Migranti irregolari, un business da 7 miliardi di dollari
Sono almeno 2,5 milioni le persone che nel mondo in un anno hanno usufruito dei "servizi" dei trafficanti di esseri umani, nella speranza - spesso un'illusione - di trovare condizioni di vita migliori. Un rapporto dell'Onu descrive le rotte principali, le attività dei contrabbandieri, i rischi per i migranti. E suggerisce: per tagliare il tarffico di clandestini si deve agire anzitutto sulla comunicazione, nei paesi d'origine.
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Si intitola “Studio mondiale sul contrabbando di emigranti 2018”: è il rapporto pubblicato il 13 giugno dall’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine. In 170 pagine lo studio – il primo globale – descrive dettagliatamente le attività dei contrabbandieri, i rischi a cui vanno incontro gli emigranti, chi sono i trafficanti e le persone che ad essi si affidano e inoltre suggerisce alcune linee di azione per combattere il contrabbando.
L’indagine si concentra su 30 rotte principali e sui centri in cui confluiscono. Sono le rotte dirette dall’Africa centrale al Nord e al Sud Africa, quelle che dall’Asia portano in Europa e in Medio Oriente o nei paesi più ricchi del Sud Est asiatico e del Pacifico, quelle via mare attraverso il Mediterraneo e quelle via terra tra l’America Latina e l’America del Nord. Soprattutto in Africa, gli hub in cui si concentrano gli emigranti spesso sono città capitali o comunque di grandi dimensioni. Ma nel traffico sono coinvolti anche dei piccoli centri urbani, come Agadez in Niger, e, in questo caso, gran parte delle attività economiche cittadine dipendono dal transito degli emigranti illegali.
I dati riportati nel rapporto dell’Unodc riguardano in gran parte il 2016, anno in cui le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di emigranti illegali hanno trasportato come minimo 2,5 milioni di persone. Il flusso più consistente è stato quello diretto verso l’America del Nord, da 735.000 a 820.000 persone. Altri 480.000 emigranti dall’Africa sub-sahariana hanno raggiunto il Nord Africa e 375.000 hanno attraversato il Mediterraneo approdando in Europa.
Complessivamente il contrabbando di emigranti ha fruttato da 5,5 a 7 miliardi di dollari, più o meno quanto nello stesso periodo è stato speso in aiuti umanitari dagli Stati Uniti (circa 7 miliardi di dollari) e dai paesi dell’Unione Europea (circa sei miliardi). I profitti dei contrabbandieri – spiega l’Unodc – dipendono dagli importi richiesti per i servizi resi: mezzi di trasporto, guide e scorte durante l’attraversamento irregolare delle frontiere tra uno stato e l’altro, sistemazione abitativa a ogni tappa, organizzazione e contatti durante il viaggio, informazioni e corruzione di funzionari e di chiunque sia necessario pagare per proseguire e arrivare a destinazione. L’ammontare complessivo di un trasporto è determinato soprattutto dalla lunghezza del viaggio, dal numero di frontiere che occorre attraversare, dalle condizioni geografiche e dalla stagione, dai mezzi di trasporto impiegati, dalla quantità necessaria di documenti – di viaggio, matrimonio, lavoro, identità - falsi, contraffatti o ottenuti in maniera fraudolenta e dal rischio più o meno elevato di intercettazione da parte delle forze dell’ordine degli stati attraversati. Inoltre gli importi variano anche in funzione delle caratteristiche degli emigranti, soprattutto della loro situazione economica. Chi dispone di più denaro può infatti assicurarsi viaggi più sicuri e comodi.
Quanto ai fattori che determinano la domanda di emigrare illegalmente, l’Unodc spiega che il contrabbando di emigranti segue le stesse dinamiche di altri traffici criminali transnazionali. La domanda di emigrare è motivata da fattori ricorrenti: quelli socio-economici prima di tutto e, in determinati periodi e contesti, situazioni critiche come una guerra o il fatto di far parte di una minoranza perseguitata.
Ma un ruolo non secondario è svolto dalle attività di promozione, di vero e proprio marketing attuate dai contrabbandieri. In altre parole, come in tutte le imprese economiche i trafficanti di uomini non si limitano ad aspettare che si presentino i “clienti”, ma li cercano, li attirano, li convincono a prendere la decisione di emigrare con false informazioni, soprattutto con descrizioni seducenti dei vantaggi di vivere nel paese che propongono come meta. Spesso i trafficanti incaricati del primo contatto contano sul fatto di appartenere alla stessa etnia, alla stessa comunità del cliente il che favorisce un rapporto di fiducia. Hanno un peso importante inoltre i consigli degli emigranti già arrivati a destinazione che forniscono informazioni e raccomandazioni a parenti e amici, suggerendo a quale organizzazione rivolgersi e quali invece evitare. In effetti alcuni emigranti clandestini diventano essi stessi dei trafficanti.
I social media – Facebook, Viber, Skype, WhatsApp – giocano un ruolo rilevante a questo proposito. Vengono usati per condividere informazioni e organizzare i viaggi. Gli emigranti forniscono informazioni sulle procedure amministrative da seguire e su tutto quel che serve per rimanere nel paese e ragguagliano chi è in attesa di partire sui servizi forniti dai trafficanti a cui si sono affidati e sul trattamento ricevuto. Le organizzazioni che non mantengono le promesse o che trattano male gli emigranti finiscono in una lista nera. I contrabbandieri, a loro volta, utilizzano gli stessi canali per pubblicizzare i loro servizi. Ad esempio, presentano su Facebook e su altri social media le loro offerte corredate da immagini allettanti, spiegano le modalità di pagamento, propongono varie soluzioni di viaggio – via mare, in aereo… – eventualmente pubblicizzando il fatto di fornire visti, passaporti e altri documenti di viaggio e di garantire l’anonimato a chi intende contattarli.
È proprio su questo terreno, quello della comunicazione, che l’Unodc esorta a intervenire sollecitando come mezzo per contrastare l’emigrazione illegale l’attuazione nei paesi di origine, e in particolare nei campi profughi, di iniziative volte a informare sui rischi di affidare la propria vita e quella dei propri famigliari alle reti che organizzano l’emigrazione clandestina.
Un capitolo dello studio è dedicato all’emigrazione irregolare con destinazione l’Europa. Vi trovano conferma i dati già noti su numeri, nazionalità, rotte – Mediterraneo Centrale, Orientale e Occidentale –profilo degli emigranti e dei trafficanti, costo dei viaggi, il ruolo assunto dall’Italia dove dal 2016 si sono concentrati gli sbarchi. Un merito dell’indagine è la distanza da posizioni ideologiche grazie alla quale i ricercatori dell’Unodc, ad esempio, parlano di emigranti eritrei “o sedicenti tali”, perché dichiararsi eritrei è garanzia di asilo, data la situazione del paese, e definiscono “clandestini” gli ingressi di chi aggira le leggi nazionali e internazionali.
Senza remore parlano del prezzo elevato, peraltro variabile dei viaggi. Il passaggio dalla Turchia a una delle isole greche costa da 900 a 7.000 dollari. Le partenze dall’Egitto sono poche perché il trasporto in Italia costa circa 2.500 dollari. Si preferisce partire dalla Libia dove gli emigranti sub-sahariani ottengono di imbarcarsi spendendo circa 1.000 dollari (in certi casi solo 700) ma viaggiando sotto coperta, mentre i profughi siriani di solito pagano 2.500 dollari e anche di più (ma si procurano così un posto migliore e più sicuro).