Guai al vescovo che dice la verità sull'omosessualità
Invitato in una scuola, il vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti, ha risposto anche a domande sull'omosessualità riproponendo l'antropologia cristiana. E puntuali sono arrivati i fulmini dell'Arcigay con il solito sistema: intimidire per far tacere.
Il vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti, ha incontrato lo scorso 7 marzo gli studenti di una scuola pubblica, l’Ipsia “Cremona”, ed ha parlato anche di omosessualità. «La tendenza omosessuale non è peccato – ha precisato il presule - ma qualcosa di disordinato rispetto all’ordine della natura. Non sarà quella la strada che ti farà felice. Ci sono anche degli omosessuali cristiani che con fatica accettano di dire ‘sono in questa condizione, non la voglio, accetto di non assecondare questo orientamento, di viverlo come un affetto, un’amicizia, di non dargli una stabilità sessuale’. Questa è una fatica, certo, la vita è fatta anche di fatica, ma c’è una situazione di omosessuali cristiani che fanno delle scelte che alla fine li rendono contenti».
Poi ha aggiunto: «Se da me che sono un prete viene uno che dice: ‘Sono omosessuale mi aiuti a vivere [questa] condizione’, io non ti dico: ‘Va’ pure, fa’ quello che vuoi’, vorrei dirti: ‘Cerca di darti un altro orientamento’. Non ci riesci? Ti accompagniamo lo stesso». Mons Sanguineti ha poi raccontato di un suo conoscente: «Ho un ex amico che dice di essere omosessuale e ha cominciato a convivere con un uomo. Io gli ho sempre detto: ‘Guarda, io questa scelta tua non la condivido, non credo che ti farà felice’. Io voglio dire, non violentiamo la realtà perché se la realtà la violenti crea sofferenza. Pensa a un bambino che nasce da una coppia omosessuale…. nasce per modo di dire….». Infine ha concluso dicendo: «Se non sei cristiano, guarda fino in fondo a questa cosa qui e guarda se veramente tu compi la tua persona e realizzi te stesso perseguendo questo orientamento».
Il vescovo però nell’incontro ha anche affermato che è bene che lo Stato riconosca le unioni civili. Scrivendo dopo qualche giorno al quotidiano La Provincia Pavese (clicca qui), Sanguineti così si è espresso: «È giusto che lo Stato garantisca i diritti delle persone che vivono un’unione omosessuale anche con leggi specifiche», precisando però che non è corretto equiparare queste con il matrimonio. Viene da chiedersi quale coerenza argomentativa ci possa essere nell’invitare l’amico omosessuale a rompere una convivenza omosessuale e poi nel benedire la legittimazione giuridica prestata alle unioni civili. Se la relazione omosessuale non è moralmente accettabile, non lo può essere nemmeno sul versante giuridico. Insomma un intervento con luci ed ombre, in bilico tra la difesa dalla legge naturale e della dottrina cattolica e la tutela del pluralismo culturale.
Ovviamente l’Arcigay di Pavia ha gridato allo scandalo affermando che il vescovo ha incitato all’odio i ragazzi. «Parole come pietre scagliate contro adolescenti da parte del massimo rappresentante della chiesa pavese – ha detto Barbara Bassani, presidente del circolo Arcigay di Pavia ‘Coming-Aut’ –. Il vescovo Sanguineti ha superato il limite della decenza. Non soltanto è entrato dentro una scuola pubblica per scagliare odio contro una minoranza, la minoranza Lgbti, ma l'ha fatto senza alcun contraddittorio, senza che ci fosse qualcuno che potesse proporre un altro messaggio, un messaggio di inclusione, di autodeterminazione, di amore. Come si può – ha aggiunto la Bassani – parlare davanti a cento adolescenti, senza aver cura del fatto che tra quei giovani ci possano essere persone Lgbti, ragazzi e ragazze che stanno vivendo anni cruciali, complessi, spesso dolorosi, per l'accettazione del proprio orientamento e l'amore per se stessi e per ciò che sono?».
Un paio di note a margine. Mons. Sanguineti non ha usato espressioni d’odio, né ha usato toni accesi e polemici. Per verificarlo basta ascoltare la registrazione audio del suo intervento (clicca qui).
Seconda nota: è proprio perché i ragazzi che lo hanno ascoltato possono vivere momenti di difficoltà che il discorso di Sanguineti è da apprezzare, almeno sul versante prettamente antropologico ed esperienziale. Ha detto semplicemente a loro che se vogliono essere felici la strada dell’omosessualità è quella sbagliata (anche se poi a La Provincia Pavese ha sottolineato che non tutte le persone omosessuali sono infelici). Nonostante lo svarione sulle unioni civili è bene apprezzare l’uscita di questo vescovo che comunque si contrappone al mainstream dominante anche in casa cattolica.
In merito poi alle parole della Bassani ci piace evidenziare il passaggio in cui accenna alla mancanza di contraddittorio. Anche in questo caso alcune precisazioni telegrafiche. In primo luogo i ragazzi nel 99% dei casi ascoltano solo una campana, quella che dice loro che l’omosessualità è una cosa buona e bella. È questo il messaggio che massicciamente viene veicolato dai social network, dai media, dalle canzoni, dai film, dai telefilm, dai videogiochi, dalla pubblicità e dalla scuola. Ce lo testimonia anche il Diversity Media Report, una recente indagine sulla rappresentazione delle persone omosessuali nei media. Ne viene fuori che oltre il 25% dei prodotti cinematografici, televisivi, radiofonici e pubblicitari italiani è gay friendly. Qualche nome? San Remo, Un posto al sole, Gomorra, Fisica o Chimica, L’isola dei Famosi, il Trono Gay della De Filippi, Italian’s got talent, Ballando con le stelle, Giovanni Ciacci, Mika, Platinette, Costantino della Gherardesca, Alessandro Cecchi Paone, Cristiano Malgioglio, Alfonso Signorini.
Nel 2016 le notizie sulle persone LGBT sono triplicate rispetto al 2015, anno che ha visto raddoppiare l’attenzione sulle tematiche gay rispetto al decennio precedente. I film dedicati a temi arcobaleno non si contano più: Chiamami con il tuo nome di Luca Guadagnino, Puoi baciare lo sposo di Alessandro Genovesi, The Danish Girl, Carol, Moonlight, I ragazzi stanno bene, Tangerine, La vie d’Adèle, tanto per citare i più recenti.
Tornando all’intervento di mons. Sanguineti, possiamo concludere che quest’ultimo ha compensato solo in minima parte la preponderanza di messaggi pro-omosessualità di cui è pervasa fino al midollo la società. Il piatto della bilancia pende ancora e di molto a favore dell’omosessualità.
Vogliamo parlare poi di “omofobia” e discorsi d’odio? L’Istat ha pubblicato nel 2016 un’indagine sulle discriminazioni. Ecco i motivi principali che portano a discriminare, iniziando da quello più gettonato per finire a quello meno frequente: la regione di provenienza, le idee politiche e le attività sindacali, le origini straniere, l’essere troppo giovane, l’essere in gravidanza, l’occuparsi dei familiari, il non avere le giuste conoscenze, l’aspetto esteriore, l’essere avanti con gli anni, le convinzioni religiose ed infine l’essere invalido. L’orientamento sessuale in queste prime dodici posizioni non è presente.
Sempre in merito alla mancanza di contraddittorio, corre l’obbligo di rammentare che, nella stragrande maggioranza dei casi, quando a scuola, e non solo a scuola, si parla a favore dell’omosessualità non c’è contraddittorio. In genere le associazioni LGBT spadroneggiano nelle classi di ogni ordine e grado ed è un miracolo se di queste attività pro-LGBT vengono informati i genitori. Figurarsi se c’è contraddittorio. Insomma si chiede il contraddittorio a corrente alternata e il principio di reciprocità viene estratto dal cilindro solo quando fa comodo.
Infine la verità si spiega da sé, non c’è bisogno di contraddittorio. Per aprire una porta basta infilare la chiave giusta, non serve necessariamente provare le altre chiavi del mazzo. Avete mai sentito una tavola rotonda sulla mafia in cui, per amore del contraddittorio, si chiama a parlare un mafioso non pentito? Ci basta ascoltare il giudice.
Nota a margine e conclusiva ad uso (inutile) solo degli ideologizzati: l’esempio del mafioso è appunto un esempio, una analogia, non identifica né la persona omosessuale con il mafioso, né l’omosessualità con la mafia.