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SOCIETÀ

Cattolici senza diritto di parola

Nella confusione del momento storico che stiamo vivendo, una cosa rimane chiara e assodata: il cattolico che si professa tale viene considerato di parte e, quindi, la sua opinione non è giudicata “oggettiva” e non viene “contata” tra le opinioni correnti. E il peggio è che tanti cattolici "svendono" la verità per essere accettati dal mondo. 

Editoriali 14_10_2018

Nella confusione del momento storico che stiamo vivendo, una cosa rimane chiara e assodata: il cattolico che si professa tale non è considerato un cittadino come gli altri. Infatti, chi si professa cattolico viene subito considerato di parte e, quindi, la sua opinione non è giudicata “oggettiva” e non viene “contata” tra le opinioni correnti, proprio perché essa è considerata di parte.

Se un cattolico dice che la vita deve sempre essere tutelata, non si va al fondo delle ragioni di tale affermazione, ma si dice, con fare saccente: “si, va be’, dice così perché è cattolico”, sottolineando che tale opinione non è oggettiva, non è laica e, quindi, non va presa in considerazione. La stessa cosa succede se si parla di famiglia, di matrimonio, di libertà di educazione. L’unica cosa che viene accettata dai cattolici è la cura che essi hanno per gli “ultimi”, riducendo così i cattolici ad una “croce rossa” silenziosa.

Insomma, i cattolici, essendo di parte, non hanno il diritto di partecipare ai dibattiti culturali (sempre più rari, peraltro) ed alle discussioni sociali e politiche. Chi crede in Kant, come se non fosse anch’egli di parte, ha diritto di parola e viene preso sul serio e viene considerato oggettivo, per il semplice fatto che esprime pensieri da lui stesso pensati e non derivati da una vera esperienza vitale. Ma il caso di Kant sarebbe almeno una cosa seria.

Il problema è che nel mondo culturale laicista possono venire accolte le voci più strane e stravaganti, ma non quelle del cattolico. Sono presi più sul serio gli astrologi, i dietisti di ogni tipo, i biologi che stravolgono la natura, gli artisti fuori di testa, i giornalisti che inventano le notizie rispetto ai cattolici professi, che non possono essere oggettivi perché guardano a Gesù, questo sconosciuto. Mi chiedo spesso il perché di questa situazione.

Penso che la risposta sia molto difficile da trovare: è comunque chiaro che si tratta di una vittoria del pensiero illuminista dominante, vittoria determinata da molti fattori, tra cui, forse, il principale consiste nella considerazione che ha fatto breccia il pensiero razionalista, secondo il quale solo il prodotto della testa dell’uomo ha vero diritto di cittadinanza. Ciò che proviene da “altro” non ha sufficiente dignità per essere ammesso al consesso degli “intelligenti” e, sotto sotto, del potere.

C’è solo una cosa peggiore di questa che ho appena descritta. Ed è che molti cattolici, per cercare di uscire da questo ostracismo, fanno di tutto per essere accettati dal “mondo” e così annacquano il proprio pensiero, riducendolo a quello che il laicismo ammette. Da troppo tempo i cattolici, così facendo, non riescono più ad essere protagonisti della vita culturale, il che, nel lungo periodo, indebolisce la presenza effettiva dell’intero corpo cristiano.

Per tornare ad incidere nel pensiero, noi dovremmo, innanzi tutto, vivere concretamente l’unità che ci è stata comandata da Cristo e, quindi, sopportare il sacrificio dell’esilio, come i martiri hanno sopportato (spesso con serenità) il sacrificio della vita, pur di rimanere fedeli a Cristo ed a ciò che da lui deriva. Ma il martirio è cosa scomoda ed il borghesismo dei cattolici non lo contempla più tra le possibilità della vita cristiana.