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IL CASO ANGELELLI

Vescovo "montonero" beato? Un prelato rompe il tabù

Continua a dividere in Argentina la beatificazione del vescovo "montonero" Enrique Angelelli. Un prelato di peso come Hector Aguer prende posizione contro il martirio in odium fidei di Angelelli, rimasto vittima nel 1976 di un incidente stradale, che i fautori della beatificazione ritengono un omicidio, ma senza prove. Aguer affronta il tabù del politically correct e si chiede perché non sia stata invece avviata una causa per un intellettuale cattolico, Carlos Sacheri, lui sì vittima del terrorismo marxista e che venne ucciso davanti ai figli per aver denunciato le infiltrazioni delle formazioni comuniste nel tessuto cattolico. 

Ecclesia 13_08_2018

Un vescovo di peso, appena congedato dal Pontefice regnante, fino a poco fa titolare della seconda diocesi per importanza del Paese, La Plata, prende posizione netta e documentata contro la beatificazione “in odium fidei” di un vescovo, Enrique Angelelli, rimasto vittima all’epoca della dittatura militare di un incidente stradale. Che però i fautori della beatificazione imputano a un attentato. È una decisione, quella di beatificare mons. Angelelli, che spacca l’opinione pubblica argentina. E il campo degli oppositori si è arricchito del nome di Hector Aguer, che papa Francesco ha rimpiazzato alla guida di La Plata con il discusso rettore dell’Università Cattolica, il suo pupillo e probabile ghost writer, “Tucho” Fernandez.

Aguer entra nel dibattito facendo riferimento a un editoriale apparso su “La Nacion, il più grande quotidiano argentino, che si intitolava: “Una beatificazione di stampo politico e ideologico”. Un editoriale non firmato, e che come tale sembra voler esprimere non il parere di un singolo articolista, ma la linea complessiva del giornale. 

Scrive mons. Aguer: “Sono laureato in teologia, ho studiato questa disciplina tutta la mia vita e l’ho insegnata a diversi livelli, anche a livello universitario. Però ho l’impressione ogni volta di capire di meno. Condivido i concetti dell’editoriale del 30 luglio sulla beatificazione di mons. Angelelli”.

L’arcivescovo emerito di La Plata sottolinea quello che avrebbe dovuto essere un punto centrale nella decisione: “Si cita mons. Bernardo Witte, suo successore nella diocesi di La Rioja, che affermava che non c’erano prove sufficienti per considerare quella morte un assassinio”. E poi aggiunge una sua testimonianza personale: “Io stesso, allora giovane vescovo, ho ascoltato mons. Witte dire in un’Assemblea Plenaria dell’episcopato che la tragedia a cui si fa riferimento fu un incidente”.

Subito dopo Aguer lancia un sasso nello stagno del politically correct della Chiesa argentina. “Perché non si dichiara il martirio del filosofo Carlos Sacheri, maestro della Dottrina Sociale della Chiesa, assassinato dall’ERP all’uscita della messa e il cui sangue  macchiò sua moglie e i suoi figli? Sospetto: si pensa che Sacheri era di ‘destra?, e nel suo libro ‘La Chiesa clandestina’ aveva denunciato gli errori del progressismo e l’infiltrazione marxista negli ambienti cattolici. La sua beatificazione sarebbe ‘ecclesialmente scorretta’. Héctor Aguer, Accademico dell’Assemblea Nazionale di Scienze Morali e Politiche”.

Sacheri fu un filosofo tomista, insegnò all’Università Cattolica argentina, fu molto attivo a livello comunitario, e di discussione sui temi politici e religiosi che dividevano la Chiesa del tempo. Nel libro citato da mons. Aguer criticava le derive verso il marxismo, e i gesuiti del Collegio Massimo, accusandoli di sovversione e di aiutare le organizzazioni armate comuniste.

Come già la Bussola ha scritto in realtà la beatificazione annunciata nel giugno scorso dalla Santa Sede appare come un atto ideologico. L’editoriale de “La Nacion” ricorda che si trattò con ogni probabilità di un incidente stradale. Angelelli viaggiava sulla strada nazionale 38, il 4 agosto 1976, con il suo collaboratore, padre Arturo Pinto. L’auto fu trovata ribaltata sul ciglio della strada, Angelelli morì, e Pinto si salvò. L’inchiesta e l’autopsia portarono le autorità a chiudere il caso come incidente stradale. Né da allora vi sono state rivelazioni, o sono emersi nuovi elementi che possano avvalorare la tesi dell’attentato. Come abbiamo visto mons. Bernardo Witte qualificò come impossibile da sostenere la tesi dell’attentato, e anche la corte federale di Cordoba nel 1990 ribadì come le prove di un assassinio fossero inesistenti.

La vicenda si è riaperta nel 2014: il tribunale penale di la Rioja decise che si fosse trattato di un omicidio. La decisione è sempre stata contestata data la mancanza di prove e i racconti contrari dei testimoni. Il che non ha impedito che  venissero accusati e condannati all'ergastolo due ex militari di stanza all’epoca in quella provincia argentina. Uno di questi, il comandante Luis Fernando Estrella si è sempre dichiarato innocente ed estraneo a quel fatto. Colpevole soltanto di aver indossato la divisa per tutta la sua vita. Estrella, che è sempre stato difeso anche dalla famiglia, non ha mai smesso di confidare in Dio per raggiungere veramente la verità e non ha mai esitato a definirsi "incarcerato ingiustamente e diffamato dagli uomini, privato dei suoi ultimi giorni di vita".

Ma anche se realmente – e come abbiamo visto è molto problematico – si sia trattato di un attentato, è tutt’altro che certo che Angelelli fosse un martire della fede. Era – dice La Nacion – collegamenti provati e stretti con i Montoneros, e una foto lo ritrae mentre celebra avendo alle spalle un manifesto dell’organizzazione terrorista. Con questa beatificazione, il Pontefice regnante compie ancora una volta una scelta divisiva e discutibile. Proprio nella sua patria, che forse non a caso non ha ancora visitato, a cinque anni dalla sua elezione.