo di terminare questo articolo ed infatti i vescovi tedeschi pubblicano il controverso documento. Triangolo Marx – Bergoglio – Marx e palla in rete, con tanti saluti ai sette vescovi che si erano opposti. Ovviamente, tengono a precisare, non si tratta di un documento della Conferenza Episcopale Tedesca… E guarda caso, il documento puramente orientativo, che non porta nessuna firma, ma si trova sul sito della Deutsche Bishcofskonferenz, esordisce proprio con la già evocata risposta del Papa in occasione della visita alla chiesa luterana, nel 2015. Il titolo del § 5 si intitola: “Prendiamo sul serio l’incoraggiamento del Papa”, riferendosi appunto a quell’occasione. “Ci sappiamo uniti strettamente a papa Francesco nel nostro desiderio di mostrare una via di accompagnamento pastorale ai fedeli che vivono un matrimonio misto, nel quale può diventare possibile, in singoli casi, una partecipazione all’Eucaristia cattolica” (nel testo si paga un tributo all’ideologica neolingua, con il neologismo “konfessionsverbindende Ehe”, letteralmente “matrimonio che unisce due confessioni”, per evitare il dispregiativo “matrimonio misto”: oltre all’abolizione dei matrimoni irregolari, quella dei matrimoni misti).
Da notare l’espressione “in singoli casi”, come in Amoris Laetitia; e notare anche lo stesso iter pastorale: “Coloro che, dopo un approfondito esame in un colloquio spirituale con il parroco o con una persona incaricata per la cura delle anime, sono arrivati in coscienza al giudizio di accettare la fede della Chiesa cattolica, di voler porre fine a una situazione di “grave necessità spirituale” e di dover soddisfare il desiderio dell’Eucaristia possono accostarsi alla mensa del Signore per fare la Comunione” (§ 56). Chi decide? La singola persona, accompagnata quanto si vuole, ma pur sempre arbitra finale della decisione. Verrebbe da chiedersi: ma perché se una persona decide in coscienza di accettare la fede cattolica, non entra a far parte anche della Chiesa cattolica? Ma queste domande avevano senso ai tempi dell’ecumenismo del ritorno, e non quelli dell’ecumenismo del dialogo…
Ancora una chicca: “Chi nella Chiesa cattolica si vuole accostare alla mensa del Signore si trova di fronte alla domanda se condivide la fede eucaristica della Chiesa cattolica […] Alcuni dei temi classici della teologia eucaristica vengono spesso considerati in modo differente dalla parte cattolica e dalla parte evangelica; nel dialogo ecumenico però essi sono stati elaborati in modo che non debbano esserci contrapposizioni, ma che vengano riconosciuti i punti in comune”.
A parte il fatto che il cattolico che si accosta all’Eucaristia non deve porsi la domanda di fede, ma porre un atto di fede (che, per chi non lo sapesse è una risposta, non una domanda), e a parte il fatto che un cattolico non può accostarsi all’Eucaristia avendo la fede cattolica solo circa questo sacramento, ma aderendo alla fede cattolica tout court, la risposta è un capolavoro di ipocrisia. Se si mettono da parte i punti che contrappongono e si accolgono solo quelli che uniscono, significa semplicemente che il protestante non ha nemmeno la fede cattolica nell’Eucaristia, ma continua sulla sua strada. D’altra parte, il Papa nel 2015 non si pronunciò diversamente: “Mi diceva un pastore amico: noi crediamo che il Signore è presente lì; voi credete che il Signore è presente. Qual è la differenza?” “Sono le spiegazioni, sono le interpretazioni – diceva Francesco -. La vita è più grande delle spiegazioni e delle interpretazioni”. Ed aggiungeva (testo ripreso, tra l’altro, dal documento tedesco): “Una fede, un battesimo, un Signore: così ci dice Paolo. E di là prendete le conseguenze. Io non oserò mai dare il permesso di fare questo, perché non è mia competenza… Parlate col Signore e andate avanti. Non oso dire di più”.
In effetti, il Papa non ha dato il permesso: lascia che siano i singoli a decidere.