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L'INTERVISTA

"Messa in latino, c'è il rischio di un tentativo di golpe"

"Alcuni vescovi stanno provando a sconfessare il motu proprio Summorum Pontificum, l’atto con cui Benedetto XVI restituiva piena cittadinanza alla forma preconciliare della Messa in rito romano definita forma extraodinaria". La denuncia arriva dal fondatore del blog MessainLatino, che da dieci anni è un felice esperimento mediatico per sdoganare, dando cittadinanza, ai cosiddetti tradizionalisti. E che in Vaticano è seguito più di quanto si immagini...

Ecclesia 11_12_2018
Una messa in latino celebrata da un gruppo stabile a Correggio (RE)

«Dal Vaticano riceviamo una media di 41 visitatori al giorno; sembrano pochi, ma è un ventesimo della popolazione del piccolo Stato». Così il fondatore del sito Messainlatino.it Enrico Spitali in questa intervista esclusiva alla Nuova BQ. MiL (il sito, ormai, è noto con quest’abbreviazione) non ha nulla di strettamente personale. É semplicemente il mezzo che - con una media di visualizzazioni mensili tra 240.000 e 430.000 e con molti dei loro articoli che entrano nelle rassegne stampa interne della Santa Sede - rappresenta più di tutti l’universo cattolico tradizionale, una porzione significativa di fedeli, particolarmente attenta ed esigente. Un piccolo ma interessante fenomeno mediatico che la prossima settimana compirà dieci anni.

Il 16 novembre scorso, in occasione dell’ultima Assemblea della CEI, Messainlatino ha dato una notizia shock: alcuni membri della Conferenza Episcopale italiana, tra cui il vescovo di Gorizia Mons. Radaelli, avrebbero provato a sconfessare il motu proprio Summorum Pontificum, l’atto con cui Benedetto XVI restituiva piena cittadinanza alla forma preconciliare della Messa in rito romano definita forma extraodinaria per distinguerla da quella ordinaria del Messale di Paolo VI.

Avvocato, come avete avuto le notizie della tentata spallata al Summorum Pontificum e che attendibilità hanno?
La segnalazione l’abbiamo avuta da due fonti distinte, e collimanti. Una di persona presente e l'altra di un collaboratore di un vescovo. Di qui la precisione dei dati forniti. Nella storia del nostro blog, ricordo di avere ricevuto solo una volta una richiesta di smentita: riguardava la morte del Commissario apostolico dei Francescani dell’Immacolata, padre Fidenzio Volpi. Purtroppo la notizia che avevamo dato era vera, come fu evidente pochi giorni dopo.

Il Vescovo di Gorizia, Mons. Radaelli, dice che, al contrario di quanto sempre affermato da Benedetto XVI, Paolo VI aveva abrogato il Messale Antico di Giovanni XXIII. Ne conseguirebbe che il SP è inefficace e che quindi la liberalizzazione della Messa in Rito antico, ma serebbe beglio dire in forma straordinaria, è illegittima. É così?
Possiamo discutere ad infinitum se il rito tridentino sia stato abrogato da Papa Paolo VI oppure no: non ci fu un provvedimento formale in tal senso, anche se si può sostenere che la riscrittura totale della Messa valga come implicita abrogazione. Peraltro c’è anche chi dice che il Messale tridentino non potrebbe essere abrogato, perché il pontefice San Pio V, nella bolla Quo primum tempore di promulgazione di quel Messale, vincolò i suoi successori con una sorta di “solenne maledizione” per chi avesse tentato di farlo («Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo»).

Scusi, ma il rito tridentino non sopravvisse anche legalmente dopo la riforma liturgica di Paolo VI?
Certo, sopravvisse come indulto, ossia come concessione. Fin da subito per le messe private dei sacerdoti anziani; poi, col motu proprio del 1988 di Giovanni Paolo II,  Ecclesia Dei adflicta – promulgato in risposta alle non autorizzate consacrazioni episcopali lefebvriane – per specifici gruppi. L'argomento fondamentale, però, è un altro.

Quale?
A prescindere dal passato, il motu proprio Summorum Pontificum, ha comunque avuto l’effetto di rendere nuovamente possibile il rito antico definendo la forma extraordinaria dell'unico rito romano. In altri termini: non possiamo mettere in dubbio la sua efficacia ex nunc, dal 2007 in poi. La stessa prassi (quello che noi giuristi chiamiamo il diritto materiale) lo conferma, con le centinaia, se non migliaia di centri di Messa antica sorti nel mondo dopo quel provvedimento.

Oltre al vescovo di Gorizia, c’è stato anche l’intervento di don Luigi Girardi, rettore dell’Istituto di Liturgia di Santa Giustina di Padova, il quale secondo il vostro blog avrebbe sostenuto che il Summorum Pontificum  dal punto di vista pastorale sarebbe addirittura pericoloso. Da dove verrebbe questo pericolo “pastorale”?
“Pastorale” è un aggettivo che non ha alcun significato preciso e quindi serve a giustificare il puro arbitrio. Nessuno riuscirà mai a dimostrare che l’esistenza di una Messa antica a fianco a quella moderna possa portare danno alla salute delle anime. Anzi, è un dato acclarato che le Messe tradizionali abbiano una fecondità di vocazioni sacerdotali straordinaria. 

Non solo. Molti sostengono che anche in una prospettiva ecumenica – pensiamo agli ortodossi – la liberalizzazione della Messa antica costituisca un grande passo avanti. É così?
Sicuramente. Lo dichiarò in modo cristallino Alessio II, defunto patriarca di Mosca, il quale elogiò il motu proprio di Benedetto XVI con queste parole: «Il Papa ha fatto bene. Tutto ciò che è recupero della tradizione avvicina i cristiani tra loro».

Malgrado tutto però è innegabile come la forma straordinaria molto spesso incontri un’opposizione difficilmente comprensibile. Quali i motivi di tanta acredine?
La remora è che dietro ai tradizionalisti si possano celare gruppi più o meno nostalgici (specie di destra) con un'impropria contaminazione politica. Si tratta però di una preoccupazione che poteva valere per il passato e per altri stati. Ormai la Messa tradizionale è diventata mainstream e priva di coloriture politiche. Anche se, va detto, un tradizionalista – per definizione fedele al Magistero secolare – sui “principi non negoziabili” non approverà certo posizioni politiche incompatibili col magistero stesso.

Insisto. Davvero la riprovazione verso il Vetus Ordo Missae nascerebbe solo da una fobia di natura politica? D’altronde, come scrisse Papa Ratzinger nella lettera di accompagnamento del motu proprio, «ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso».
In realtà c’è di più, è vero. Per i sacerdoti di una certa età (i baby boomers, quelli che erano giovani ai tempi del Concilio) il Vaticano II è stato il periodo più bello ed esaltante della loro vita. La ribellione contro gli anziani dell’epoca, i loro “anni formidabili', per dirla con Capanna. Molti di costoro non riescono ad ammettere che la ruota della storia sia girata e si sentono come i sessantottini negli anni del riflusso. O perfino come i comunisti trinariciuti quando il muro di Berlino è caduto loro addosso.

Addirittura?
Si fidi. Qualcuno ricorderà che al tempo del tentato golpe contro Gorbaciov da parte della vecchia guardia, a Reggio Emilia ci furono manifestazioni pubbliche di giubilo. Ebbene, molti sacerdoti over 60 hanno reazioni non troppo dissimili. Purtroppo, dato lo scemare di vocazioni nelle generazioni successive, sono ancora la maggioranza, e per giunta in posizioni d’autorità. Quindi assai più pericolosi di quei vecchi comunisti emiliani.

É per questo che su Messainlatino.it ha parlato di “invidia del fallito”?
Sì. Invidia del fallito come spiegazione psicologica della tendenza a continuare a idolatrare certe riforme che hanno mostrato la loro perniciosità. Chi ha creduto fermamente nella necessità di quelle innovazioni, arrivando a odiare quanto si faceva prima, difficilmente troverà l’energia intellettuale e critica per riconoscere lo sbaglio. E allora preferisce cercare di schiacciare i “grilli parlanti” che additano l’errore della direzione intrapresa, per non dover ammettere il fallimento degli sforzi di tutta una vita.

Quale pensa che sia la sensibilità di Papa Francesco rispetto al mondo cosiddetto tradizionale?
Poco dopo l’elezione a pontefice un gruppo di vescovi chiese al Papa di revocare o sospendere il motu proprio Summorum Pontificum. Papa Francesco rifiutò, molto saggiamente. Penso che finché vivrà Benedetto XVI (che Dio ce lo conservi!), non si avrà il coraggio di revocare apertamente quel testo di legge, sarebbe un vero e proprio affronto. Altro discorso è mettere ostacoli, basti pensare all’esplicito divieto ai Francescani dell'Immacolata di celebrare in forma straordinaria.

Tornando all’ultima Assemblea della Cei, a molti è suonato surreale che per qualche vescovo  l’urgenza del momento sia quella di mettere al bando la liturgia antica. Tra i semplici, il commento più comune è stato questo: invece di ringraziare chi a messa vuole ancora andarci, ci si ingegna su come impedirglielo...
Mai nella storia la trasmissione della Fede si è inaridita con tanta rapidità da una generazione all’altra. La spiegazione è neopositivista: il progresso scientifico avrebbe emancipato l’uomo moderno dalla necessità di cercare nella metafisica una spiegazione al senso della nostra vita. L’unica possibilità di scampo per le religioni sarebbe dunque quella di adattarsi ai cambiamenti, ripudiando quegli elementi tradizionali che sanno di superstizione (la religiosità popolare, la paura dell’inferno, l’uso di una lingua arcaica, ecc..). Anche in campo morale la via di fuga della religione sembra essere quella di adattarsi alla prassi del mondo, come d’altronde insegna l'attuale dibattito sui divorziati risposati.

Quest’adeguamento continuo non sta per caso producendo effetti esattamente opposti a quelli sperati?
Certo! E per dimostrarlo basta un semplice esame comparativo: più un culto si sforza di adattarsi alla modernità, più le persone ne rifuggono. La cosa è già evidente nel cattolicesimo: nelle nazioni dove il Vaticano II ha portato a un maggiore “aggiornamento”, ossia allontanamento dalla tradizione anteriore, gli effetti sono stati maggiormente disastrosi. Lo notava già l’allora card. Ratzinger nella sua autobiografia riferendosi all’Olanda, paese in cui i cattolici stanno letteralmente scomparendo.

Gli evangelici, infatti, particolarmente esigenti in campo morale, prosperano...
Chiaro. Mentre invece declinano le realtà di approccio liberal, come i calvinisti, i luterani o gli anglicani. Proprio quegli anglicani che passano il tempo a introdurre riforme: anni fa l’ordinazione femminile, ora i vescovi gay e il matrimonio omosessuale. Del resto, come scriveva Chesterton, «chi sposa le mode del proprio tempo è destinato a rimanere presto vedovo».

Qual è il futuro della Messa in forma straordinaria?
Buono, ma solo se ragioniamo in termini relativi. Ossia: nel progressivo disfacimento del cattolicesimo, presentato in modo sempre più ambiguo e “liquido”, quello che resterà sarà sempre più tradizionale, se non tradizionalista: le giovani leve di sacerdoti sono di impostazione molto più vicina a noi rispetto ai più anziani. In Francia, ormai, una vocazione su due nasce nell’ambito di Istituti e Fraternità che celebrano esclusivamente o quasi la Messa antica. Il che da un lato è testimonianza della fecondità di questo rito, dall’altro lato è segno del crollo del cattolicesimo “ordinario”. Tra qualche lustro avverrà lo stesso anche in Italia, ma se le cose non cambiano in fretta – anche dentro di noi, s’intende, non solo sul piano liturgico – non ci sarà proprio nulla da festeggiare.

Da fondatore di Messailatino.it, qual è la mission del blog e quali i riscontri dei lettori?
Da anni, ormai, cerchiamo di essere la cinghia di trasmissione tra il Vaticano e moltissimi fedeli cattolici amanti della Tradizione, troppo spesso abbandonati a loro stessi. Quanto ai lettori, al di là delle visite, la conferma di gran lunga più importante è il numero di giovani che si sono rivolti a noi – e per nostro tramite al cappellano del blog o ad altri sacerdoti nostri collaboratori – per avere consigli e istradamento in merito alla loro vocazione sacerdotali. Non può esserci riscontro più gioioso.