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IL MEMORIALE SU PIO XII

Finti preti e dossier: l'attacco di Mosca contro Pacelli

Questo articolo pubblicato in inglese il 25 gennaio 2007 dal National Review e scritto da un ex generale rumeno rivela il piano del Kgb per screditare Papa Pio XII, a partire dall’operazione coperta che portò nel 1963 al lancio dell’opera teatrale Il Vicario.

Documenti 08_03_2019

Questo articolo pubblicato in inglese il 25 gennaio 2007 dal National Review e scritto da un ex generale rumeno rivela il piano del Kgb per screditare Papa Pio XII, a partire dall’operazione coperta che portò nel 1963 al lancio dell’opera teatraleIl Vicario.

Corrompere la Chiesa era una priorità del KGB.

L’Unione Sovietica non fu mai tranquilla ad abitare lo stesso mondo del Vaticano. Le rivelazioni più recenti attestano che il Cremlino era pronto a qualunque cosa per contrastare il fortissimo anti-comunismo della Chiesa cattolica.

Nel marzo 2006 una commissione parlamentare italiana concluse “al di là di ogni ragionevole dubbio che furono i leader dell’Unione Sovietica a prendere l’iniziativa di eliminare Papa Karol Wojtyla”, in ritorsione al suo sostegno al movimento dissidente Solidarnosc in Polonia. Nel gennaio 2007, quando affiorarono dei documenti che rivelarono che l’arcivescovo di Varsavia appena nominato, Stanislaw Wielgus, aveva collaborato con la polizia politica polacca dell’era comunista, egli ammise l’accusa e si dimise. L’indomani il rettore della cattedrale Wawel di Cracovia, dove sono sepolti re e regine polacchi, si dimise per lo stesso motivo. Poi si seppe che Michal Jagosz, un componente del tribunale del Vaticano competente per la causa di canonizzazaione del defunto Papa Giovanni Paolo II era stato accusato di essere un ex agente della polizia segreta comunista; secondo i media polacchi , era stato reclutato nel 1984 prima di lasciare la Polonia per una missione in Vaticano. Attualmente sta per essere pubblicato un libro che identificherà altri 39 preti i cui nomi sono stati trovati fra i documenti dei servizi segreti a Cracovia, alcuni dei quali oggi sono vescovi. Sembra inoltre che tutto questo sia soltanto lo strato di superficie. Presto una commissione speciale comincerà a indagare il passato di tutti i religiosi durante l’era comunista, dato che si sospetta che altre migliaia di preti cattolici nel Paese abbiano collaborato con la polizia segreta. E questo per fermarsi alla sola Polonia — non sono ancora stati aperti gli archivi del KGB e quelli della polizia politica nel resto dell’ex-blocco sovietico riguardo alle operazioni contro il Vaticano.

Nell’altra mia vita quando ero al centro delle guerre di intelligence straniera di Mosca, io stesso fui coinvolto in uno sforzo deliberato del Cremlino di delegittimare il Vaticano, dipingendo Papa Pio XII come gelido simpatizzante dei nazisti. Alla fine, l’operazione non arrecò nessun danno permanente, ma mi lasciò con un sapore amaro in bocca che è difficilissimo da eliminare. Questo racconto non è mai stato fatto prima di adesso.

LA BATTAGLIA CONTRO LA CHIESA
Nel febbraio 1960, Nikita Khrushchev approvò un piano super-segreto per distruggere l’autorità morale del Vaticano in Europa occidentale. L’idea era del capo del KGB Aleksandr Shelepin e di Aleksey Kirichenko, il membro del Politburo sovietico responsabile per le politiche internazionali. Fino a quel momento il KGB aveva combattuto il suo “nemico mortale” nell’Europa dell’Est, dove la Santa Sede era stata attaccata volgarmente come fogna di spionaggio al soldo dell’imperialismo Americano, e i suoi rappresentanti erano stati arrestati con l’accusa sommaria di essere spie. Adesso però Mosca voleva che il Vaticano fosse screditato dai suoi stessi preti, sul suo stesso territorio, come bastione del nazismo.

Eugenio Pacelli, Papa Pio XII, fu scelto come bersaglio principale del KGB, come incarnazione del male, perché era morto nel 1958. “I morti non si possono difendere” era l’ultimo slogan del KGB. Mosca era carica della vergogna di aver incriminato e imprigionato un esponente vivo della Chiesa, il primate di Ungheria, József Cardinal Mindszenty, nel 1948. Durante la Rivoluzione ungherese era scappato di prigione e aveva trovato asilo all’ambasciata statunitense a Budapest, dove cominciò a scrivere le sue memorie. Quando i giornalisti in Occidente appresero i fatti relativi alla sua falsa incriminazione, un vasto pubblico lo considerò un santo eroe e martire.

Dato che Pio XII era stato Nunzio apostolico a Monaco di Baviera e a Berlino quando i nazisti avevano cominciato la scalata al potere, il Kgb voleva dipingerlo come un anti-Semita che aveva favorito l’Olocausto. Il problema era che tale operazione non doveva destare il minimo sospetto di un coinvolgimento del blocco sovietico. Tutto lo sporco affare doveva essere eseguito da mani occidentali, trovando le prove all’interno dello stesso vaticano. Questo avrebbe corretto un altro errore compiuto nel caso di Mindszenty, che era stato incastrato usando documenti falsi di fabbricazione sovietica e ungherese. (il 6 febbraio, 1949, pochi giorni prima della fine del processo a Mindszenty, l’esperta calligrafica ungherese Hanna Sulner, che aveva fabbricato le “prove” usate per incriminare il cardinale, riuscì a scappare a Vienna e a mostrare dei microfilm dei “documenti” su cui si basava il processo farsa. Hanna dimostrò, in una testimonianza tortuosamente dettagliata, che erano tutti documenti falsi, “alcuni vergati in apparenza dal cardinale, altri con la sua presunta firma”, prodotti da lei.)

Per evitare un altro disastro alla Mindszenty, il Kgb aveva bisogno di documenti originali del Vaticano,  anche se solo remotamente collegati con Pio XII, che poi i suoi esperti in dezinformatsiya avrebbero potuto modificare leggermente e proiettare secondo la “giusta luce” per provare la “vera natura del Papa.” Il problema era che il Kgb non aveva accesso agli archivi del Vaticano, ed era lì che occorreva l’intervento del mio DIE, il servizio di intelligence rumeno. Il nuovo capo del servizio di intelligence sovietico, Generale Aleksandr Sakharovsky, aveva creato la DIE nel 1949 e fino a poco prima era stato il nostro principale consigliere sovietico; egli sapeva che il DIE era perfettamente in grado di contattare il Vaticano e ottenere il permesso di fare una ricerca nei suoi archivi. Nel 1959, quando io fui assegnato alla Germania Ovest sotto copertura di vice-capo della Missione Rumena, avevo condotto uno “scambio di spie” fra due ufficiali del DIE (il Colonnello Gheorghe Horobet e il Maggiore Nicolae Ciuciulin), catturati in flagranza di reato in Germania Ovest, e il vescovo cattolico romano Augustin Pacha, che era stato arrestato dal Kgb con l’accusa falsa di spionaggio. Con questa operazione fu finalmente restituito al Vaticano tramite la Germania Ovest.

INFILTRIAMO IL VATICANO
Il nome in codice dato a questa operazione contro Pio XII era “Seat-12” e io divenni l’uomo di punta rumeno. Per facilitarmi il compito, Sakharovsky mi aveva autorizzato a dare al Vaticano l’informazione (falsa) che la Romania era pronta a ripristinare i rapporti con la Santa Sede, in cambio dell’accesso ai suoi archivi e di un prestito di un miliardo di dollari senza interessi, per 25 anni. (I rapporti della Romania con il Vaticano erano stati interrotti nel 1951, quando Mosca aveva accusato la nunciatura in Romania di essere un paravento per la CIA e aveva chiuso i suoi uffici. Gli edifici della nunciatura a Bucarest erano stati dati al DIE, e adesso ospitavano una scuola di lingue straniere.) L’accesso agli archivi pontifici, dovevo dire al Vaticano, serviva per trovare delle radici storiche che avrebbero aiutato il governo rumeno a giustificare pubblicamente il mutato atteggiamento verso la Santa Sede. Il miliardo (no, non è un refuso, si trattava proprio di un miliardo), mi fu detto, era stato aggiunto al gioco per rendere più plausibile il preteso mutamento di rotta della Romania. “Se c’è una cosa che quei monaci capiscono sono i soldi,” commentò Sakharovsky.

Come previsto, il mio coinvolgimento precedente nel rilascio del vescovo Pacha in cambio dei due ufficiali della DIE in effetti mi spalancò delle porte. Nel giro di un mese dopo aver ricevuto le istruzioni del Kgb avevo già il mio primo contatto con un rappresentante del Vaticano. Per segretezza quell’incontro – e la maggior parte dei seguenti – si tenne in un albergo di Ginevra, Svizzera. Lì mi fu presentato un “membro molto influente del corpo diplomatico” che, mi fu detto aveva iniziato la sua carriera lavorando negli archivi vaticani. Si chiamava Agostino Casaroli, e capii presto che influente lo era davvero. All’istante questo monsignore mi dette accesso agli archivi vaticani, e di lì a poco tre giovani dei servizi segreti DIE vestiti da preti rumeni erano al lavoro scavando negli archivi papali. Casaroli accettò anche “in linea di principio” la richiesta di Bucarest del prestito senza interessi, ma disse che il Vaticano voleva stipulare delle condizioni. (Nel 1978, quando lasciai per sempre la Romania, ero ancora impegnato nei negoziati per quel prestito, che era sceso a $200 milioni.)

Negli anni 1960-62, la DIE riuscì a sottrarre al Vaticano e alla Biblioteca apostolica centinaia di documenti che avessero in un qualsiasi modo a che fare con Papa Pio XII. Tutto veniva immediatamente inviato al Kgb via corriere speciale. Di fatto, in tutti quei documenti segretamente fotografati non era mai affiorato nessun materiale incriminante contro il Pontefice. In gran parte erano copie di lettere personali e verbali di riunioni e discorsi, tutti pronunciati con il linguaggio diplomatico di routine che ci si aspetterebbe. Ciononostante, il Kgb continuava a chiedere altri documenti. E noi glieli mandavamo.

IL KGB PRODUCE UN’OPERA TEATRALE
Nel 1963, il Generale Ivan Agayants, famoso capo del dipartimento di disinformazione del Kgb, atterrò a Bucarest per ringraziarci del nostro aiuto. Ci disse che “Seat-12” aveva preso la forma di una potente opera teatrale contro Papa Pio XII, intitolata Il Vicario, in riferimento indiretto al papa come rappresentante di Cristo sulla terra. Agayants si prese il merito dello schema dell’opera e ci disse che aveva un’appendice fatta di documenti che dovevano fare da sfondo per l’opera, messi insieme dai suoi esperti con l’aiuto dei documenti che avevamo preso dal Vaticano. Agayants ci disse anche che il produttore del Vicario, Erwin Piscator, era un comunista devoto che era in contatto con Mosca da molto tempo. Nel 1929 aveva fondato il Teatro Proletario a Berlino, poi quando era venuto al potere Hitler aveva cercato asilo politico in Unione Sovietica, e qualche anno dopo era “emigrato” negli Stati Uniti. Nel 1962 Piscator era ritornato a Berlino Ovest per produrre Il Vicario.

Per tutti i miei anni in Romania, presi sempre i miei capi del Kgb cum grano salis, perché giocavano con i fatti in modo tale da far comparire l’intelligence sovietica come madre e padre di tutto. Ma io avevo motivo di credere all’affermazione di Agayants. Egli era una leggenda vivente nel campo della desinformatsiya. Nel 1943, da agente rezident in Iran, Agayants aveva lanciato la disinformazione che Hitler avesse allestito un’équipe speciale per rapire il Presidente Franklin Roosevelt dall’Ambasciata americana a Teheran durante il vertice alleato che si doveva tenere lì. Di conseguenza, Roosevelt accettò di alloggiare in una villa all’interno della “sicurezza” del complesso dell’Ambasciata Sovietica, che era protetto da una grossa unità militare. Tutti, all’infuori del personale sovietico assegnato alla villa, erano ufficiali dell’intelligence che parlavano inglese, ma con poche eccezioni tacquero al riguardo in modo da poter origliare. Anche con le scarse disponibilità tecniche dell’epoca, Agayants riuscì a fornire a Stalin a ogni ora dei rapporti di monitoraggio degli ospiti americani e britannici. Ciò aiutò Stalin a ottenere il tacito consenso di Roosevelt al permanere dell’Unione Sovietica nei Paesi baltici e negli altri territori occupati dall’Unione Sovietica nel 1939-40. Ad Agayants fu attribuito anche il merito di aver indotto Roosevelt a quel vertice a rivolgersi a Stalin con l’appellativo familiare “Uncle Joe”. Secondo Sakharovsky, Stalin gioiva di più per questo di quanto gioisse per i suoi acquisti territoriali. “Il paralitico ce l’ho in pugno!” si dice abbia esultato.

Appena un anno prima del lancio de Il Vicario, Agayants aveva compiuto un’altra prodezza. Aveva inventato di sana pianta un manoscritto che mirava a persuadere l’Occidente che, in fondo, il Cremlino aveva un’alta opinione degli ebrei; fu pubblicato in Europa occidentale, con grandissimo successo popolare, come libro intitolato Appunti per un diario. Il manoscritto fu attribuito a Maxim Litvinov, alias Meir Walach, l’ex commissario sovietico per gli affari esteri, che era stato licenziato nel 1939 quando Stalin aveva ripulito il suo apparato diplomatico dalla presenza di ebrei in preparazione alla firma del suo patto di non-aggressione con Hitler. (Il Patto di non-aggressione Stalin-Hitler fu firmato a Mosca il 23 agosto 1939. Conteneva un Protocollo segreto che suddivideva la Polonia fra i due firmatari e dava ai sovietici mano libera in Estonia, Lettonia, Finlandia, Bessarabia, e la Bukovina del Nord.) Questo libro di Agayants era falsificato con tale maestria che lo storico britannico più di rango in tema di Russia Sovietica, Edward Hallet Carr, era completamente convinto della sua autenticità e addirittura ne scrisse l’introduzione. (Carr era autore di una Storia della Russia Sovietica in dieci volumi).

Il Vicario vide la luce nel 1963 come opera di uno sconosciuto tedesco dell’Ovest di nome Rolf Hochhuth, con il titolo Der Stellvertreter. Ein christliches Trauerspiel (Il Vicario, una tragedia cristiana). La sua tesi centrale era che Pio XII aveva appoggiato Hitler incoraggiandolo ad andare avanti con l’Olocausto. Si scatenò immediatamente un’enorme controversia intorno a Pio XII, che fu dipinto come uomo freddo e spietato, più preoccupato delle proprietà del Vaticano che del destino a cui andavano incontro le vittime di Hitler. Il testo originale, lungo otto ore, era accompagnato da un numero di pagine che variava dalle 40 alle 80 (a seconda dell’edizione) di quello che Hochhuth chiamava “documentazione storica”. In un articolo di giornale pubblicato in Germania nel 1963, Hochhuth difese il suo ritratto di Pio XII dicendo: “I fatti si trovano lì – quaranta pagine affollate di documentazione nell’appendice alla mia opera”. In un’intervista alla radio data a New York nel 1964, quando uscì lì Il Vicario, Hochhuth disse: “Considerai necessario aggiungere all’opera una appendice storica, dalle cinquanta alle ottanta pagine (a seconda della dimensione dei caratteri a stampa)”. Nell’edizione originale, l’appendice si intitola “Historische Streiflichter” (Luci storiche a margine). Il Vicario, tagliato drasticamente e di solito omettendo l’appendice, è stato tradotto in qualcosa come 20 lingue.

Prima di scrivere Il Vicario, Hochhuth, che non era arrivato al diploma di scuola media superiore (Abitur), ricoprì vari ruoli minori alle dipendenze della casa editrice Bertelsmann. Nelle interviste spiegava che nel 1959 aveva preso l’aspettativa dal suo lavoro ed era andato a Roma, dove aveva passato tre mesi a parlare con la gente e poi a scrivere la prima bozza dell’opera, e dove aveva posto “una serie di domande” a un vescovo il cui nome si rifiutava di rivelare. Questo era improbabile davvero! All’incirca in quello stesso periodo io ero solito visitare il Vaticano piuttosto regolarmente come inviato accreditato di un capo di stato, e mai una volta sono riuscito a prendere da parte un vescovo ciarliero in un angolo a chiacchierare con me – e certo non era che non ci provassi! Anche gli ufficiali illegali del DIE che avevamo infiltrato in Vaticano incontravano difficoltà quasi insormontabili a penetrare gli archivi segreti, benché avessero una copertura a tenuta stagna come preti.

Ai vecchi tempi nel DIE, quando chiedevo al mio capo del personale, il Generale Nicolae Ceausescu (fratello del dittatore), di darmi una sintesi delle carte che avevamo su un qualche subordinato, egli mi chiedeva sempre, “Per promuoverlo o retrocederlo?” Nei suoi primi dieci anni di vita il Vicario tendeva sempre verso la retrocessione del Papa. Generò libri e articoli, alcuni che accusavano e altri in difesa del Pontefice. Alcuni arrivarono a dare al Papa la colpa delle atrocità di Auschwitz, altri fecero meticolosamente a pezzi le argomentazioni di Hochhuth, ma tutti contribuirono all’enorme attenzione tributata all’epoca a quest’opera piuttosto goffa. Oggi molti che non hanno mai nemmeno sentito dire de Il Vicario sono sinceramente convinti che Pio XII fu uomo freddo e malvagio che odiava gli ebrei e aiutò Hitler a sterminarli. Come soleva dirmi Yuri Andropov, il maestro impareggiabile dell’inganno sovietico, la gente è più disposta a credere alle schifezze che alla santità.     

MINATE LE FALSITA’
Verso la metà degli anni Settanta, Il Vicario
cominciò a battere la fiacca. Nel 1974 Andropov ammise davanti a noi che, se avessimo saputo allora quello che sappiamo oggi, non avremmo mai dato la caccia a Papa Pio XII. La differenza stava nelle informazioni da poco rese pubbliche che dimostravano che Hitler era tutt’altro che amichevole verso Pio XII, anzi, aveva ordito dei piani contro di lui.

Solo pochi giorni prima delle ammissioni di Andropov, l’ex-comandante in capo dello squadrone delle SS (Schutzstaffel) in Italia durante la seconda Guerra mondiale, Generale Friedrich Otto Wolff, era stato rilasciato di prigione e aveva confessato che nel 1943 Hitler gli aveva ordinato di rapire Papa Pio XII dal Vaticano. Questo ordine era stato talmente segreto che non era mai stato rinvenuto in alcun archivio nazista. Né era uscito in alcuno dei molti interrogatori degli ufficiali della Gestapo e delle SS officers condotti dagli alleati vittoriosi. Nella sua confessione Wolff diceva di aver risposto a Hitler che eseguire il suo ordine avrebbe richiesto sei settimane di tempo. Hitler, che dava al papa la colpa del rovesciamento del dittatore italiano Benito Mussolini, voleva si facesse subito. Alla lunga Wolff riuscì a convincere Hitler che ci sarebbe stata una grande reazione negativa se avesse eseguito il suo piano, e il Führer lasciò perdere.

Fu nel 1974 anche la pubblicazione delle Memorie del Cardinal Mindszenty, che descrive con dettagli tortuosi come fu incastrato nell’Ungheria comunista. Portando come prove dei documenti falsi, egli fu accusato di “tradimento, abuso di moneta straniera e cospirazione”, reati “tutti punibili con la pena di morte o l’ergastolo”. Egli descrive anche come la sua falsa “confessione” poi prese una sua strada. “A me sembrava che chiunque avrebbe dovuto rendersi immediatamente conto che questo documento era una rozza falsificazione, dato che è il frutto di una mente incolta”, scrive il cardinale. “Ma quando poi lessi libri, giornali e riviste straniere che si occupavano del mio caso e commentavano la mia “confessione,” mi resi conto che il pubblico doveva essere arrivato alla conclusione che la ‘confessione’ l’avessi davvero composta io, seppure in uno stato di semiconoscenza e sotto l’effetto di un lavaggio del cervello… Che la polizia avesse pubblicato un documento fabbricato da loro stessi sembrava troppo sfacciato da credersi. Inoltre, Hanna Sulner, l’esperta ungherese di calligrafia che usarono per incastrare il cardinale, fuggita a Vienna, confermò che aveva falsificato la “confessione” di Mindszenty.

Qualche anno dopo, Papa Giovanni Paolo II iniziò il processo di beatificazione di Pio XII, e da tutto il mondo hanno testimoniato che Pio XII era un nemico, non un amico, di Hitler. Israel Zoller, il rabbino capo di Roma negli anni 1943-44, quando Hitler si impadronì della citta, dedicò un intero capitolo delle sue memorie a elogiare la leadership di Pio XII. “Il Santo Padre mandò a mano una lettera ai vescovi che comandava loro di togliere la clausura dai conventi e dai monasteri, perché potessero diventare un rifugio per gli ebrei. Io so di un convento dove le suore dormivano in cantina per lasciare i loro letti ai rifugiati ebrei. Il 25 luglio, 1944, Zoller fu ricevuto da Papa Pio XII. Gli appunti presi dal Segretario di Stato Vaticano Giovanni Battista Montini (destinato a diventare Papa Paolo VI) dimostrano che il Rabbino Zoller ringraziò il Santo Padre per tutto quello che aveva fatto per salvare la comunità ebraica di Roma – e il suo ringraziamento fu trasmesso alla radio. Il 13 febbraio, 1945, il Rabbino Zoller fu battezzato dal vescovo ausiliario di Roma Luigi Traglia nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Per dimostrare la sua gratitudine a Pio XII, Zoller prese come nome di battesimo Eugenio (il nome del papa). L’anno seguente furono battezzate anche la moglie e la figlia di Zoller.

David G. Dalin, in La leggenda del Papa di Hitler: come Papa Pio XII salvò gli ebrei dai nazisti, pubblicato alcuni mesi fa, ha compilato ulteriori prove schiaccianti dell’amicizia di Eugenio Pacelli per gli ebrei, che risaliva a molto tempo prima che diventasse papa. All’inizio della seconda guerra mondiale la prima enciclica di Pio XII era talmente anti-Hitler che l’aviazione britannica e quella francese ne fecero cadere 88.000 copie sopra alla Germania.

Negli ultimi 16 anni la libertà di religione è stata ripristinata in Russia, e una nuova generazione sta cercando il modo di assumere una nuova identità nazionale. Possiamo solo sperare che il Presidente Vladimir Putin riterrà opportuno aprire gli archivi del Kgb e mettere sul tavolo, sotto gli occhi di tutti, come i comunisti avessero calunniato uno dei papi più importanti del secolo scorso.

Lt. General Ion Mihai Pacepa is the highest-ranking intelligence officer ever to have defected from the former Soviet bloc. His book Red Horizons has been republished in 27 countries.

*ex-generale dei servizi segreti rumeni dell’era sovietica

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