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CUNEO

Se la messa diventa un Lego da costruire e disfare

A Cuneo l'altare si costruisce con dei mega Lego. La Messa non è più qualcosa che riceviamo dal Signore, ma qualcosa che facciamo noi, che montiamo e smontiamo come meglio ci conviene. La foto del prete sull’altare fatto di Lego è il simbolo più vivo degli abusi liturgici del dopo Concilio.

Editoriali 25_05_2018

Una notizia recente ha catturato la mia attenzione. La celebrazione sabato 19 maggio di una cosiddetta “messa rock” celebrata su un altare fatto di Lego (?!?) nel palazzetto Guido Riba di Caraglio. Questo evento è stato organizzato dalla diocesi di Cuneo e dal suo ufficio per la pastorale giovanile e avrebbe visto, alla sua settima edizione, la partecipazione di 2000 ragazzi (La Stampa ne indicava poco più di 1500 ma non è importante).

Certo, 2000 partecipanti sembra un successo, ma a cosa si è partecipato? Dal poster che si può vedere nel sito della diocesi di Cuneo, sotto l’annuncio della “messa rock”, si legge “seguirà l’apericena con salame, formaggio, pasta, dolce. € 4 per la cena”. Poi più in basso “Alle 21 Concerto con i Soundgood”.

Il sito targatocn.it riporta giubilante: “”Crea” era la parola chiave. Non a caso a tutti i partecipanti è stato dato un mattoncino della Lego. All'offertorio sono stati portati dei Lego giganti con cui è stato costruito un altare fino a quel momento non presente sul palco. Anche i fiori sono stati messi sull'altare in un vaso costruito con i Lego”. Fiori finti, immagino.

Targatocn.it ha detto una cosa sacrosanta: “crea” era la parola chiave. La Messa non è più qualcosa che riceviamo dal Signore, ma qualcosa che facciamo noi, che montiamo e smontiamo come meglio ci conviene. La foto del prete sull’altare fatto di Lego è il simbolo più vivo degli abusi liturgici del dopo concilio. Voglio premettere che non sto discutendo la buona fede degli organizzatori, ma ciò che è stato fatto sarebbe come dire che per far studiare i ragazzi piuttosto che spendere ore alla playstation si propone di fargli studiare la playstation. Sarebbero tutti felici, ma...Le buone intenzioni non bastano se non sono ben dirette.

A cosa hanno partecipato quei ragazzi? A un happening, e si è fatto di tutto perché l’evento somigliasse ad un happening, con l’altare sul palco fatto di Lego, il concerto, la cena. Cosa è in definitiva un happening? “Nel corso degli anni 1960 numerosi artisti negli USA (...) sperimentarono questa forma di arte totale, che s’inserisce nella riflessione tesa alla negazione dell’oggetto artistico e della sua permanenza a favore dell’atto e della creazione in sé” (Treccani). Insomma, non si va lì per partecipare a qualcosa, ma per essere qualcuno. Tutto si ricentra sul soggetto che fa, che costruisce, che crea (anche il poster ha nel suo background le forme del Lego).

In un’omelia pronunciata il 2 settembre 2012 Benedetto XVI diceva: “Nel Deuteronomio vediamo la «gioia della legge»: legge non come vincolo, come qualcosa che ci toglie la libertà, ma come regalo e dono". Avranno percepito quei giovani che non erano loro a creare, ma Dio che donava? Avranno mai saputo che la Chiesa ha norme liturgiche, una sua tradizione musicale, una prassi liturgica secolare?

Ma questi tentennamenti verso un certo giovanilismo non sono certo imputabili solo a quello che accaduto pochi giorni fa a Cuneo, ma ben li aveva identificati già Romano Amerio nel suo Iota Unum: “Tutti i motivi di questo giovanilismo del mondo contemporaneo, partecipato dalla Chiesa, si uniscono nel discorso di aprile 1971 a un gruppo di hippies concorsi a Roma a manifestare per la pace. Il Papa rileva con lode «i valori segreti» che i giovani vanno cercando e li enumera. E primo la spontaneità, che al Papa non sembra in contraddizione con la ricerca, benché una spontaneità ricercata cessi di essere spontaneità. (…) Così, avendo svolto il discorso senza alcuna esplicitazione religiosa, Paolo VI conclude un po’ inopinatamente: «Noi pensiamo che in questa vostra interiore ricerca voi avvertiate il bisogno di Dio». Certo il Papa parla qui opinativamente e non magistralmente”.

Ci da molto da pensare l’acuta analisi di Amerio, dicendo anche, per senso di giustizia, che Paolo VI è lo stesso che aveva detto nell’Humanae Vitae nel 1968 queste chiare parole: “In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali”. Parole, certo, riferite all’atto coniugale ma che si possono applicare anche alla nostra situazione: è lecito per un supposto bene (la partecipazione) fare un male (travisamento e svilimento del rito liturgico)?

Perchè dico “supposto bene”? In quanto l’efficacia della Messa non si misura dalla partecipazione, come se fosse un film che ha successo se visto da più persone. La Messa è efficace di per sè e non è importante quanti partecipano (anche se ci si augura siano tanti) ma a cosa si partecipa. Se il principio fosse la partecipazione allora ci sono altri modi per attrarre ancora più gente.

Insomma, diamo ai giovani qualcosa che li possa cambiare veramente per fare in modo che i loro cuori siano rivolti al Signore e non continuino ad essere fissati nelle cose di questo mondo.